mercoledì 09/04/2025 • 16:00
Il Presidente Trump fa un passo indietro e sospende i dazi reciproci del 20% che sarebbero dovuti entrare in vigore il 9 aprile. Continueranno ad applicarsi, invece, le tariffe del 10% in vigore dal 5 aprile. Il nuovo Speciale di QuotidianoPiù analizza gli impatti che i nuovi dazi USA avranno sulla quasi totalità dei prodotti europei. L'introduzione di tali misure commerciali costringe le aziende ad attuare efficaci strategie difensive.
Nuovi dazi reciproci sui prodotti UE
Dopo una prima decisione di introdurre tariffe aggiuntive del 20% su quasi tutti i prodotti originari dell’Unione europea, l’Amministrazione Trump fa dietrofront e sospende la seconda tornata di dazi reciproci. Dal 9 aprile 2025, pertanto, continueranno ad applicarsi esclusivamente le tariffe generalizzate del 10%.
Le nuove misure commerciali statunitensi hanno un impatto significativo su quasi tutti i principali prodotti del Made in Italy, quali beni agroalimentari, moda, meccanica, componentistica, arredamento, alcolici e vini, con notevoli ripercussioni sulla competitività e l'export di molti settori produttivi.
Si tratta di piani daziari ancora più severi di quelli introdotti il 3 aprile 2025, perché a differenza dei dazi del 25% su acciaio, alluminio e automobili, si sommano alle normali aliquote già previste per l'importazione di beni europei negli Stati Uniti. I nuovi dazi colpiscono in maniera orizzontale tutte le tipologie di prodotti, da quelli economici a quelli di fascia alta, senza nessun esonero per i beni a basso costo o per i generi di prima necessità.
Gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione del Made in Italy, per una quota pari al 10,4% delle nostre esportazioni al di fuori dell'Unione europea e per un valore, nel periodo gennaio-ottobre 2024, che ha raggiunto i 21,43 miliardi di euro. La guerra commerciale di Trump minaccia, pertanto, una forte riduzione delle esportazioni europee verso gli USA, con un generale decremento che i primi studi stimano intorno al 17%.
Restano esenti dalle nuove tariffe reciproche soltanto una serie di prodotti considerati di prima necessità per l'economia statunitense, soprattutto quelli dell'industria farmaceutica, che rappresenta una quota rilevante dell'export italiano, per un valore di oltre 40 miliardi di euro. Restano esonerati anche altri beni, quali prodotti energetici, oro, argento, terre rare, semiconduttori, rame e legno, per i quali Trump, tuttavia, ha avviato indagini che potrebbero portare all'introduzione di nuove misure.
L'obiettivo degli Stati Uniti non è quello di applicare tariffe soltanto ai prodotti d'élite, come vini pregiati o auto di lusso, ma di penalizzare anche l'importazione di beni semplici e di uso quotidiano, tra cui generi alimentari essenziali (pasta, olio, pane), abbigliamento, prodotti di arredamento e dispositivi elettronici.
In tale contesto, un vino italiano standard, che generalmente dovrebbe scontare un dazio all'importazione pari a 1,5 dollari per litro di prodotto, si trova a dover scontare un dazio del 10% in più. Si pensi, per esempio, anche ai prodotti per l’abbigliamento: un orologio da polso, che normalmente dovrebbe scontare un dazio del 6,25%, con i dazi reciproci si trova assoggettato a una tariffa aggiuntiva totale del 16,25%.
Come possono tutelarsi le imprese?
Per tutte le aziende europee che esportano verso gli Stati Uniti diventa indispensabile attuare una serie di strategie volte a minimizzare i rischi e a ottimizzare i propri export plan, soprattutto mediante lo studio e l'individuazione della corretta classificazione doganale dei beni che esportano.
Il 2 aprile 2025, l'Italian Trade Agency(ICE) ha pubblicato una nota informativa con cui ha riassunto le principali tecniche che le aziende possono utilizzare per ridurre l'impatto delle tariffe statunitensi sul proprio export. Un primo fondamentale step è verificare se le proprie merci rientrano tra quelle soggette nuovi dazi, consultando l'Harmonized Tariff Schedule Code degli Stati Uniti (HTS-US), ossia la Nomenclatura Combinata statunitense. Risulta essenziale, inoltre, tenere monitorate le sezioni dell'HTS statunitense, al fine di rimanere aggiornati su possibili modifiche o aumenti del trattamento daziario richiesto all'importazione, nonché per verificare se i propri beni rientrino o meno tra i prodotti esenti.
Un ulteriore aspetto critico evidenziato da ICE è la verifica dei termini di resa Incoterms utilizzati dalle aziende italiane nei contratti di fornitura con i clienti USA. Se un'impresa italiana o europea è vincolata a forniture con clausole che prevedono l'accollo dei dazi alle frontiere statunitensi (Incoterms DDP), occorre verificare le condizioni per un recesso contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta; diversamente, gli oneri economici dei nuovi dazi graverebbero sull'impresa che esporta.
Anche nel caso, più frequente, di vendite con clausole ExWorks o simili, i dazi incidono comunque sulla competitività dei prodotti esportati dall'Unione europea, anche se le nuove misure si estendono a molti altri Paesi.
L'UE è pronta a rispondere con i contro dazi
L’Unione europea, nel frattempo, ha approvato l’applicazione di contromisure su una vasta gamma di prodotti statunitensi già a partire dal prossimo 15 aprile. È stata approvata, infatti, la proposta della Commissione europea per l’adozione di un regolamento in risposta ai dazi USA su acciaio e alluminio, che prevede tariffe variabili dal 10 al 25% su una serie di prodotti originari degli Stati Uniti, selezionati secondo criteri finalizzati, da un lato, a minimizzare l’impatto sulle imprese e i consumatori europei e, dall’altro, a ridurre la possibilità di eventuali contromisure sul versante statunitense. Il testo del regolamento contiene sia i prodotti USA che l’Unione europea aveva già colpito nel 2018, come motociclette Harley Davidson, jeans Levi’s e succo d’arancia, sia ulteriori macrocategorie di prodotti interessati, da quelli agroalimentari, come granturco, anche dolce, fagioli, moltissime varietà di riso e prodotti a base di cereali e riso soffiato, con dazi addizionali del 25%, fino a semilavorati e articoli siderurgici come tubi, rotaie, aste di perforazione, flange e accessori, chiodi e viti.
L'Unione europea deve valutare attentamente le aliquote dei contro dazi e i beni interessati: applicare tariffe considerevoli, anche fino al 25%, su prodotti come microchip o altre componenti strategiche per noi indispensabili, penalizzerebbe le imprese e i consumatori europei, che sarebbero costretti a cercare alternative. Al contrario, contro tariffe su prodotti agroalimentari genererebbero meno problemi: il succo d'arancia, per esempio, potrebbe arrivare dalla Sicilia o da Paesi del Nord Africa.
È un equilibrio complesso: da un lato, serve mettere sul tavolo eventuali contromisure destinate all'economia americana, in un'ottica di deterrenza; dall'altro, evitare di danneggiare le industrie locali.
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Piero Bellante
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