mercoledì 05/02/2025 • 13:57
La Cassazione, con ordinanza 2 febbraio 2025 n. 2464, abbandonando la tesi tradizionale, ha stabilito che per superare la presunzione di attribuzione ai soci dei maggiori utili accertati in capo a una società di capitali a ristretta base è possibile dimostrare l'estraneità dei soci alla gestione sociale.
redazione Memento
Con l'ordinanza n. 2464 pubblicata il 2 febbraio 2025, la Cassazione ha stabilito che per superare la presunzione di attribuzione ai soci dei maggiori utili accertati in capo a una società di capitali a ristretta base è possibile dimostrare l'estraneità alla gestione sociale. È necessario, a tal fine, dimostrare che il socio non era a conoscenza dell'esistenza degli utili in quanto non poteva esercitare i diritti sociali come l'accesso a documenti e libri.
In un primo tempo, l'orientamento tradizionale della Cassazione individuava il contenuto della prova contraria a carico dei soci nella sola dimostrazione che i maggiori ricavi dell'ente fossero stati accantonati o reinvestiti (Cass. 24 luglio 2013 n.18032, Cass. 18 ottobre 2017 n. 24534, Cass. 7 dicembre 2017 n. 29412, Cass. 20 dicembre 2018 n. 32959). Successivamente, si è riconosciuta la possibilità per il socio di vincere la presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, avendo ricoperto un ruolo meramente formale di semplice intestatario delle quote sociali, senza avere concretamente svolto alcuna delle attività di gestione e controllo riservate dalla legge e dallo statuto al socio della s.r.l. (cfr da ultimo Cass. 7 giugno 2024 n. 15991, Cass. 4 marzo 2022 n. 7170).
In questa sede, la Cassazione ha voluto ribadire la tesi emersa più di recente – da ultimo confermata dalla Cass. 9 luglio 2024 n. 18764 - che ammette, come prova contraria alla presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, anche la dimostrazione dell'assoluta estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria. Ciò, infatti, non collide affatto con la ragione dell'operatività della presunzione in parola, che si fonda appunto sulla massima di comune esperienza che dalla ristrettezza della base sociale inferisce un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi. Una volta dimostrata, a dispetto della ristretta base sociale, l'assoluta estraneità del socio alla gestione e alla vita stessa della società, la suddetta massima di esperienza perde il suo rilievo probatorio e non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in favore di tutti i soci.
Nel caso di specie, la Guardia di Finanza notificava a una società di un processo verbale di constatazione cui faceva seguito la notifica di quattro avvisi di accertamento con i quali ne veniva rideterminato il maggior reddito per il quadriennio 2014-2017. Gli avvisi di accertamento non venivano impugnati dalla società, divenendo così definitivi. L'Ufficio notificava pertanto ai due soci, titolari ciascuno del 50% delle quote sociali, due distinti avvisi di accertamento con cui venivano ripresi a tassazione i maggiori redditi di capitale e corrispondenti, ciascuno per la propria quota, ai maggiori ricavi accertati in capo alla società e costituenti tutti distribuzione di utili-extrabilancio in considerazione della ristretta base azionaria della società.
I due soci promuovevano separati ricorsi lamentando la violazione del divieto di doppia presunzione. Replicava l'Ufficio rilevando che gli atti impositivi diretti alla società erano divenuti definitivi. Competeva pertanto ai soci fornire la prova contraria di mancata distribuzione degli utili perché accantonati dalla società oppure perché reinvestiti. La CTP li rigettava per mancanza di prova contraria.
Adita in appello dai contribuenti, la CTR riformava però la sentenza di prime cure per non aver l'Amministrazione finanziaria fornito una prova rafforzata a supporto della presunta distribuzione degli utili extra-bilancio. Richiamando alcune pronunce rese da questo Giudice di legittimità, la CTR riteneva invero insufficiente la natura della ristretta base azionaria perché inidonea a resistere alle prove contrarie invece fornite dai contribuenti.
La Cassazione, con l'ordinanza in commento, ha confermato la validità dell'accertamento poiché in questo caso i due soci non hanno dimostrato che gli utili sono stati accantonati e/o reinvestiti dalla società né risulta che abbiano allegato la loro assoluta estraneità alla gestione e conduzione societaria.
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Francesco Verderosa
- Dottore Commercialista, Tributarista, PubblicistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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