giovedì 27/03/2025 • 06:00
La IV Sez. Penale della Suprema Corte con la sentenza n. 11168/2025 torna su un tema ampiamente dibattuto in passato, ovvero il nesso causale derivante dall'esposizione dei lavoratori all'amianto e la successiva morte in conseguenza di patologie quali il mesotelioma ed il carcinoma. Il nesso causale è stato riconosciuto solo ed unicamente per le morti causate dal mesotelioma ma non per il carcinoma in soggetti che erano fumatori abituali.
I direttori pro-tempore dello Stabilimento di Palermo della Fincantieri, che si erano succeduti negli anni 80/90 venivano rinviati a giudizio per i delitti di omicidio colposo e di lesioni personali gravissime commessi in danno di lavoratori dipendenti della suddetta società, quale conseguenza di malattie determinate dalla prolungata esposizione all'amianto.
Nel giudizio di primo grado i due imputati erano stati condannati per le suddette fattispecie criminose mentre, nel giudizio di secondo grado la Corte di Appello assolveva entrambi dai reati loro ascritti.
Avverso la predetta sentenza assolutoria proponevano ricorso per cassazione, sia il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo nonché, la parte civile INAIL.
La decisione della Suprema Corte
La Suprema Corte, con una decisione molto complessa ed articolata in cui esegue una ricostruzione analitica sia delle vicende storiche che, giudiziarie succedutesi nel corso degli anni, statuiva l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai delitti di omicidio colposo inerenti ai soli decessi dei lavoratori affetti da mesotelioma pleurico, mentre rigettava nel resto i ricorsi, in particolare nella parte relativa ai restanti lavoratori deceduti in conseguenza delle patologie correlate al carcinoma polmonare.
Le responsabilità relative ai decessi conseguenti al mesotelioma
Gli ermellini nel censurare la sentenza di assoluzione relativamente alle morti per mesotelioma asserivano che i giudici del merito, pur dando conto, in termini generali, dei criteri attraverso cui procedere all'accertamento del nesso di causalità nelle ipotesi di decesso per mesotelioma pleurico, non avevano effettuato nessuna reale verifica della sussistenza della causalità individuale, nello specifico accertando la ricorrenza della connessione eziologica tra il decesso dei lavoratori e l'esposizione all'amianto.
Inoltre, i giudici di secondo grado, ai fini dell'accertamento della causalità generale, avevano dato conto della differenza, confermata dai vari esperti escussi in giudizio, tra la teoria scientifica "trigger dose", per cui ai fini della contrazione del mesotelioma pleurico rilevava la sola esposizione iniziale all'asbesto, e la teoria "multistadio", per cui, invece, il processo di cancerogenosi della malattia si articolava nelle successive fasi della induzione - suddivisa nelle sottofasi della iniziazione e della promozione, fino all'insorgenza della patologia - e della vera e propria latenza, nella quale la malattia risulta ormai irreversibilmente contratta, con la conseguenza che le eventuali ulteriori esposizioni all'amianto non assumono alcuna rilevanza causale.
La stessa Corte territoriale aveva evidenziato come nel mondo scientifico il mesotelioma pleurico era considerato malattia dose-correlata, evidenziando anche la teoria del c.d. "effetto acceleratore", di conseguenza assumeva rilevanza causale la protrazione dell'esposizione all'amianto dopo l'iniziazione del processo carcinogenetico.
In definitiva, la Suprema Corte cassava la sentenza nella parte avente ad oggetto l'assoluzione degli imputati in relazione alle morti per mesotelioma dei lavoratori dal momento che, secondo gli ermellini non sarebbe stata vagliata la ricorrenza di una connessione causale tra le condotte omissive poste in essere dagli imputati, i quali avevano esposto i lavoratori al contatto prolungato con l'amianto senza alcuna protezione, e la successiva insorgenza del mesotelioma che ne aveva provocato la morte.
Responsabilità relative ai decessi conseguenti al mesotelioma
Relativamente alle posizioni dei lavoratori deceduti a causa del carcinoma la Corte confermava la sentenza di assoluzione degli imputati.
I giudici di legittimità, evidenziavano che essendo i lavoratori deceduti per carcinoma polmonare dei forti fumatori ai fini della configurazione della responsabilità penale, era necessario che provare la ricorrenza di un'ipotesi di causalità ex art. 41, comma 2, cod. pen., per cui l'esposizione alle polveri di amianto avrebbe determinato, una relazione in ordine alla verificazione del successivo evento oncologico.
L'art. 41 comma 2, c.p. regola il concorso di cause nella verificazione dell'evento reato prevedendo che, le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento e ciò si conforma ai generali principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia di patologie multifattoriali, rispetto alle quali necessita l'applicazione della c.d. "regola dell'esclusione", per cui la malattia tumorale può essere attribuita alla causa indiziata solo dopo che sia stato escluso che un fattore alternativo, nel caso di specie il fumo delle sigarette, possa avere avuto un ruolo eziologico.
In definitiva, la Cassazione accertava che risultava pienamente rispettata la regola di giudizio dell'elevato grado di credibilità razionale, essenziale nei casi di patologie multifattoriali ai fini dell'esclusione della responsabilità degli imputati.
Difatti era stato ampiamente provato nei giudizi di merito che i lavoratori morti per carcinoma polmonare erano dei forti tabagisti con la ovvia conseguenza che, non vi era stata la possibilità di escludere l'intervento di fattori causali alternativi e autonomi rispetto all'esposizione a polveri di asbesto, ben potendo la patologia neoplastica essere stata determinata esclusivamente dal tabagismo, mancando ogni segno obiettivo di riferimento diretto del cancro all'amianto.
In definitiva, il percorso logico-giuridico seguito in sentenza per escludere il collegamento dell'evento morte dei lavoratori a una patologia da esposizione professionale ad agenti cancerogeni era stato svolto in maniera del tutto logica e adeguata, con corretta indicazione ex ante delle leggi scientifiche applicabili, l'inferenza induttiva ex post della non riferibilità, con razionale certezza, dei casi concreti nell'ambito di operatività di tali leggi.
Considerazioni
La sentenza in commento chiarisce, ci si augura, in maniera definitiva la differenza fra la morte per mesotelioma e per carcinoma polmonare nei lavoratori esposti all'amianto.
Non bisogna però dimenticare che negli anni passati purtroppo centinaia di lavoratori, a loro insaputa, sono stati esposti all'amianto senza alcun dispositivo di protezione per anni, inalando polveri e fibre cancerogene che ne hanno inesorabilmente minato la salute ed in molti casi cagionato il decesso.
Fonte: Cass.Penale n. 11168/2025
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