mercoledì 23/04/2025 • 06:00
Non si applicano i nuovi dazi USA del 10% ai prodotti spediti prima del 5 aprile 2025. A specificarlo è il contenuto dell’Ordine esecutivo n. 14257, secondo cui sono esenti dalle tariffe reciproche i beni caricati su una nave o sull’ultimo mezzo di trasporto diretto verso gli USA prima di tale data, anche se la merce è arrivata alla frontiera USA successivamente.
Niente dazi reciproci al 10% per le spedizioni partite prima del 5 aprile
L’Ordine Esecutivo emanato dal Presidente Trump il 2 aprile 2025 prevede un’esenzione molto importante, che esclude dall’applicazione dei nuovi dazi reciproci del 10% le spedizioni di merce Made in Italy inviate prima del 5 aprile. Gli esportatori europei, infatti, non sono tenuti al pagamento delle tariffe aggiuntive reciproche all’ingresso negli Stati Uniti, a condizione che la merce sia stata caricata su una nave o sull’ultimo mezzo di trasporto diretto verso il territorio americano entro tale data. Anche nel caso in cui i prodotti spediti siano giunti alla frontiera USA soltanto successivamente, continuano ad essere assoggettati alle aliquote doganali ordinariamente previste per l’importazione di prodotti originari dell’Unione europea.
Si tratta di una grande opportunità per tutte le imprese esportatrici che sono state colte di sorpresa dalle nuove barriere commerciali imposte dall’Amministrazione americana. La c.d. “shipping clause” rappresenta uno strumento strategico per tutelare la continuità aziendale e mantenere alta la competitività delle proprie catene di approvvigionamento.
Si consideri, per esempio, il caso di un’azienda italiana che ha spedito il 30 marzo 2025 un carico di camicie in cotone (voce doganale 6105 10 00): se tale merce è giunta negli Stati Uniti dopo il 5 aprile, alle camicie sarà applicato soltanto il dazio ordinario previsto per l’ingresso in USA di tale tipologia di merce, ossia il 19,7%.
Al contrario, se la stessa Società italiana ha spedito il carico di merce dopo il 5 aprile, le camicie sono soggette non solo all’aliquota ordinaria del 19,7%, ma anche al dazio supplementare del 10% previsto dalle nuove misure reciproche, per un’imposizione complessiva pari al 29,7%.
Va precisato, tuttavia, che l’esenzione prevista dall’Ordine esecutivo del 2 aprile non vale in maniera uniforme per tutte le spedizioni, né per tutti i Paesi. In particolare, le merci originarie di Cina, Hong Kong e Macao, subiscono un trattamento tariffario diverso rispetto a quello in vigore per i beni UE.
Tali merci, infatti, scontano un dazio aggiuntivo del 20% alla frontiera statunitense, indipendentemente dal periodo in cui è stata avviata la spedizione. Se, invece, il carico è stato inviato dopo il 5 aprile, ma risultava ancora in transito verso gli Stati Uniti alla data del 10 aprile, si applica, oltre all’aliquota del 20%, anche il dazio supplementare del 10%.
Si consideri, per esempio, il caso di una Società cinese che ha spedito un carico di prodotti negli Stati Uniti prima del 5 aprile 2025: se la merce è arrivata alla frontiera americana entro il 10 aprile, è stato applicato dalla Dogana USA soltanto il dazio del 20%. Diversamente, se tali beni si trovavano in transito alla data del 10 aprile, alle merci si applica sia il dazio del 20% sia quello aggiuntivo del 10%, a prescindere dalla data effettiva di arrivo.
I beni originari della Cina spediti dopo il 10 aprile 2025, invece, sono esclusi dalle tariffe reciproche del 10%, ma restano soggetti al dazio del 20%, che si aggiunge alle aliquote maggiorate del 125% introdotte dal Presidente Trump il 9 aprile 2025.
Ulteriori strategie per ridurre l’impatto dei dazi
La shipping clause rappresenta soltanto una delle possibili pratiche che imprese e operatori possono attuare per minimizzare l’impatto della guerra commerciale degli Stati Uniti.
Un ulteriore valido strumento per le aziende colpite dai nuovi dazi di Trump è l’istituto statunitense del TSIV, ossia un metodo di determinazione del valore doganale che semplifica la determinazione della base imponibile, consentendo agli operatori di ridurre fino al 38% il valore doganale dei propri beni.
Per ridurre l’impatto delle nuove misure commerciali è, inoltre, opportuna anche una revisione dei contratti con i propri clienti. È consigliabile, infatti, concludere contratti che prevedono delle c.d. “hardship clause”, ossia degli accordi che consentono alle parti di rideterminare il prezzo di vendita pattuito in caso di eventi straordinari sopravvenuti, come l’improvvisa introduzione di eccessivi oneri doganali alla frontiera USA.
Più in generale, le imprese dovrebbero prediligere la conclusione di accordi commerciali di breve durata e con condizioni flessibili, anziché appoggiarsi a contratti di fornitura a lungo termine che prevedono clausole rigide e difficilmente rinegoziabili.
Un altro metodo di riduzione del valore doganale su cui calcolare il dazio USA è la “First sale rule”, una norma doganale USA che consente di determinare l’importo dei dazi all’importazione sul prezzo più basso della prima vendita, anziché sul prezzo finale maggiorato dall’ultima transazione.
Alcune aziende italiane potrebbero ricorrere, invece, alle Free Trade Zone, ossia zone franche doganali nelle quali è possibile depositare le proprie merci in esenzione dai dazi fino a un massimo cinque anni, attendendo futuri sviluppi in positivo della guerra commerciale.
Da ultimo è importante segnalare anche la possibilità di richiedere un eventuale rimborso delle tariffe pagate all’importazione in USA, mediante una richiesta di “duty drawback” da presentare alla Dogana statunitense entro cinque anni dall’ingresso delle merci.
È importante precisare, tuttavia, che il rimborso dei dazi è ammesso esclusivamente per i beni assoggettati alle tariffe reciproche del 10%. Restano escluse da questa possibilità, invece, le automobili e i prodotti in acciaio e alluminio, per i quali il rimborso dei dazi all’importazione è stato espressamente vietato.
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Marlinda Gianfrate
- Of Counsel, Studio Gatti Pavesi Bianchi LudoviciRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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