martedì 15/04/2025 • 16:23
La Corte Costituzionale, con sentenza 15 aprile 2025 n. 43, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, in quanto non rispetta il requisito della finalità specifica richiesto dal diritto UE.
redazione Memento
Con la sentenza n. 43 del 15 aprile 2025, la Corte Costituzionale ha stabilito che l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, introdotta dall'art. 5 D.Lgs. 26/2007 e poi abrogata nel 2012, non rispetta il requisito della finalità specifica richiesto dal diritto dell'Unione Europea, dal momento che la norma istitutiva ne prevede solo una generica destinazione del gettito in favore delle province. La sentenza dichiara, quindi, l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 c. 1 lett. c e 2 DL 511/88 conv. in L. 20/89 per violazione degli artt. 11 e 117 c. 1 Cost.
In conformità al costante orientamento della Corte di legittimità, inaugurato con la Cass. 23 ottobre 2019, n. 27101, la citata disposizione si pone in contrasto con la Dir. CE 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e che abroga la Dir. CEE 92/12, non essendo stato rispettato il requisito delle finalità specifiche che la direttiva richiede agli Stati membri di rispettare al fine di applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette.
Inoltre, la Corte Costituzionale ha tenuto in conto la C.Giust. UE 11 aprile 2024 C-316/22 che, fermo restando che il giudice interno non può disapplicare nell'ambito di una controversia tra privati la norma nazionale che è in contrasto con la direttiva, ha riconosciuto che il cliente del servizio di fornitura di energia elettrica deve potere esercitare un'azione diretta nei confronti dello Stato anche nel caso di impossibilità giuridica di agire contro il fornitore. Ciò in conseguenza del fatto che il giudice civile, constatata la preclusione della strada della non applicazione, dovrebbe sempre rigettare la domanda di ripetizione di indebito proposta dal cliente nei confronti del fornitore e basata sulla contrarietà dell'imposta alla direttiva. Dalla sentenza consegue, quindi, la possibilità di esercitare direttamente l'azione di ripetizione di indebito da parte del cliente nei confronti dello Stato.
A seguito della sentenza che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'addizionale, i clienti dei fornitori potranno ora esercitare l'azione di ripetizione dell'indebito direttamente nei confronti di questi ultimi (che potranno, a loro volta, rivalersi nei confronti dello Stato).
Sono, invece, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14 c. 4 D.Lgs. 504/95 che erano state sollevate in riferimento agli artt. 3,24,41,111 c. 1 e 2 e art. 117 c. 1 Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 16 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Il rapporto tributario inerente al pagamento di accise e addizionali si svolge solo tra la amministrazione finanziaria e i soggetti che forniscono direttamente l'energia elettrica ai consumatori e rispetto a tale rapporto rimane del tutto estraneo l'utente o consumatore, tenuto a pagare al fornitore il prezzo dell'energia e, con esso (in caso di rivalsa dell'imposta) il costo delle accise e addizionali quale componente del prezzo di vendita dell'energia (Cass. 24 maggio 2019 n. 14200).
La norma censurata inerisce, per l'appunto, al rapporto tributario tra il fornitore, soggetto passivo dell'imposta, e l'amministrazione finanziaria, e si occupa della richiesta di rimborso che il primo può proporre nel caso in cui debba restituire al cliente somme indebitamente percepite a titolo di rivalsa dell'accisa. Le questioni non sono dunque rilevanti, avendo ad oggetto una disposizione attinente al compimento di un atto che si colloca “a valle” della risoluzione della controversia oggetto del giudizio a quo e che resta comunque estraneo all'ambito della cognizione del Collegio rimettente.
Fonte: C.Cost. 15 aprile 2025 n. 43
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Piero Bellante
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