Mentre dovremmo attendere ancora un po' di tempo prima che i Tribunali italiani o europei si pronuncino in merito alla questione, una recente decisione emessa dalla Southern District Court di New York potrebbe già fornire una parziale risposta alla domanda se l'uso non autorizzato di un marchio altrui in un NFT costituisce contraffazione di marchio.
Si tratta della decisione emessa il 18/05/2022 nell'ambito del caso giudiziario che vede contrapposta la celebre casa di moda francese Hermès al designer Mason Rothschild (Hermès International et al. v. Rothschild n. 22-CV-384 (JSR)).
Il caso
Il contenzioso origina dal lancio, nel dicembre del 2021, da parte di Mason Rothschild di una collezione di 100 NFTs denominata "MetaBirkins": ciascun NFT contiene l'immagine digitale sfuocata dell'iconica borsa della casa di moda francese denominata “Birkin”, ricoperta di pelliccia sintetica. Il fenomeno è divenuto immediatamente virale e Rothschild ha venduto l'intera collezione degli esclusivi "MetaBirkins" per 230 Ethereum, ovvero, al momento della vendita, circa un milione di dollari. La vendita degli NFTs è stata promossa sul web utilizzando il sito “metabirkins.com” e sui social networks tramite profili appositamente creati da Rothschild: @METABIRKINS su Twitter e Instagram e “Metabirkins” nella piattaforma Discord. Rothschild, il quale non aveva richiesto alcuna autorizzazione ad Hermès, ha affermato, tra l'altro, che gli NFTs da lui coniati sono "un tributo alla più famosa borsa di Hermès, la Birkin, uno degli accessori di lusso più esclusivi e ben fatti".
Hermès è titolare dei diritti esclusivi sul marchio “Birkin”, registrato in vari paesi del mondo e utilizzato per contraddistinguere l'omonima borsa, conosciuta per l'allure di esclusività che la circonda: il prezzo di questa borsa iconica parte da circa 7.000 euro ma può arrivare anche un centinaio di migliaia di euro. Esiste infatti un florido mercato secondario di rivendita per le borse “Birkin” che spesso vengono rivendute ad un prezzo più alto di quello della vendita al dettaglio. Hermès è altresì titolare dei diritti esclusivi sull'aspetto esteriore della borsa (trade dress rights).
La casa di moda francese non ha gradito l'iniziativa e ha citato in giudizio il creatore delle "MetaBirkins" sostenendo che il conio e la vendita degli NFTs contenenti l'immagine digitale della propria borsa, così come l'uso del marchio “Birkin” sia quale nome della collezione che come nome a dominio e profilo dei social networks, costituisce, tra l'altro, contraffazione di marchio.
Il principale argomento difensivo dell'artista è che l'uso del marchio e degli altri diritti esclusivi di Hermès sulla borsa “Birkin” è stato fatto non già in funzione di marchio, al fine cioè di contraddistinguere un prodotto, bensì a fini di espressione artistica e nell'ambito di una comunicazione di carattere non commerciale.
Il convenuto ha a tal fine invocato l'applicazione al caso di specie di un precedente americano (il caso Rogers v. Grimaldi, 875 F.2d 994 (2d Cir. 1989) che, in attuazione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, al ricorrere di certe condizioni, scrimina l'uso non autorizzato di segni distintivi di terzi laddove tale uso abbia una rilevanza artistica. Anche nell'ordinamento comunitario e nazionale, affinché si configuri un'ipotesi di contraffazione di marchio è necessario che il segno altrui sia usato “nel commercio” 15 (art. 16 TRIPs e art. 5.1 Dir. e art. 9 Reg.) o “nell'attività economica” (art. 20 c.p.i.) e si riconosce in linea generale la liceità dell'utilizzo di un marchio altrui all'interno di un'opera protetta da diritto d'autore, se conforme alla correttezza professionale.
Secondo la ricostruzione di Rothschild, le immagini digitali incorporate negli NFTs sono un'opera d'arte e “Metabirkins” è il titolo di dette opere, con la conseguenza che nessun uso illecito del marchio “Birkin” è stato posto in essere.
La maison francese per contro sostiene che il precedente citato dal convenuto non si possa applicare al caso di specie poiché il segno “Metabirkins” è stato usato proprio in funzione di marchio (to signify source), cioè per contraddistinguere la borsa “Birkin”, la cui immagine è rappresentata negli NFTs, e che dunque tale uso viola i diritti esclusivi sul marchio “Birkin” e sulla forma della borsa.
La decisione
La Corte newyorkese, chiamata in questa fase a giudicare la richiesta di Rothschild di rigetto delle domande di Hermès per manifesta infondatezza (motion to dismiss the complaint for failure to state a claim upon which relief can be granted), pur ritenendo astrattamente applicabile al caso di specie il precedente richiamato da Rothschild (Rogers v. Grimaldi), non si è tuttavia espressa circa la sussistenza dei requisiti per l'applicazione della scriminante, ritenendo che una tale valutazione dovesse essere fatta all'esito della fase istruttoria e dibattimentale.
Nel rigettare la richiesta di Rothschild, la Corte ha valorizzato, in particolare, le prove fornite dalla casa di moda che evidenziavano l'intento, palesato dallo stesso Rothschild nelle sue dichiarazioni, di associare il segno “Metabirkins” alla popolarità e alla fama del marchio “Birkin”, e quelle da cui risultava il verificarsi di concreti episodi di confusione (alcuni utenti di Instagram hanno erroneamente ritenuto che vi fosse un'associazione tra la maison francese e la collezione denominata “Metabirkins”).
Al di là delle specificità fattuali del caso di specie, è interessante notare il passaggio della Corte in cui si sottolinea che il fatto che l'immagine sia incorporata in un NFT non faccia di per sé ritenere che l'immagine sia una merce (commodity), esattamente come – aggiunge la Corte newyorkese - nel mondo analogico la vendita di copie numerate di dipinti non rende di per sé i dipinti una merce.
Proseguendo, la Corte – sebbene in una nota e non nel testo della decisione - si spinge ad affermare che la conclusione sarebbe stata diversa se l'NFT avesse incorporato non già una mera immagine digitale della borsa di Hermès, bensì una vera e propria borsa virtuale, un oggetto digitale cioè effettivamente acquistabile e indossabile, ancorché solo nel mondo virtuale.
In tal caso, infatti – secondo la ricostruzione della Corte americana - il segno “Metabirkins” avrebbe fatto riferimento ad un vero e proprio prodotto commerciale, sebbene ancora non di uso ordinario o quotidiano; tale borsa virtuale avrebbe dunque potuto considerarsi una merce con la conseguente esclusione della possibilità di considerare l'uso del marchio scriminato secondo il precedente Rogers v. Grimaldi.
Conclusioni
Traendo le ulteriori conseguenze dall'affermazione della Southern District Court di New York, dovrebbe ritenersi che laddove Rothschild avesse incorporato nell'NFT una versione virtuale della “Birkin”, acquistabile e indossabile nel metaverso, e non già solo un'immagine digitale, il suo comportamento avrebbe ben potuto essere considerato una violazione del marchio “Birkin”.
Quella della Corte è un'enunciazione incidentale e che riguarda un'ipotesi meramente eventuale, ma chi opera nel metaverso può già trarne un'indicazione molto concreta.