giovedì 13/03/2025 • 06:00
A partire dal 12 marzo 2025, le frontiere statunitensi applicano una tariffa aggiuntiva del 25% su prodotti in acciaio e alluminio provenienti dall'Unione europea. Pronta la reazione di Bruxelles, che ripristina i dazi sospesi e annuncia nuovi provvedimenti entro metà aprile.
Le nuove tariffe USA
Alle 5:00 ora di Bruxelles, gli Stati Uniti hanno ufficialmente introdotto dazi del 25% su acciaio e le numerose esenzioni in precedenza previste alluminio originari dell'Unione europea. La nuova stretta decisa da Washington coinvolge tubi, lamiere, barre, chiodi, viti, bulloni, mobili in metallo, cisterne e vari altri articoli industriali. Un'estensione che la Commissione UE ritiene “più ampia e impattante” rispetto ai precedenti dazi introdotti nel 2018 dall'amministrazione Trump (e poi sospesi a seguito di un accordo con l'amministrazione Biden). Secondo Bruxelles, il valore delle esportazioni europee colpite potrebbe superare i 18 miliardi di euro, fino a raggiungere 26 miliardi considerando anche prodotti derivati.
Le misure, proclamate il 10 febbraio 2025, alzano dall'oggi al domani le barriere sull'import di acciaio e, superando il meccanismo delle quote di import e le numerose esenzioni in precedenza previste. Non si tratta di una semplice “riedizione” delle tariffe del 2018: la lista statunitense si spinge ben oltre, includendo beni industriali e semilavorati in metallo prima esclusi, oltre ad elevare al 25%i precedenti dazi sull'alluminio che in passato erano al 10%.
In termini pratici, i dazi si applicano ai prodotti “immessi al consumo o ritirati dai magazzini” negli Stati Uniti a partire dalle 12:01 ora locale. L'impatto si preannuncia rilevante per gli esportatori europei, non solo per l'imposizione doganale aggiuntiva, ma anche per la necessità di identificare correttamente – e talvolta in tempi ridotti – il perimetro dei nuovi dazi, in rapporto alla classificazione doganale dei propri articoli.
La risposta di Bruxelles: via ai controdazi UE dal 1° aprile
La Commissione europea ha definito le misure americane “ingiustificate e dannose” sia per le imprese che per i consumatori e ha annunciato l'adozione di contromisure immediate, articolate in due fasi.
A partire dal 1° aprile, verranno ripristinati i dazi del 2018 e del 2020, con la cessazione delle sospensioni sugli aumenti tariffari precedentemente introdotti in risposta ai dazi USA su acciaio e alluminio (regolamento di esecuzione (UE) 2018/886). Di conseguenza, torneranno a essere colpiti vari prodotti simbolo dell'export statunitense, tra cui jeans, bourbon e motociclette, per un controvalore di circa 8 miliardi di euro. Oltre a tali beni “simbolici del made in USA” il provvedimento colpisce anche prodotti agricoli e alimentari, tra cui mais dolce, riso, arachidi, succhi di frutta, patate preparate e prodotti a base di cereali. Il valore complessivo delle nuove tariffe è stimato in circa 8 miliardi di euro.
Parallelamente, la Commissione ha avviato la procedura per l'introduzione di ulteriori dazi su un ampio paniere di merci americane (tessuti, pelletteria, elettrodomestici, utensili per la casa, plastica, prodotti in legno, pollame, carne bovina, alcuni frutti di mare, noci, uova, latticini, zucchero e verdure), per un valore stimato fino a 18 miliardi di euro, portando il totale delle misure di ritorsione a quota 26 miliardi. Il via libera formale è previsto entro la prima metà di aprile, dopo la consultazione con gli Stati membri e le parti interessate, all'esito della c.d. procedura di comitatologia.
Le imprese europee fra incertezza e nuove strategie
Le aziende esportatrici, italiane ed europee, devono ora verificare la classificazione doganale dei propri prodotti, poiché la nuova misura statunitense cita espressamente articoli derivati da acciaio e alluminio. Oltre alle voci tradizionali, infatti, appaiono in lista anche contenitori metallici, serbatoi, cisterne e un ventaglio di componenti per macchinari.
Sul piano contrattuale, un aspetto cruciale è rappresentato dagli Incoterms: in presenza di clausole DDP (Delivered Duty Paid), l'azienda UE potrebbe essere tenuta a sostenere i dazi all'importazione negli Stati Uniti, con un deciso aggravio di costi. Tale scenario può spingere alla rinegoziazione delle condizioni o a far valere il recesso per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Lo spettro di una guerra commerciale
A preoccupare ulteriormente le imprese europee è il recente memorandum con cui l'Amministrazione USA prospetterebbe “dazi reciproci”, considerati anche rispetto all'Iva europea, giudicata – in modo controverso – alla stregua di un dazio. Un simile approccio, se confermato, rischierebbe di aggiungere un ulteriore 20% di tariffe sulle importazioni dall'UE, innescando una vera e propria escalation commerciale.
Bruxelles, da parte sua, ha avviato la procedura prevista dal regolamento UE sull'“enforcement” (regolamento (UE) 654/2014), aprendo fino al 26 marzo la consultazione pubblica su un nuovo possibile elenco di prodotti statunitensi da colpire. In parallelo, gli Stati membri verranno coinvolti nella procedura, così da adottare le relative misure entro metà aprile.
Nell'immediato, l'impatto delle nuove misure si farà sentire su prezzi, investimenti e gestione delle catene di approvvigionamento, con possibili ripercussioni sia sul mercato europeo che su quello statunitense. A Bruxelles come a Washington, l'auspicio è che l'escalation commerciale possa rientrare rapidamente, evitando un conflitto tariffario dagli esiti imprevedibili.
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