venerdì 17/01/2025 • 06:00
Anche per gli utili tassati all’estero, percepiti da persone fisiche residenti in Italia, si ha diritto al credito d’imposta, se l’imposizione nel territorio dello Stato è obbligatoria per legge e il trattato non ne precluda espressamente il riconoscimento (Norma di comportamento AIDC n. 227/2025).
L'Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, con la Norma di comportamento n. 227 pubblicata il 16 gennaio 2025, ha chiarito che il credito per le imposte assolte all'estero in via definitiva, può essere riconosciuto anche per i dividendi provenienti da un Paese con il quale sia in vigore un trattato in cui non sia prevista espressamente la non spettanza del medesimo credito, quando l'applicazione della ritenuta o dell'imposizione sostitutiva sia obbligatoria in base alle norme italiane.
Tassazione dei dividendi esteri
Secondo il principio di tassazione del reddito mondiale (c.d. worldwide principle of taxation), i redditi erogati da un soggetto residente all'estero e percepiti da un soggetto residente in Italia, sono assoggettati a tassazione nel nostro Paese.
Con specifico riferimento alle persone fisiche residenti e che agiscono al di fuori dell'attività d'impresa, i dividendi di fonte estera percepiti dagli stessi sono soggetti a tassazione applicando due diverse modalità, a seconda che ci sia o meno l'intervento di un intermediario residente.
Se la percezione del dividendo estero avviene tramite un intermediario residente, sarà quest'ultimo che, obbligatoriamente, dovrà applicare una ritenuta a titolo d'imposta (26%) sui dividendi, al netto delle ritenute applicate dallo Stato estero (c.d. netto frontiera), ai sensi dell'art. 27 c. 4 e 4-bis DPR 600/73.
Diversamente, qualora i dividendi esteri siano percepiti direttamente dal contribuente all'estero senza l'intervento di un sostituto d'imposta, saranno soggetti ad imposizione sostitutiva in dichiarazione dei redditi, nella stessa misura delle ritenute a titolo d'imposta che sarebbero applicate se tali redditi fossero corrisposti da sostituti d'imposta o intermediari italiani.
Tuttavia, l'art 18 DPR 917/86, prevede la facoltà per il contribuente di non avvalersi del regime d'imposizione sostitutiva (applicando quindi quello ordinario) e, in tal caso, compete allo stesso il credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero, di cui all'art. 165 del medesimo DPR.
Nello specifico, è previsto che, se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra:
La facoltà prevista dal citato art. 18, è preclusa nel caso delle distribuzioni di utili di cui all'art. 27 c. 4 DPR 600/73, ossia delle remunerazioni corrisposte a persone fisiche residenti relative a partecipazioni al capitale o al patrimonio, derivanti dal possesso di azioni e titoli derivanti da contratti d'associazione in partecipazione con apporto di capitale o misto.
Le osservazioni dell'AIDC
L'AIDC di Milano, nella Norma di comportamento n. 227 evidenzia come, da un'interpretazione letterale del dettato normativo recato dall'art. 18 c. 1, ultimo periodo e dall'art. 165 c. 1 TUIR, deriverebbe la preclusione all'utilizzo del meccanismo di scomputo delle imposte estere assolte sui dividendi. Tuttavia, ciò comporterebbe l'esposizione a fenomeni di doppia imposizione per i soggetti residenti che percepiscono utili da società o enti residenti all'estero.
L'effetto di doppia imposizione, a parere dell'AIDC, si avrebbe sia con riferimento all'ipotesi di percezione diretta all'estero del dividendo, sia nel caso d'intervento di un sostituto d'imposta residente, considerato che l'applicazione della ritenuta sul c.d. netto frontiera può ridurre solo parzialmente i fenomeni di duplicazione impositiva.
Ristabilendo il corretto rapporto gerarchico tra norme internazionali di fonte convenzionale e normativa interna, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Sent. Cass. del 01/09/2022, n. 25698 e 16/04/2024, n. 10204), se la disposizione convenzionale prevede l'esclusione della detrazione solo nel caso in cui l'elemento di reddito sia assoggettato in Italia a prelievo a titolo d'imposta su richiesta del beneficiario, la medesima disposizione prevale sulle norme interne incompatibili, previste al c. 1 dei citati art.18 e 165.
Pertanto, il diritto allo scomputo delle imposte estere, spetta nelle ipotesi in cui l'assoggettamento ad imposizione mediante imposta sostitutiva (art.18 c. 1 DPR 917/86), non avvenga su richiesta del beneficiario, ma sia obbligato dalla norma domestica ed il contribuente non possa accedere all'imposizione ordinaria.
L'Associazione, dalla disposizione pattizia desume, infatti, che il credito relativo all'imposta corrisposta nella giurisdizione straniera, si debba considerare detraibile quando l'assoggettamento ad imposizione mediante ritenuta o mediante imposta sostitutiva (se l'imposta sostitutiva assolve la stessa funzione delle ritenute) discenda da un obbligo di legge e non dall'esercizio di una facoltà del contribuente.
Tale osservazione, si basa sul principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella Sent. n. 25698/2022, secondo cui, per i redditi di capitale di fonte estera, direttamente percepiti dal contribuente, persona fisica, titolare di una partecipazione non qualificata in una partnership di diritto internazionale, qualora l'assoggettamento ad imposizione mediante ritenuta a titolo d'imposta , come nell'ipotesi di cui all'art. 27 c. 4 DPR 600/73, ovvero mediante imposta sostitutiva, del tutto sovrapponibile alla prima in ragione dell'identità di funzione, avvenga non su richiesta del beneficiario del reddito, ma obbligatoriamente, non potendo questo chiedere l'imposizione ordinaria, l'imposta sul reddito pagata in un Paese estero si deve considerare detraibile.
Dalla lettura di alcuni accordi internazionali contro le doppie imposizioni, ad esempio quello tra Italia e Francia in vigore dal 1° maggio 1992, il testo prevede che “nessuna deduzione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta alla fonte a titolo d'imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana”.
Sulla stessa linea, l'accordo per la Convenzione tra Italia e Malta, stabilisce che “nessuna detrazione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo d'imposta, anche su richiesta del contribuente, ai sensi della legislazione italiana”.
Nella suindicata Sent. n. 25698/2022, la Corte ha, altresì, sottolineato che la locuzione “anche su richiesta del contribuente” che figura nel testo di vari accordi internazionali, conferma che quando l'Italia ha inteso negare il credito d'imposta, lo ha espressamente previsto, non solo nei casi in cui l'assoggettamento dell'elemento di reddito ad imposta sostitutiva o a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta avvenga su richiesta del contribuente, ma anche nei casi in cui esso sia obbligatorio in base alla legge italiana.
Pertanto, se il dividendo già tassato all'estero è soggetto per obbligo di legge a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva in Italia, al percipiente, persona fisiche residente non esercente attività d'impresa, spetta il credito d'imposta per le imposte pagate nel Paese estero, escluso solo il caso in cui il trattato in vigore con l'altra giurisdizione non ne precluda espressamente il riconoscimento.
A tale fine, per ottenere il riconoscimento del credito, poiché i modelli dichiarativi non ne consentono l'esposizione e, di conseguenza, lo scomputo, sarà necessario presentare apposita istanza di rimborso avendo cura di allegare tutte le evidenze documentali atte a dimostrare l'assolvimento dell'imposta estera in via definitiva, nonché il rispetto dei termini di decadenza previsti dall'art. 38 DPR 602/73.
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Maria Eugenia Palombo
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