sabato 23/11/2024 • 06:00
In tema di autotutela, ove non sia decorso il termine di decadenza per l'accertamento previsto per il singolo tributo e sull'atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, l’AF può annullare l'atto impositivo errato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto più gravoso per il contribuente.
Le Sezioni Unite del 21 novembre 2024 n. 30051, confermando le sentenze di merito, avallano un accertamento sostitutivo “in malam partem” non redatto per sanare vizi formali del primo, ma per aumentare l’imposta accertata, rivalutando specifici elementi in precedenza già valutati. La motivazione della sentenza, che si sofferma in generale lungamente su tutti gli aspetti dell’autotutela, non tratta un aspetto centrale di questo caso molto particolare. Cioè il motivo per cui gli stessi elementi reddituali vengono rivalutati “in malam partem”. E’ da presumere quindi che i contribuenti non avessero sollevato censure di arbitrarietà nell’esercizio peggiorativo del potere impositivo, e che il ripensamento dell’Agenzia delle Entrate fosse nella sostanza corretto.
A parte la correttezza del dispositivo, a quanto è dato di capire, vista la mancanza di vizi di arbitrarietà, per non dire prevaricazione, da parte dell’ufficio nel ri-esercizio del potere in malam partem, la sentenza conferma che la cassazione tributaria è oggettivamente un giudice amministrativo, in quanto la funzione tributaria è una delle tante partizioni del diritto amministrativo speciale. Riecheggiano dietro la sentenza tutte le quasi secolari discussioni dei tributaristi sulla natura provvedimentale dell’avviso di accertamento, come esercizio di autotutela decisoria, cioè normale esercizio dei poteri amministrativi senza il previo vaglio del giudice. Pur senza essere giudici amministrativi, i magistrati di cassazione colgono la non esauribilità del potere amministrativo (da loro chiamata “perennità”), entro i termini di decadenza. Essi chiariscono anche i rapporti con gli accertamenti integrativi per sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, estranei alla particolare fattispecie in quanto qui si trattava del riesame giuridico-fattuale di una stessa operazione bancaria già fatta oggetto del primo accertamento.
Si può ritenere che il cambiamento del calcolo dell’imponibile, tra primo e secondo accertamento, a mio avviso doveroso, fosse motivato in modo da sottrarsi a specifiche censure. Quanto alle sistemazioni concettuali tra posizioni del contribuente (interesse legittimo/diritto soggettivo) e valutazioni compiute dagli uffici tra discrezionalità, interpretazione e (fantomatica) vincolatezza, la sentenza ricorda quanto valga per la giurisprudenza un principio già riferito al legislatore. Mi riferisco al brocardo lex imperat non docet in quanto doveri, spiegazione generale e sistematica, che non gravano su chi emette regole generali ed astratte, a maggiore ragione non competono a giudici che decidono una situazione particolare.
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Marco Ligrani
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