venerdì 28/02/2025 • 14:49
L'Agenzia delle Entrate, con Risp. 28 febbraio 2025 n. 53 , ha fornito chiarimenti in tema di fruizione del nuovo regime impatriati circa l'allungamento del periodo minimo di residenza all'estero e la riduzione al 40% della base imponibile per entrambi i genitori di figli minori.
redazione Memento
Con la risposta n. 53 del 28 febbraio 2025, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che, ai fini del nuovo regime impatriati, qualora un lavoratore abbia interrotto medio tempore il proprio rapporto di lavoro con il datore di lavoro estero e, quindi, non vi sia continuità tra il rapporto di lavoro svolto all'estero e quello successivamente svolto nel territorio dello Stato, il periodo minimo di residenza all'estero è di sette periodi di imposta se c'è comunque coincidenza tra vecchio datore all'estero e nuovo nel periodo d'imposta precedente il rientro in Italia.
L'Agenzia ha, inoltre, chiarito che la riduzione al 40% della base imponibile, prevista dall'art. 5 c. 4 D.Lgs 209/2024 in presenza di un figlio minore e subordinata alla condizione che durante il periodo di fruizione del regime da parte del lavoratore tale figlio sia residente nel territorio dello Stato, in assenza di ulteriori limiti specifici, può essere applicata ad entrambi i genitori contemporaneamente.
Si ricorda che l'art. 5 D.Lgs. 209/2023 ha introdotto il ''nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati'' che si applica in favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024.
Se il lavoratore al rientro in Italia svolge l'attività lavorativa a favore dello stesso soggetto (datore/gruppo) per il quale lavorava all'estero, è previsto l'allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero che, da 3, aumenta a 6 o 7 anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l'attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all'estero.
La disciplina non specifica la tipologia di rapporto contrattuale che deve intercorrere tra i soggetti; dunque, il periodo minimo di pregressa permanenza all'estero è aumentato a 6 o 7 anni in tutte le ipotesi in cui il contribuente (lavoratore dipendente, assimilato o lavoratore autonomo) al rientro in Italia presti l'attività lavorativa per il medesimo soggetto (datore/gruppo) per il quale ha lavorato all'estero.
Nel caso di specie, l'istante è un cittadino italiano che ha lavorato fino ad aprile 2019 in Italia presso una società Alfa (con la qualifica di Managing Director). A maggio del 2019 si è trasferito in un Paese estero (con iscrizione all'AIRE il 18 giugno 2019) in cui ha continuato a lavorare presso la sede estera della predetta società Alfa da giugno 2019 al 30 giugno 2024. In tale ultima data ha interrotto il suo rapporto di lavoro con la società estera e attualmente esercita da lavoratore autonomo, offrendo consulenza sempre nel Paese estero quale sale trader. Da gennaio 2025 vorrebbe lavorare presso la sede italiana della società per cui aveva già prestato attività lavorativa nel Paese estero, usufruendo del regime di cui all'art. 5 D.Lgs 209/2024.
Come chiarito dall'AE, in questo caso il periodo minimo di residenza all'estero, ai fini dell'applicazione del nuovo regime impatriati, è di sette periodi di imposta in quanto c'è coincidenza tra il datore di lavoro (società/gruppo) per il quale l'istante è stato impiegato all'estero nel periodo d'imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale inizierà a lavorare dopo il trasferimento in Italia. Non rileva, a tal fine, la circostanza che prima del rientro in Italia abbia interrotto il rapporto di lavoro dipendente con il suddetto datore di lavoro per svolgere un'attività di lavoro autonomo.
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Valentino Tamburro
- Of Counsel Tax – BDO Italia – Dottore Commercialista e Revisore LegaleRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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