lunedì 03/02/2025 • 06:00
Il 29 gennaio sono scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi, 770 e IRAP tardiva. Superato il periodo di 90 giorni rispetto al termine ordinario previsto (quest’anno il 31 ottobre 2024), la dichiarazione si considera omessa. Quali sono le conseguenze per i contribuenti in questi casi?
I contribuenti che entro il 31 ottobre 2024 non hanno presentato la dichiarazione dei redditi, 770 o IRAP, hanno avuto tempo di presentare la dichiarazione tardiva entro il 29 gennaio 2025. Se anche entro tale data non hanno provveduto alla presentazione occorre fare attenzione alle conseguenze sanzionatorie e agli avvisi di accertamento.
Sistema sanzionatorio
Se nel caso di dichiarazione tardiva le conseguenze sanzionatorie sono state tutto sommato irrisorie, nell’eventualità di un’omessa dichiarazione i trasgressori dovranno mettere in conto un carico decisamente maggiore, il quale, però, sarà nella maggior parte delle ipotesi meno oneroso rispetto a quello vigente fino a pochi mesi fa. In via preliminare, infatti, bisogna tenere presente che alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 è applicabile la nuova disciplina di riforma del sistema sanzionatorio tributario, intervenuta ad opera del D.Lgs. 87/2024 (c.d. Decreto Sanzioni), emanato ai sensi dell’art. 20 L. 111/2023.
L’art. 2 del Decreto, in particolare, ha ritoccato in più punti il D.Lgs. 471/97, testo normativo di riferimento in rapporto alle violazioni in materia di dichiarazione dei redditi, 770 e IRAP.
In via generale e nell’inerzia del contribuente, se prima dell’intervento di riforma le sanzioni amministrative in caso di omessa dichiarazione erano sì graduabili, ma all’interno di un range abbastanza elevato, ossia dal 120 al 240% delle imposte dovute, da quest’anno il valore della sanzione resterà bloccato al 120%, ferma restando la somma minima legislativamente prevista pari a 250 euro. Per l’omessa dichiarazione di redditi sottoposti a cedolare secca, invece, la sanzione sarà fissa al 240%, con soglia minima di 500 euro (anche qui il Legislatore ha eliminato il carico graduato).
La sanzione sarà invece modulabile come sempre, non in termini percentuali ma in rapporto a due valori nominali, nel caso in cui la dichiarazione sia stata omessa da soggetti che non risultano debitori nei confronti dell’Erario: in assenza di imposte dovute, infatti, saranno irrogabili dai 250 ai 1.000 euro. Coloro che sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili dovranno in quest’ultimo caso prestare particolare attenzione, poiché nei loro confronti il carico sanzionatorio da ultimo citato sarà aumentabile, per via della riforma, fino al doppio.
Nonostante, nel caso di omessa dichiarazione, resti preclusa la strada della regolarizzazione mediante ravvedimento operoso, il Legislatore ha comunque voluto connettere un effetto premiale alla condotta di chi spontaneamente porti a conoscenza del Fisco la propria posizione tributaria, anche se in ritardo rispetto ai termini previsti per la presentazione della dichiarazione tardiva. Infatti, se la dichiarazione omessa verrà presentata con ritardo superiore a 90 giorni, ma comunque non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 DPR 600/73 (ossia i termini previsti per l’accertamento), dovrà essere applicata in rapporto alle imposte dovute la sanzione prevista dall’art. 13 c. 1 D.Lgs. 471/97 (cioè, la sanzione per omesso versamento, ora del 25 %) aumentata del triplo.
I contribuenti potranno però beneficiare dello sconto concesso, il quale, come visto, permette di passare da una sanzione del 120% ad una del 75%, solamente nella misura in cui non abbiano ancora avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche a loro carico, così come dell’inizio di qualsiasi attività di controllo sostanziale che li riguardi. Nel caso in cui non siano dovute imposte, tornerà applicabile la sanzione modulabile di cui sopra.
Attenzione poi alle conseguenze penali. Fermo restando che a decorrere dal 1° gennaio 2026 sarà applicabile il nuovo T.U. delle sanzioni tributarie amministrative e penali (D.Lgs. 173/2024), l’art. 5 D.Lgs. 74/2000 disciplina il delitto di omessa dichiarazione.
Ai sensi di tale norma, è punibile chiunque, allo scopo di evadere le imposte sui redditi o l’IVA, non presenti la relativa dichiarazione pur essendovi obbligato, purché il tributo evaso sia superiore a 50.000 euro. Comunque, non si considera come omessa la dichiarazione tardiva o la dichiarazione non valida perché carente di sottoscrizione o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
Avvisi di accertamento
Nell’ipotesi di omessa dichiarazione, a dovere preoccupare non è soltanto il correlato carico sanzionatorio, dovendosi altresì tenere conto del prolungamento dei termini per l’accertamento nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
L’art. 43 DPR 600/73 prevede come regola generale che gli avvisi di accertamento debbano essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, ma, nei casi in cui quest’ultima risulti omessa o nulla, il termine slitterà al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
E ancora, non sono da sottovalutare le ricadute sulle modalità stesse di accertamento: in assenza di una valida dichiarazione da rettificare, l’Amministrazione finanziaria dovrà ricorrere al ben poco conveniente accertamento d’ufficio di cui all’art. 41 DPR 600/73.
Il reddito del contribuente, pertanto, potrà essere ricostruito complessivamente sulla base di dati e notizie comunque raccolti e mediante l’utilizzo di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, anche prescindendo dalle eventuali scritture contabili correttamente tenute.
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