sabato 01/02/2025 • 06:00
La Cassazione è intervenuta sul contraddittorio procedimentale previsto dall'art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente. Il principio di diritto enunciato è utile nell'interpretazione dell'art. 6-bis dello Statuto, che ne ha preso il posto (Cass. 7 gennaio 2025 n. 287).
Contraddittorio procedimentale e schema d'atto
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 287 del 7 gennaio 2025, ha fornito un principio di diritto molto importante in merito all'interpretazione dell'art. 12, ultimo comma, dello Statuto dei diritti del contribuente, che disciplinava l'istituto del contraddittorio procedimentale per le verifiche effettuate con accessi, ispezioni e verifiche, prevedendo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo e l'osservanza di un termine di sessanta giorni, prima dell'emissione dell'avviso di accertamento, entro il quale era concessa al contribuente la facoltà di comunicare osservazioni e richieste, che dovevano esser valutate dagli uffici impositori.
Il caso è particolare: ad una società verificata, in sede di notifica del processo verbale di constatazione erano stati aggiunti altri rilievi, non inclusi nello stesso, e non era poi stato osservato il termine di sessanta giorni.
Il principio di diritto stabilito dalla Corte è importantissimo: “in materia di contraddittorio endoprocedimentale di cui all'art. 12 c. 7 L. 212/2000, nel caso in cui l'Ufficio – dopo la notifica del PVC redatto a seguito di accesso, ispezione o verifica presso il contribuente e nel corso del contraddittorio instauratosi a seguito della comunicazione da parte del contribuente delle osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori – formuli ulteriori rilievi o nuove contestazioni rispetto a quelle contenute nel PVC, delle quali il contribuente venga a conoscenza per la prima volta, il termine di sessanta giorni di cui ancora all'art. 12 c. 7 L. 212/2000 inizia a decorrere a partire dal momento in cui l'Ufficio ne notizia il soggetto sottoposto a controllo e non dalla precedente data di consegna o notificazione del PVC, anche se i fatti materiali conosciuti dall'Amministrazione finanziaria e posti a base della nuova contestazione sono stati già rilevati in occasione della redazione del PVC medesimo”.
La sentenza, nella sua convincente motivazione, non ha mancato di ricordare la sentenza n. 47 del 2023 della Corte costituzionale, che, pur rigettando la questione sottoposta, aveva espresso un chiaro monito al legislatore, invitandolo espressamente a considerare che la Corte stessa aveva già riconosciuto che il contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione del giusto procedimento, svolgeva un ruolo centrale nell'ordinamento. Questo monito, come noto, è stato raccolto con la L. 111/2023 e con l'art. 6-bis dello Statuto, che è stato emesso con il D.Lgs. 219/2023.
Ma altri passaggi della nitida sentenza n. 287 del 2025 della Corte di Cassazione sono rilevanti.
Anzitutto, allorquando la Corte, anche richiamando i propri precedenti, ha ribadito che il contraddittorio endoprocedimentale deve esser pieno ed effettivo, poiché è espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione finanziaria e contribuente di cui all'art. 97 Cost. ed è funzionale ad un migliore esercizio della potestà impositiva.
Ancora, laddove la Corte ha sottolineato che, se non si interpretasse così, sarebbe sufficiente per l'ufficio “innovare o modificare le proprie contestazioni” nel corso del contraddittorio per frustrare di fatto la norma, giungendo ad una interpretazione abrogante che sarebbe in assoluta dissonanza con il trend seguito dal legislatore in merito al contraddittorio endoprocedimentale.
In altri termini, la Corte non tollera che la funzione del contraddittorio sia frustrata rendendo lo stesso un mero adempimento amministrativo privo di effettivo contenuto informativo – e perciò inidoneo a svolgere la funzione assegnatagli dall'ordinamento – come accadrebbe se fosse permesso all'ufficio rappresentare alcune ragioni in merito alla ripresa fiscale e poi modificarle o aggiungerne altre.
L'arresto della Corte, in effetti, è rilevante non solo per le controversie pendenti in merito all'art. 12, ultimo comma, dello Statuto, ma anche – e qui è forse il punto di maggior interesse – per l'interpretazione dell'art. 6-bis dello Statuto.
Come noto, con l'art. 6-bis è stata data attuazione all'art. 17 c. 1 lett. b L. 111/2023 che aveva previsto un contraddittorio generalizzato, con esclusione dei controlli automatizzati e similari. E, nella norma delegata, è stato stabilito che tutti gli atti autonomamente impugnabili devono esser preceduti, a pena di annullabilità, “da un contraddittorio informato ed effettivo”. A tal fine, l'amministrazione finanziaria deve comunicare al contribuente uno schema d'atto, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentire controdeduzioni o per effettuare l'accesso agli atti. Aggiungendo, all'ultimo comma, che l'atto adottato all'esito del contraddittorio deve tener conto delle osservazioni del contribuente e deve esser motivato con riferimento alle osservazioni che l'amministrazione ritiene di non accogliere.
Il nuovo istituto, così configurato, non è andato esente da critiche. Dalla parte dell'amministrazione finanziaria, se ne è contestato l'estremo dettaglio, con conseguente aggravio di lavoro. Da taluni, invece, si è rilevato come, proprio per via di questo maggior lavoro, sia difficile, anche psicologicamente, che l'amministrazione finanziaria faccia passi indietro, una volta notificato lo schema d'atto (d'altro canto, si è visto, nella pratica, come lo schema d'atto sia anche graficamente, oltre che da un punto di vista contenutistico, molto simile all'atto impositivo successivo).
Osservazioni
Il punto è questo: fino a quando è permesso all'amministrazione finanziaria cambiare le ragioni di diritto poste a base della ripresa fiscale od anche solo aggiungerne altre?
La risposta più rigorosa è proprio quella che deriva dalla lettura della sentenza della Corte di Cassazione ricordata: non è permesso, nemmeno se la pretesa è basata sugli stessi fatti materiali già esposti, in questo caso nello schema d'atto notificato.
Da lungo tempo, difatti, si è affermata la particolarità del contraddittorio procedimentale, fisiologicamente a due (amministrazione finanziaria e contribuente) e non a tre (poiché manca il giudice, a differenza del contraddittorio processuale).
Ed allora, perché il contraddittorio sia “informato ed effettivo”, occorre la prospettazione al contribuente degli addebiti, non solo rappresentando i fatti ma anche le ragioni giuridiche su cui la pretesa è fondata. Con tutto il dettaglio analitico previsto dall'art. 6-bis.
Ma, se quelle ragioni giuridiche dovessero mutare, anche solo per esser state incrementate, dovrà esser emesso un nuovo schema d'atto, poiché altrimenti l'atto impositivo susseguente sarebbe annullabile.
In altri termini, se la ripresa è basata sugli argomenti A e B, non potrà l'amministrazione finanziaria aggiungere l'argomento C per basarla o rinforzarla, senza emettere un nuovo schema d'atto.
Ed anche la risposta agli argomenti A e B (vale a dire, la motivazione con riferimento alle osservazioni del contribuente nelle controdeduzioni) deve rimanere entro gli steccati delle stesse argomentazioni, poiché non si può consentire l'escamotage di travestire da risposta un'argomentazione nuova.
Ciò sarebbe, difatti, in contrasto con il chiaro orientamento della sentenza n. 247 del 2025 della Corte, che non tollera “ulteriori rilievi o nuove contestazioni”, nemmeno sugli stessi fatti materiali. Oltre che con la logica di sistema.
Fonte: Cass. 7 gennaio 2025 n. 287
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Emiliano Covino
- Avvocato cassazionista, Professore aggiunto Unitus, Ricercatore Tor VergataRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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