venerdì 27/09/2024 • 06:00
L'art. 2 D.Lgs. 346/90 disciplina i criteri di territorialità alla base dell'applicazione dell'imposta di successione e donazione. In particolare, se il de cuius/donante è residente in Italia l'imposta è dovuta su tutti i beni ovunque esistenti (in Italia e all'estero), mentre se il de cuius/donante non è residente l'imposta è dovuta solo sui beni esistenti in Italia.
Ai fini dell'imposta di successione e donazione l'art. 2 D.Lgs. 346/90 considerano esistenti in Italia, tra gli altri, gli immobili situati in Italia, le quote/azioni di società italiane e i crediti verso soggetti italiani. Così, se cadono in successione azioni di società italiane, l'imposta è dovuta anche se il de cuius non è residente in Italia.
Un'eccezione ai principi sopra delineati è quella relativa ai beni “esteri” detenuti da soggetti cd. neoresidenti, che hanno optato per la tassazione sostitutiva forfetaria (100.000/200.000 Euro) sui redditi prodotti all'estero ai sensi dell'art. 24-bis TUIR. Per tali soggetti, infatti, in deroga agli ordinari principi di territorialità, l'imposta è dovuta solo sui beni “italiani” e non sui beni “esteri”. Come si può notare, i principi di territorialità previsti dall'ordinamento italiano non attribuiscono rilevanza alla residenza del soggetto beneficiario (erede/donatario). Così, se il de cuius/donante è non residente ed i beni sono “esteri” l'imposta di successione italiana non è dovuta anche se l'erede/donatario è residente in Italia.
Sistema impositivo italiano ed estero
L'irrilevanza della residenza del beneficiario contraddistingue il sistema impositivo italiano rispetto a quello di altri ordinamenti (peraltro una minoranza – si veda in proposito l'interessante Studio OECD del 2021 “Inheritance Taxation in OECD Countries”), come ad esempio quello tedesco. Se, per ipotesi, il de cuius è residente in Italia e l'erede è residente in Germania (anche se cittadino italiano) l'imposta di successione tedesca è applicabile anche sui beni “non tedeschi”, ivi compresi quelli “italiani” (come gli immobili italiani o i portafogli titoli detenuti presso banche italiane). In questo caso, quindi, l'imposta di successione è dovuta sia in Italia (in quanto il de cuius è residente in Italia), sia in Germania (poiché l'erede è residente in Germania).
Ai fini di eliminare/attenuare la doppia imposizione, la normativa in tema di imposta di successione e donazione prevede il riconoscimento di un credito di imposta per le imposte pagate all'estero. Tale meccanismo, tuttavia, non risolve in misura significativa il fenomeno della doppia imposizione anche per la rilevante differenza tra le aliquote applicabili in Italia e quelle applicabili nei Paesi esteri. Inoltre, l'Italia ha concluso alcune (non numerose) Convenzioni contro le doppie imposizioni in materia di imposta sulle successioni.
Le principali sono quelle con il Regno Unito, gli Stati Uniti (applicabili solo all'imposta di successione) e la Francia (applicabile anche all'imposta di donazione). L'art. 55 c. 1-bis D.Lgs. 346/90 stabilisce che sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti in Italia.
L'Agenzia delle Entrate (Risposta ad interpello n. 310 del 2019) ha confermato che, in caso di donazione di beni “esteri” effettuata da un soggetto non residente a favore di un soggetto residente, l'imposta di donazione italiana non è applicabile e l'atto formato all'estero non deve essere registrato in termine fisso.
Ciò in quanto la norma sostanziale in tema di territorialità dell'imposta (la donazione di beni “esteri” da parte di un soggetto non residente non è soggetta ad imposta) prevale sulla norma procedurale (la donazione effettuata all'estero a favore di un soggetto residente deve essere registrata in termine fisso).
L'orientamento della giurisprudenza
Tale principio è stato opportunamente confermato dalla sentenza della Cassazione del 24 marzo 2021 n. 8175, secondo la quale “La disposizione recata dal comma 1-bis dell'articolo 55 del TUS (…) non ha inteso derogare ai criteri di territorialità previsti, ai fini dell'imposta sulle donazioni, dall'articolo 2 del TUS”.
La fattispecie esaminata dalla Cassazione è relativa ad una donazione di denaro effettuata mediante un trasferimento da un conto corrente all'estero del donante non residente ad un conto corrente in Italia del donatario residente. In questo caso la Suprema Corte ha escluso l'applicazione dell'imposta di donazione italiana in quanto “prima dell'atto di disposizione il denaro si trovava depositato su conto corrente bancario di un istituto svizzero”.
La Suprema Corte ha quindi ritenuto non applicabile l'imposta anche se il conto di destinazione intestato al donatario residente era presso una banca italiana e non presso una banca estera.
Nello stesso senso si è espressa l'Agenzia delle Entrate (interpello citato), secondo la quale, non essendoci nessuna disposizione specifica sul denaro, quest'ultimo, ai fini dell'applicazione dei criteri di territorialità, può essere assimilato ad un assegno, che si presume esistente in Italia “se l'emittente è residente nello Stato” (art. 3 c. 2 D.Lgs. 346/90). Pertanto, per presumere l'esistenza in Italia del denaro, “occorre, quale elemento di collegamento con lo Stato italiano, la residenza in Italia del soggetto emittente (l'assegno) con il quale si trasferisce la disponibilità del denaro a favore del beneficiario dell'atto di donazione”.
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