giovedì 23/01/2025 • 06:00
Il 31 gennaio è il termine entro cui dichiarare all'Agenzia delle Entrate le variazioni di coltura dei terreni verificatesi nel 2024. L'obbligo, tuttavia, è limitato alle sole ipotesi in cui le variazioni non siano state comunicate agli organismi pagatori degli aiuti PAC o non siano presenti nel fascicolo aziendale.
In catasto, ogni terreno esprime due tipologie di reddito: dominicale e agrario. Il primo rappresenta il reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso il potenziale esercizio delle attività agricole per la parte «dominicale», ossia quel reddito che, indipendentemente dall'effettivo esercizio dell'attività, si presume derivare al dominus per il solo fatto di detenere la titolarità del diritto reale. Il reddito agrario, invece, rappresenta la redditività media dell'attività agricola mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltura, in rapporto con il capitale d'esercizio e con la forza lavoro occorrente. Diversamente dal dominicale, la titolarità del reddito agrario appartiene a chi coltiva il terreno, anche se non coincide con il titolare del diritto reale.
Redditi dominicali e agrari dei terreni assumono rilevanza non solo per la determinazione delle imposte sui redditi, ma anche delle imposte indirette, quali imposta di registro, ipotecaria e catastale dovute in caso di trasferimenti, nonché per la tassazione immobiliare locale IMU.
I contribuenti, annualmente, devono verificare che le colture praticate sui terreni corrispondano a quanto emerge dal catasto terreni relativamente a “qualità” e “classe”. Da tali dati, che identificano la coltura praticata, scaturisce la corretta tariffazione dei redditi dominicali e agrari secondo le tariffe stabilite dal DM del 7 febbraio 1984.
Obbligo di denuncia
Qualora nell'anno siano intervenute variazioni o sostituzioni delle colture, dal momento che tali eventi hanno ricadute sulla quantificazione dei due redditi, ai proprietari o, se diversi, ai conduttori dei terreni, l'art. 30 TUIR impone l'obbligo di denunciare all'ufficio territorialmente competente dell'ex Catasto le variazioni colturali entro il 31 gennaio dell'anno successivo. La denuncia di variazione si predispone con il software “Docte 2” o sull'apposito modello pubblicato sul sito delle Entrate “Dichiarazione variazioni della coltura”.
Aspetto molto interessante delle denunce presentate è rappresentato dal momento a decorrere dal quale attribuire vigenza ai nuovi redditi scaturiti dalla variazione. In virtù del citato art. 30 TUIR, infatti, se la variazione determina un aumento delle tariffe, i nuovi redditi assumono valore ai fini delle imposte sui redditi dall'anno di presentazione della denuncia e non dall'anno (precedente) oggetto di dichiarazione. Al contrario, se la variazione determina una riduzione dei redditi dominicale e agrario, la medesima norma prevede che i minori redditi abbiano effetto già a valere dall'anno in cui si è verificata la variazione di coltura che li ha generati, ma sempre a condizione che la denuncia venga presentata nel termine del 31 gennaio dell'anno successivo. Oltre tale data, i nuovi redditi assumono rilevanza dall'anno di presentazione della denuncia. Ove il contribuente ometta di presentare la denuncia di variazione colturale, è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa che può oscillare da 250,00 a 2.000,00 euro. Ma ciò esclusivamente qualora l'omissione sia relativa alla denuncia di una variazione in aumento. L'aspetto sanzionatorio è disciplinato dall'art. 3 D.Lgs. 471/97. L'omissione, comunque, è sanabile mediante le ordinarie regole in tema di ravvedimento operoso ex art. 13 D.Lgs. 472/97.
La massiccia esclusione dall'obbligo di denuncia
La denuncia delle variazioni colturali secondo le disposizioni del TUIR, tuttavia, è quasi del tutto caduta in disuso. Il motivo è ascrivibile a quanto disposto dall'art. 2 c. 33 DL 262/2006 in virtù del quale, dal 1° gennaio 2007, le dichiarazioni relative all'uso del suolo sulle singole particelle catastali rese dai soggetti agli organismi pagatori al fine della percezione dei contributi agricoli in ambito PAC, esonerano i soggetti interessati dall'obbligo di denuncia catastale. Medesimo automatismo è previsto in caso di aggiornamento del fascicolo aziendale istituito dal DPR 503/99 e regolamentato dal DM 162/2015. Questa nuova procedura, se da un lato risponde ad una esigenza di semplificazione, non collima con quanto previsto dalle norme del TUIR in tema di decorrenza delle variazioni. Ove, difatti, il contribuente ottemperi alla denuncia di variazione mediante la dichiarazione all'organismo pagatore, i nuovi redditi producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell'anno in cui viene presentata la dichiarazione. Ciò, nell'ipotesi di una variazione in aumento, penalizza il contribuente in quanto, normalmente, le dichiarazioni rese dagli agricoltori ai fini dei contributi PAC sono relative all'anno in corso per cui non beneficerebbero del differimento della vigenza dei nuovi maggiori redditi al 1° gennaio dell'anno successivo.
La conclusione delle operazioni di variazione è resa nota dall'ex Agenzia del territorio mediante apposito comunicato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Nessuna notifica, pertanto, viene effettuata ai contribuenti. Questo aspetto è fondamentale poiché è possibile impugnare le nuove risultanze catastali dinanzi al giudice tributario entro 120 giorni dalla pubblicazione del comunicato. È previsto, inoltre, che per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del comunicato, sia data pubblicità delle variazioni presso i comuni interessati, tramite gli uffici provinciali e sul sito internet dell'Agenzia. Il comunicato più recente è stato pubblicato il 31 dicembre scorso nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 305. L'interoperabilità tra Agea e Agenzia delle entrate è disciplinata dal provvedimento dell'Agenzia del territorio del 29 dicembre 2006 in Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2007.
Con riferimento alla decorrenza fiscale delle variazioni, in maniera leggermente diversa stanno le cose per l'IMU. L'art. 1 c. 746 L. 160/2019 prescrive che ai fini della determinazione dell'imponibile va preso a riferimento il reddito dominicale risultante in catasto alla data del 1° gennaio dell'anno d'imposizione. Tale regola, sia pure con riferimento alla previgente, ma identica normativa, trova conferma nella circolare del Dipartimento delle Finanze n. 3/DF del 2012. Ma ogni dubbio è stato fugato dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 4613 del 2018 con la quale è stato sancito che la variazione del reddito dominicale, anche ove predisposta da Agea, ha sempre effetto dall'anno successivo a quello di “messa in atti” in Catasto.
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Maurizio Tarantino
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