Le criptoattività, ovvero rappresentazioni digitali di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia dei registri distribuiti Distributed Ledger Technology (DLT), che ha la sua manifestazione prima nella blockchain, hanno assunto le forme più varie, dalle stablecoin, agli utility token, ai token ibridi fino ai Non-Fungible-Token (NFT), intorno ai quali ruotano anche le dinamiche del Metaverso. E’ dalla qualificazione giuridica delle criptoattività in una determinata categoria che discende il loro trattamento tributario.
Criptovalute
Quanto alla criptovalute, da cui tutto muove, le tre categorie alle quali esse vengono abitualmente ascritte, nel sostanziale vuoto normativo, sono:
- le valute estere (lettura sposata dalla nostra Agenzia delle Entrate, dalla Risoluzione 72/2016 in avanti)
- gli strumenti (rectius i prodotti) finanziari o i beni immateriali (categoria che, in linea con la prassi contabile, preferiamo nella quasi generalità dei casi).
Le conseguenze della qualificazione giuridica, dicevamo, sono decisive, basti pensare che se si sposa una delle prime due assimilazioni sopra richiamate ci si dirige verso un regime di esenzione delle transazioni sotto il profilo IVA, mentre se, invece, si sposa l’equiparazione a beni immateriali, le transazioni in criptovalute andrebbero sostanzialmente sempre ad inquadrare operazioni permutative assoggettate ad IVA.
Trattamento contabile
Stesse, decisive, differenziazioni si producono agli effetti del trattamento contabile.
Il principio della derivazione rafforzata, che rende immediatamente rilevanti agli effetti tributari le scelte operate sul piano contabile, importa di passare, ad esempio, dal trattamento tributario delle attività e passività in valuta a quello delle rimanenze nel caso dell’assimilazione a beni immateriali.
Del resto, l’esercizio dell’interpretazione estensiva e finanche analogica (invero di interpretazione è corretto parlare quando il tentativo è quello di “estendere” il significato della norma, mentre nel caso dell’analogia più che di interpretazione è corretto parlare di “integrazione”) è necessitato, atteso il vuoto normativo che caratterizza la materia.
NFT
Alla categoria dei beni immateriali riteniamo che vadano, ancor con maggiore convinzione, ascritti gli NFT, che sono anche lo strumento principe con cui circolano e circoleranno beni e servizi nel metaverso.
Aderiamo alla teoria evolutiva per cui i beni immateriali, visto il tenore dell’art. 810 del codice civile, che ritiene bene tutto ciò che possa formare oggetto di diritti, non siano un numerus clausus.
Il loro essere inquadrabili tra i beni immateriali digitali ci sembra innanzi tutto condurre alla loro assimilazione ai fini IVA alle prestazioni di servizi effettuate attraverso mezzi elettronici, con le relative conseguenze in punto di generale assoggettamento ad imposizione e di territorialità di tali prestazioni.
Imposte dirette
Sotto il profilo delle imposte dirette, riteniamo che il loro trattamento debba seguire il bene sottostante a cui l’NFT è abitualmente legato. I proventi originati dalla cessione di NFT da parte di soggetti residenti in Italia, persone fisiche o giuridiche attive nel relativo mercato, possono dar luogo a redditi di impresa o di lavoro autonomo.
Occorre quindi aver riguardo ai ricavi ex art. 85 T.u.i.r. e ai compensi per prestazioni di lavoro autonomo ex artt. 53 ss. T.u.i.r. e prestare attenzione alla transnazionalità dei flussi e quindi all’eventuale applicazione di ritenute e convenzioni contro le doppie imposizioni.
Ciò è particolarmente rilevante per le cosiddette “secondary sales” (ovvero le successive cessioni di NFT sulle quali il creatore vanta ancora diritti o royalties).
Al momento è infatti arduo chiedere alla piattaforma che gestisce lo scambio la forma giuridica del terzo acquirente e la sua nazionalità, sì da rendere misterioso il corretto trattamento fiscale da applicare (tanto da far pensare se non sia corretto ricorrere all’autofattura).
Metaverso
Quanto al Metaverso (un mondo di mezzo tra realtà virtuale ed aumentata che punta a riprodurre il mondo reale, con tutte le sue opportunità, ma anche i suoi limiti) e alla sua fiscalità riteniamo che i redditi prodotti nel Metaverso non siano tassabili nel mondo reale, almeno fin quando non entrino in relazione con quest’ultimo e risultino suscettibili di creare ricchezza (appunto) reale, o, se si preferisce, capacità contributiva tassabile.
Ciò in quanto i profitti di varia natura che invece si esauriscono nel Metaverso ad oggi non sembrano dissimili dalle vincite nei video game, a meno che non generino eventi realizzativi oggi tassativamente individuati.
In sostanza oggi le vicende impositive nel Metaverso sono legate a quelle degli NFT, che sono lo strumento attraverso il quale circolano a titolo oneroso beni e servizi in tale nuovo mondo e scontano le incertezze che ruotano attorno a questi ultimi.
Sullo stesso argomento approfondisci con “CRIPTOVALUTE, NFT E METAVERSO”, il nuovo libro dell’avv. Antonio Tomassini per Giuffrè Francis Lefebvre.
Il testo fa chiarezza sulle questioni giuridiche e fiscali del mondo relativo alle criptovalute, agli NFT e al metaverso.
Definiti il loro funzionamento e la natura giuridica si analizzano tutti i comparti impositivi, dalle imposte dirette, all’IVA, all’imposta sulle successioni e donazioni.
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