lunedì 28/04/2025 • 12:01
Con Risp. AE 28 aprile 2025 n. 119, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di Art-bonus, relativamente alle erogazioni liberali finalizzate al sostegno dell'attività di ristrutturazione di un locale destinato a teatro, di proprietà di una società cooperativa, sul quale è stato costituito un diritto di superficie a favore di un Ente territoriale.
redazione Memento
Al fine di verificare se la costituzione di un diritto di superficie costituisca titolo idoneo ai fini della applicazione dell'Art-bonus, è stato necessario acquisire il parere dal competente Ministero della cultura. Detto Ministero ha affermato che il diritto di superficie si sostanzia nel diritto di costruire al di sopra o al di sotto del suolo di proprietà di altri e conservare la proprietà della costruzione. Ai sensi dell'art. 952 c. 2 c.c., tra l'altro, tale diritto può riguardare l'alienazione della proprietà di una costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo.
Sebbene la costituzione del diritto di superficie possa dar luogo ad una proprietà piena ed esclusiva di un bene immobile, tale da poter considerare il medesimo come di appartenenza pubblica, relativamente allo specifico caso sottoposto al parere di questo Ufficio, emergono le seguenti criticità.
In primo luogo, non è chiara l'attuale vigenza del contratto di costituzione del diritto superficie sottoscritto in data 11 marzo 2021, considerato che nel medesimo è stata inserita una clausola risolutiva espressa ai sensi della quale il diritto di superficie si risolve se entro tre anni dalla data della stipula i lavori di ristrutturazione non saranno terminati.
In secondo luogo, nell'atto di interpello non sono presenti elementi a sufficienza tali da consentire una valutazione in merito all'effettivo valore culturale del bene.
A riguardo, l'art. 10 c. 1 D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) individua quali beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Ai sensi del successivo articolo 12, le cose indicate all' articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2.
In sostanza, la legge introduce una vera e propria presunzione di culturalità di tutte le cose di proprietà di soggetti pubblici o di enti non lucrativi che abbiano più di settanta anni o che siano opera di autore non più vivente.
Tale qualità non è però definitivamente acquisita, dato che la legge prevede un'espressa procedura di conferma. La sottoposizione a tutela di tutti i beni individuati attraverso il combinato disposto dall'articolo 10, comma 1 e comma 5, è provvisoria, in attesa di una verifica ad hoc da svolgersi da parte della amministrazione dei beni culturali ai sensi dell'articolo 12, comma 1. Di rimando, la qualità di bene culturale si consolida definitivamente per i beni di proprietà di tali enti, a seguito della verifica ex art. 12, comma 2, che opera da condizione risolutiva (se negativa) o da conferma (se positiva).
Cosicché l'assoggettamento a tutela delle cose di proprietà pubblica, in base ad una presunzione juris tantum della qualità culturale, non opera a tempo indeterminato ma assume la funzione di misura cautelare a carattere provvisorio, ancorata a requisiti oggettivi e destinata eventualmente a venir meno con la conclusione del procedimento di verifica. Ne deriva che, ai fini del riconoscimento di un vantaggio di natura economica, quale può essere considerato il beneficio fiscale in parola, è necessario che la qualità di bene culturale sia cristallizzata attraverso la verifica di cui all'articolo 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Infatti, il riconoscimento dell'interesse culturale attribuito in via presuntiva dall'articolo 10, comma 1, del Codice è finalizzato a garantire la massima tutela di alcune tipologie di beni al fine di scongiurarne la modifica, il deperimento, la distruzione mediante l'applicazione della speciale disciplina di settore.
Tuttavia, qualora a seguito della verifica ex articolo 12, comma 2, dovesse emergere la carenza di interesse culturale, quanto alle citate finalità di tutela non emergerebbero conseguenze rilevanti: il bene tornerebbe ad essere assoggettato ad un regime ordinario, spogliato della tutela fornita dalla parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Diversamente, nel caso dell'attribuzione di vantaggi di natura economica, la mancata conferma della culturalità del bene comporterebbe la ripetizione del vantaggio di natura economia ottenuto senza alcun titolo, generando un inevitabile aggravio per l'amministrazione.
Alla luce di quanto innanzi, si ritiene che, ai fini dell'ammissibilità al beneficio fiscale dell'Art-bonus, l'Istante debba presentare, in sede di domanda, il provvedimento attestante l'interesse culturale rilasciato dal competente Ufficio del Ministero della cultura.
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La vendita di opere d'arte presenta una serie di peculiarità sia quando viene esercitata in modo professionale sia quando viene svolta in modo occasionale, a cui fa seguito un particolare regime fiscale.
Carlo Bertoncello
- Dottore Commercialista e Partner Bertoncello BPARimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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