venerdì 08/11/2024 • 06:00
L’acquisizione del personale già impiegato nell'appalto dopo il subentro di nuovo appaltatore non costituisce trasferimento d'azienda se vengono introdotti elementi di discontinuità rispetto a quelli che consentivano l’esecuzione dell’appalto. A stabilirlo è la Cassazione con ordinanza 24 ottobre 2024 n. 27607.
Nel caso in esame, una società si era aggiudicata dalla stazione appaltante il servizio di vigilanza, accoglienza e portierato e, nel subentrare alla precedente azienda, aveva mantenuto nei confronti del personale trasferito alle sue dipendenze il CCNL da essa applicato.
Uno dei lavoratori trasferiti decideva di adire l'autorità giudiziaria affinché venisse accertato che l'operazione effettuata nei fatti integrava un trasferimento d'azienda ai sensi degli artt. 2112 c.c. e 29, comma 3, del D.Lgs. 276/2003, chiedendo la condanna delle due società al pagamento in suo favore di alcune differenze retributive non erogategli. E la Corte distrettuale, in riforma della pronuncia di primo grado, riteneva che il subentro avesse integrato un trasferimento di ramo d'azienda, condannandole al pagamento delle summenzionate differenze.
La Corte distrettuale era pervenuta alla sua conclusione partendo dall'assunto che, ai fini dell'esclusione delle garanzie dettate dall'art. 2112 c.c., era necessario che l'impresa subentrante nell'appalto presentasse elementi di discontinuità che, nel caso di specie, non sussistevano. Tant'è che - nonostante la reciproca autonomia e l'assenza di collegamenti - una parte della strumentazione tecnica impiegata ed i locali erano stati necessariamente forniti dall'appaltante e gli unici elementi di novità organizzativa introdotti dalla società subentrante erano consistiti nell'adozione delle nuove divise di lavoro e dei cartellini di riconoscimento.
Avverso la decisione di secondo grado, la società di vigilanza soccombente proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi a cui resisteva il lavoratore con controricorso. Entrambe le parti depositavano memorie
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione osserva, innanzitutto, che:
- l'art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 nella sua versione originaria escludeva in caso di cambio di appalto l'applicazione delle tutele dettate dall'art. 2112 per il trasferimento di azienda o di parte di azienda;
- l'art. 30 della Legge n. 122/2016 ha modificato il predetto comma che, nella versione applicabile ratione temporis, così recita: “L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda”.
Dal tenore letterale della disposizione novellata emerge che nel subentro di appalto si configura un trasferimento d'azienda (vi è una presunzione di operatività dell'art. 2112 c.c.) a meno che vi non siano elementi di discontinuità. Questo significa che, solo in presenza di circostanze che determinano una discontinuità fra la precedente organizzazione produttiva e quella nuova, si può escludere l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. E ciò comporta un'inversione dell'onere della prova circa “gli elementi costitutivi della ricorrenza di una cessione di azienda”, gravando sulla parte che la nega (in genere, l'imprenditore subentrante) la relativa prova (della sopravvenuta discontinuità).
L'elemento della discontinuità d'impresa, precisa la Corte di Cassazione, è opposto a quello della identità di impresa che si realizza, quando “permangono gli stessi mezzi, beni e rapporti giuridici finalizzati all'esercizio stabile e continuativo dell'attività economica in forma di impresa” (cfr Cass. 17063/2015 e Cass. n. 1102/2013), “da accertarsi in base al complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano la specifica operazione (…)” (cfr Cass. n. 17567/2020).
Sul punto la Cassazione richiama la giurisprudenza comunitaria secondo la quale per poter apprezzare la conservazione dell'autonomia funzionale di un ramo di impresa, occorre prendere in considerazione l'insieme delle circostanze di fatto che caratterizzano l'operazione di cui trattasi. Fra dette circostanze rientrano il tipo di impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno di elementi materiali (quali gli edifici e i beni mobili), il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un'eventuale sospensione di tali attività. In particolare, secondo la Corte di Giustizia, “è il mantenimento non già della struttura organizzativa specifica imposta dall'imprenditore ai diversi fattori di produzione trasferiti, bensì del nesso funzionale di interdipendenza e complementarità fra tali fattori a costituire l'elemento rilevante per determinare la conservazione dell'identità dell'entità trasferita: il mantenimento di un siffatto nesso funzionale tra i vari fattori trasferiti consente al cessionario di utilizzare questi ultimi, anche se essi sono integrati, dopo il trasferimento, in una nuova diversa struttura organizzativa al fine di continuare un'attività economica identica o analoga” (cfr. CGUE 12.2.2009, C-466/07, Klarenberg; successivamente, in conformità, CGUE 9.9.2015, C-160/2014, Ferreira).
La Corte di Cassazione giunge così ad elaborare il seguente principio di diritto “Ai sensi dell'art. 29, comma 3 del d.lgs. n. 276 del 2003 come novellato dall'art. 30 della legge n. 122 del 2016, l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa non costituisce trasferimento d'azienda se il complesso di elementi organizzativi e produttivi introdotti, nello specifico appalto, dal subentrante sia caratterizzato da profili di tale novità da interrompere il nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà precedentemente sussistente tra i fattori della produzione che consentivano l'esecuzione dell'appalto”.
Orbene, nel caso di specie, ad avviso della Corte di Cassazione, i giudici di merito hanno correttamente interpretato l'art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, non ravvedendo la ricorrenza di elementi di discontinuità nelle modifiche organizzative inserite dal nuovo appaltatore che consistevano nell'adozione delle sue divise nonché dei cartellini di riconoscimento e tali, pertanto, da non incidere sull'autonomia funzionale del gruppo di lavoratori acquisito.
In considerazione di tutto sopra esposto, la Corte di Cassazione conclude per il rigetto del ricorso presentato dalla società con sua condanna al pagamento delle spese di giudizio.
Fonte : Cass. 24 ottobre 2024 n. 27607
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Gabriele Livi
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