giovedì 06/02/2025 • 06:00
I nuovi dazi imposti dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump avranno un impatto significativo sull'export italiano, ridefinendo il panorama degli scambi internazionali e introducendo nuove sfide per le imprese. Le nuove misure annunciate da Trump potrebbero costarci tra i 4 e i 9 miliardi di dollari.
Guerra dei dazi: conseguenze per l'export italiano
Il Presidente Donald Trump ha annunciato l'introduzione di nuovi dazi sui prodotti europei, tra il 10 e il 20%, in aggiunta alle tariffe già esistenti. Mentre, nei confronti della Cina, a partire dal 4 febbraio sono entrate in vigore nuove tariffe del 10%, primo passo verso gli annunciati nuovi dazi del 60% e del 100% per le auto.
Ma quali conseguenze possiamo aspettarci per l'export italiano?
Per valutare l'impatto delle tariffe annunciate da Trump, occorre considerare che gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di destinazione dell'export italiano, per una quota pari al 10,4% delle nostre esportazioni.
La bilancia commerciale è decisamente a nostro favore: nel periodo gennaio-ottobre 2024, il valore delle esportazioni italiane verso gli USA ha raggiunto i 53,45 miliardi di euro, mentre le importazioni hanno raggiunto il valore di 21,43 miliardi di euro.
Una nuova guerra commerciale penalizzerebbe, pertanto, molto di più il nostro export rispetto all'economia USA. Nel primo mandato dell'amministrazione Trump, a partire dal marzo 2018, sono state introdotte tariffe aggiuntive su molte eccellenze del nostro export, come vino, olio, pasta, formaggi Made in Italy, oltre ad acciaio e alluminio, a cui l'Europa ha risposto imponendo un incremento delle tariffe su prodotti agricoli, motociclette e bourbon. L'amministrazione Biden ha mantenuto molte barriere all'importazione e ha impresso una spinta al reshoring, con politiche di forti aiuti economici statali alla produzione “Made in USA”, attraverso l'Inflaction Reduction Act. La nuova presidenza Trump segna una nuova fase di guerra dei dazi. Il presidente USA, che si è insediato il 20 gennaio 2025, ha già annunciato di voler introdurre nuovi dazi sui prodotti europei, tra il 10 e il 20%.
L'impatto dei dazi di Trump secondo le prime stime
Tra i primi studi economici ad aver valutato l'impatto dei dazi preannunciati da Trump, il National Board of Trade svedese ha stimato, per l'Italia, minori esportazioni verso gli USA del 16% e una generale riduzione delle esportazioni europee del 17%, con impatto principalmente nei settori meccanico, farmaceutico e chimico.
Lo studio prevede che le nuove tariffe ridurranno l'interscambio commerciale tra USA e Unione europea, mentre la Cina ridurrà le esportazioni verso gli USA del 66% e incrementerà le esportazioni verso l'Europa del 7%. Secondo le stime condotte da Prometeia, se l'aumento del 10% delle tariffe interesserà soltanto i prodotti già sottoposti a dazio, per l'Italia il costo aggiuntivo del nuovo protezionismo americano supererà i 4 miliardi di dollari. Dal punto di vista settoriale, in questo scenario a essere maggiormente colpito sarà il sistema moda, già oggi insieme all'agroalimentare uno dei più esposti del Made in Italy.
Se Trump optasse, invece, per un aumento delle tariffe generalizzato per tutti i beni esportati, i costi per le imprese italiane supererebbero i 9 miliardi, 7 in più rispetto al 2023. Nell'ipotesi di un aumento generalizzato dei dazi USA, sarebbe la meccanica a subire più negativamente le conseguenze del nuovo protezionismo. Secondo lo studio condotto dalla Grantham Foundation, scomponendo l'export italiano, i settori più colpiti saranno: attrezzature per il trasporto, prodotti chimici, ferro e acciaio e macchinari. I nuovi dazi USA rappresentano uno degli strumenti più importanti del “Trump reciprocal trade act”, il cui obiettivo è riequilibrare il commercio tra gli Stati Uniti e i suoi partner commerciali. L'introduzione di nuove restrizioni sui prodotti europei potrebbe portare a una nuova guerra commerciale, con analoghe misure di ritorsione da parte dell'Unione europea e conseguenze significative sulle catene di approvvigionamento in tutto il mondo.
Le imprese italiane nel commercio globale
Il commercio internazionale riveste un ruolo fondamentale per l'economia italiana. Nel 2024, l'Italia è stata il quarto Paese al mondo per volumi di esportazioni, insieme a Giappone e Corea del Sud ed è il dodicesimo Paese per importazioni, nella classifica degli scambi mondiali. Attualmente l'export italiano vale circa il 40% del PIL nazionale e si conferma come un decisivo fattore di traino per la nostra economia e la bilancia dei pagamenti: il valore delle esportazioni registra un +3,7% nel 2024, con una crescita attesa del +4,5% nel 2025 e del +4,2% in media nel biennio successivo. L'export italiano raggiungerà i 679 miliardi nel 2025. Nell'ultimo triennio, l'export italiano è cresciuto di più rispetto agli altri Paesi europei.
Dal punto di vista numerico, sono 120.876 le imprese esportatrici, mentre 95.774 sono le imprese importatrici. Nonostante questi numeri significativi sono soltanto 1.707 le imprese italiane che hanno ottenuto la certificazione di Operatori economici autorizzati (AEO) dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, un numero inferiore rispetto ad altri Paesi UE, come la Germania, dove sono 6.281 le imprese in possesso di tale importante autorizzazione, rilasciata alle imprese che operano con l'estero, in presenza di particolari standard di affidabilità e di competenza.
Questo gap è dovuto a una serie di fattori, tra cui la struttura del nostro export, alla quale partecipano anche molte medie e piccole imprese, con minore propensione a dotarsi di un'organizzazione interna specializzata; la sottovalutazione della specificità del commercio internazionale, con l'idea di fondo secondo cui vendere all'estero equivale a saper vendere nel mercato nazionale; la carenza di specializzazione nella formazione scolastica e universitaria rispetto a questo settore; l'assenza di cultura del commercio internazionale, che non include questi temi dall'elaborazione delle strategie aziendali; l'assenza di visione globale all'interno delle imprese, per cui le tematiche spesso ricadono in funzioni aziendali molto diversificate e la percezione dell'assenza di significativi vantaggi derivanti dall'autorizzazione AEO. Il contesto attuale è dominato dalla crescente segmentazione dell'economia internazionale, con nuovi dazi, sanzioni e altre barriere all'entrata.
Di grande impatto è il deterioramento della situazione geopolitica, con la guerra russo-ucraina entrata ormai nel terzo anno e il conflitto in Medio Oriente, con le crescenti tensioni internazionali e i riflessi sulla sicurezza nel Canale di Suez, che modificano le rotte marittime e incrementano tempi e costi degli scambi tra Europa e Asia.
La frammentazione in grandi blocchi di influenza, con il rafforzamento dei Paesi Brics e la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, contribuiscono a incrementare i fattori di incertezza e instabilità e sono tra le cause della crisi del modello multilaterale, fondato sul WTO.
Nuove opportunità per l'export italiano
In questo contesto, le previsioni per l'export italiano restano positive, grazie alla crescita nei Paesi del Golfo e in Nord America. I dati di ICE evidenziano che gli Stati Uniti restano il primo mercato di destinazione extra-UE, ma l'export offre un ventaglio vastissimo di opportunità, soprattutto per un Paese come il nostro che ha il tasso di differenziazione delle merci che esporta più alto al mondo. Tra i mercati più interessanti per il nostro Made in Italy vi sono Emirati Arabi e Arabia Saudita che crescono a doppia cifra, oltre a Turchia, Brasile, India e Messico.
Negli ultimi sette mesi, secondo ICE, il tasso di crescita è del +21,9% per gli Emirati Arabi, del +29% per l'Arabia Saudita, + 24,7% per la Turchia,+12,8% per la Corea Sud, +19% per la Serbia, +26% per la Libia, +19% per l'Ucraina, +35% per il Vietnam, +23% per la Malesia, +17% per il Kazakistan.
La somma dell'export di questi Paesi è di oltre 25 miliardi di dollari, contro i 35 che esportiamo negli Stati Uniti. Questa dinamica è il risultato della ricerca e della tecnologia applicata: l'Italia è campione di export nei macchinari (101 miliardi di euro nel 2023, pari al 16% del totale). Nel dualismo Stati Uniti-Cina, oggi l'alternativa è rafforzare la capacità di proiezione internazionale dell'Europa, in cui l'Italia può esprimersi da leader (siamo il terzo esportatore europeo), concentrando gli investimenti su promozione commerciale, sostenibilità e innovazione.
Il volume "Riforma della normativa doganale" di Sara Armella e Antonella Bianchi analizza gli impatti per le imprese che operano nel commercio internazionale e illustra le principali novità e criticità del nuovo Codice doganale dell’Unione. |
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