martedì 14/01/2025 • 06:00
La scelta dello strumento per gestire la liquidità rappresenta un tema di grande attualità, anche alla luce dei tanti imprenditori che decidono di cedere la propria impresa e presenta risvolti di carattere fiscale che devono essere tenuti in debita considerazione. La società di capitale è uno di questi strumenti.
Negli ultimi anni i cd. eventi di liquidità sono aumentati in maniera significativa, con un picco raggiunto nel 2022 e il biennio 2023/2024 che ha comunque fatto registrato numeri molto interessanti. Per evento di liquidità si è soliti intendere la situazione che si genera quando un imprenditore o i soci di un'iniziativa decidono di vendere la propria azienda/partecipazione, monetizzando di fatto il lavoro di una o più generazioni.
A seguito della cessione si pone generalmente il tema di come gestire e impiegare la liquidità ricevuta che, nella maggior parte dei casi, è nelle mani di una o più persone fisiche o di una società di capitale (nel caso – frequente – in cui la società ceduta era detenuta per il tramite di una società holding).
In questo contributo vengono analizzati i profili fiscali connessi alla gestione e all'impiego della liquidità attraverso una società di capitale mentre approfondiremo, in seguito, l'ipotesi della gestione diretta da parte delle persone fisiche o per il tramite di una società semplice, nonché i relativi profili successori e quelli, più in generale, legati al passaggio generazionale.
Gestione e impiego della liquidità tramite una società di capitale
La gestione e l'impiego della liquidità attraverso una società di capitale (s.p.a./s.a.p.a./s.r.l.) deve essere attentamente valutata dopo aver verificato che lo statuto lo consenta (fatta salva l'eventuale modifica) e permette di non distribuire i proventi della cessione ai soci persone fisiche posticipando così la (eventuale) relativa tassazione del 26%. Tale tipologia di società – a differenza delle persone fisiche e delle società semplici – non può tuttavia esercitare l'opzione per i regimi del cd. risparmio amministrato o gestito, che consentirebbero di delegare tutti gli adempimenti fiscali all'intermediario finanziario, con la conseguenza di dover rilevare contabilmente ogni singola operazione effettuata, tenendo conto delle caratteristiche dei singoli strumenti finanziari, talvolta molto articolati (es. derivati) e/o denominati in valuta estera. La gestione può dunque rivelarsi estremamente complessa soprattutto laddove l'operatività, intesa come frequenza delle operazioni, sia elevata, con la necessità (o l'opportunità) di dover ricorrere a strutture esterne alla società per gestire in maniera corretta tutti i relativi aspetti contabili e fiscali.
Fatta questa doverosa premessa, la riduzione dell'aliquota IRES per le società di capitale al 24% a partire dal 2017 ha posto le stesse in una posizione parzialmente privilegiata rispetto alle persone fisiche, per le quali l'aliquota sulle rendite finanziarie è generalmente pari al 26% (fatta salva l'aliquota del 12,5% per i titoli del debito pubblico). Inoltre, i componenti positivi e negativi derivanti dalla cessione – e in alcuni casi anche dalla valutazione – degli strumenti finanziari concorrono generalmente a formare il reddito d'impresa della società, rendendo in questo modo possibile una sorta di compensazione fra i diversi componenti finanziari realizzati nel medesimo periodo d'imposta, non sempre possibile per le persone fisiche e le società semplici (quantomeno fino a quando non troverà concreta attuazione la riforma tributaria che dovrebbe portare alla creazione di un'unica categoria reddituale superando la distinzione oggi esistente in ambito finanziario tra redditi di capitale e redditi diversi).
I dividendi concorrono a formare il reddito d'impresa (art. 89 TUIR) limitatamente al 5% del relativo ammontare, con una tassazione effettiva pari all'1,2% (5% x 24%).
Inoltre qualora, al ricorrere delle condizioni previste, le partecipazioni vengano iscritte fra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio e rispettino gli altri requisiti previsti dall'art. 87 TUIR (escluso quello dell'esercizio di un'impresa commerciale per le società quotate), le relative plusvalenze non sono imponibili per il 95% del loro ammontare (tassazione effettiva sempre pari all'1,2% - cd. regime Pex). Queste previsioni sono applicabili, al ricorrere delle condizioni previste – la cui verifica non risulta peraltro sempre agevole – anche ai dividendi e alle plusvalenze relative ad azioni estere. Le minusvalenze su partecipazioni immobilizzate sono deducibili dal reddito d'impresa, qualora prive dei requisiti per fruire del regime Pex, così come i differenziali negativi su partecipazioni non immobilizzate (in entrambi i casi occorre preliminarmente verificare l'applicabilità del cd. dividend washing, ex art. 109 c. 3-bis e 3-ter TUIR). Sempre con riferimento alle minusvalenze e ai differenziali negativi, sono inoltre previsti specifici obblighi comunicativi, da assolvere nel modello Redditi (art. 5-quinquies c. 3 DL 203/2005 e art. 1 c. 4 DL 209/2002).
Le società di comodo
Occorre prestare attenzione alla disciplina delle cd. società di comodo, cui le società di capitale sono soggette, con la necessità dunque di realizzare ricavi e proventi tali da rispettare il coefficiente dell'1% (così ridotto dal D.Lgs. 192/2024, in precedenza 2%) previsto per gli investimenti finanziari.
Inoltre, qualora rientrino fra le società di partecipazione non finanziaria (cioè quando svolgono in via esclusiva o prevalente l'attività di assunzione di partecipazioni in soggetti diversi dagli intermediari finanziari con relativa iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie – diverse dunque da quelle assunte al solo scopo di impiego della liquidità e che generalmente sono iscritte nell'attivo circolante – ai sensi dell'art. 162-bis c. 1 lett. c n. 1 TUIR), sono soggette all'aliquota IRAP maggiorata su una base imponibile comprensiva anche degli interessi attivi e proventi assimilati e interessi passivi e oneri assimilati (questi ultimi assunti per il 96% del relativo ammontare), così come agli obblighi di comunicazione all'Anagrafe tributaria.
Da ultimo, le società di capitale non sono soggette all'IVAFE (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero applicabile alle persone fisiche e alle società semplici) e scontano l'imposta di bollo sui prodotti finanziari nella misura dello 0,20% con un limite massimo di 14.000 euro.
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Giacomo Marchioni
- Praticante Commercialista e Tirocinante Revisore LegaleRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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