mercoledì 12/03/2025 • 14:30
La Cassazione, con sentenza 11 marzo 2025 n. 6436, ha fornito chiarimenti sulla qualificazione dell'intimazione di pagamento emessa dall'agente di riscossione, cambiando orientamento rispetto a quanto sostenuto in precedenza.
redazione Memento
Con la Cassazione n. 6436 dell'11 marzo 2025, è stato stabilito che l'intimazione di pagamento emessa dall'agente della riscossione (in base all'art. 50 c. 2 DPR 602/73) è un atto riconducibile tra gli atti tipizzati impugnabili in via autonoma davanti al giudice tributario (di cui all'art. 19 D.Lgs 546/92), in quanto equiparabile all'avviso di mora. Se alla ricezione dell'intimazione il contribuente non contesta tempestivamente l'intervenuta prescrizione del debito tributario, la pretesa si consolida e l'eccezione di prescrizione diventa inammissibile.
Nel caso di specie, il contribuente aveva impugnato un atto di pignoramento, rilevando l'intervenuta prescrizione del debito tributario, rispetto alla data di notifica delle cartelle di pagamento. La difesa del Fisco, invece, sosteneva che tale eccezione avrebbe dovuto essere proposta avverso la precedente intimazione di pagamento, che invece non era stata contestata su tale punto specifico. Il ricorso è stato rigettato.
Si ricorda che tale sollecito viene notificato dall'agente della riscossione dopo il decorso di un anno dalla notifica della cartella o dell'atto di accertamento, prima di avviare le azioni esecutive (art. 29 DL 78/2010).
La Cassazione ha statuito che l'intimazione di pagamento deve essere qualificata come atto riconducibile all'elencazione di cui all'art. 19 D.Lgs. 546/92 e, in quanto tale, obbligatoriamente impugnabile pena la cristallizzazione dell’obbligazione. Si evidenzia che la pronuncia in commento rappresenta un cambio di orientamento, in quanto nel recente passato (cfr Cass. 17 giugno 2024 n. 16473) il collegio di legittimità aveva, invece, ritenuto che l'intimazione non fosse equiparabile all'avviso di mora e dunque rientrasse tra gli atti solo facoltativamente impugnabili. Di conseguenza, l'eventuale mancata contestazione della stessa non determinava alcuna preclusione in capo al contribuente, in quanto in capo al contribuente sorgeva una facoltà e non un onere di impugnare.
Fonte: Cass. 11 marzo 2025 n. 6436
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Marco Ligrani
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