giovedì 13/02/2025 • 06:00
L'Italia perde l'occasione di adottare l'aliquota IVA ridotta sulla cessione di opere d'arte a partire dal 2025, mantenendo quella ordinaria del 22% per la maggior parte delle transazioni. Dal confronto con i Paesi UE vicini, a rischio la competitività nel settore.
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Nel Decreto Cultura (DL 201/2024), attualmente all'esame del Senato, non trova spazio la riduzione dell'aliquota IVA sulla cessione di opere d'arte, dopo che la Riforma fiscale (L.111/2023), nell'ambito dei principi e criteri direttivi per la revisione dell'imposta sul valore aggiunto, aveva posto come obiettivo quello della riduzione dell'IVA all'importazione di opere d'arte, in recepimento della Direttiva 2022/542/UE, nonché dell'estensione dell'aliquota ridotta (in luogo di quella del 22%) anche alle cessioni di oggetti d'arte, di antiquariato e da collezione.
Non tutti gli Stati membri dell'UE si sono mossi allo stesso modo: la facoltà introdotta dalla Direttiva, da recepire nel diritto interno entro il 31 dicembre 2024 con decorrenza dal 1° gennaio 2025, è stata da alcuni sfruttata, riconoscendo la strategicità del settore artistico e collezionistico. Paesi come la Francia e la Germania, ad esempio, non hanno perso l'occasione di rendersi più competitivi, adottando aliquote ridotte rispettivamente del 5,5% e 7% già da tempo.
Non deve pensarsi, tuttavia, che i regimi fiscali degli altri Paesi siano in assoluto più vantaggiosi rispetto a quello italiano: si pensi, ad esempio, a...
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