lunedì 24/03/2025 • 06:00
Il caso riguarda la sottoscrizione di un contratto collettivo aziendale di prossimità che prevedeva la possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi, per un massimo di 36, anche attraverso una successione di contratti a tempo determinato, al fine di incrementare la produttività. Sono conformi alla legge i contratti a termine stipulati in forza di tale accordo aziendale?
L'azienda Alfa opera nel settore della commercializzazione di attrezzature sportive ed ha alle proprie dipendenze 60 impiegati.
In data 20 ottobre 2024 Alfa sottoscriveva un contratto collettivo aziendale di prossimità che prevedeva la possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi, per un massimo di 36, anche attraverso una successione di contratti a tempo determinato, al fine di incrementare la produttività.
Durata dei contratti a tempo determinato
La disciplina concernente la durata dei contratti a tempo determinato è contenuta nell'art. 19 del d.lgs. 81/2015 che recita:
“Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all'articolo 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.”
Alla luce di tale norma non risulta possibile sottoscrivere un contratto di lavoro a tempo determinata di durata superiore a 12 mesi, e comunque non superiore a 24 mesi, in una casistica diversa da quella sopra indicata.
Accordi di prossimità
Detta norma prudenzialmente non si ritiene derogabile neppure con un accordo di prossimità ex art. 8 DL 138/2011.
Invero, l'art. 8 del DL 138/2011, prevede la possibilità di stipulare contratti collettivi di lavoro a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l'accordo interconfederale del 28 giugno 2011, che realizzano specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate:
Nell'ambito di tali finalità è possibile che dette intese regolino delle materie inerenti l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell'orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
Tali intese, nei limiti delle norme costituzionali e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, possono operare anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie sopra richiamate ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
LA SOLUZIONE
Benchè fra le materie previste dall'accordo vi sia la disciplina del contratto a tempo determinato, l'autorità giudiziaria potrebbe ritenere che un accordo che superi di gran lunga la durata prevista dalla legge generi una violazione degli obblighi derivanti dalle normative dell'UE, dunque del principio di prevenzione degli abusi contemplato dalla direttiva 1999/70 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.
Conseguentemente, contratti a tempo determinato con una durata superiore a quella prevista dalla legge e che possano arrivare a 36 mesi rischierebbero di non essere conformi alle previsioni di legge, benchè giustificati da un accordo di prossimità.
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Giuseppe Buscema
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