giovedì 02/01/2025 • 06:00
Uno strumento spesso sottovalutato, la certificazione del contratto di lavoro permette di ottenere una qualificazione del contratto, conferendogli certezza sugli effetti giuridici. In fase di consulenza con le aziende, la certificazione può rappresentare un elemento importante di fronte all’incertezza del nostro diritto.
La certificazione dei contratti può essere ritenuta uno strumento di diritto innovativo che permette di avere una certezza sul contratto certificato.
Si tratta di uno strumento volontario, semplice e con una funzione attiva da parte delle parti contrattuali che spontaneamente vogliono verificare la correttezza del contratto di lavoro stipulato o da stipulare.
Introdotto dalla Riforma Biagi, D.Lgs. 276/2003, consiste in una particolare forma di certificazione/asseverazione che attesta l'esatta qualificazione del rapporto di lavoro in relazione al contratto stipulato, rilasciata da appositi soggetti terzi ed imparziali come le commissioni di certificazioni, abilitate in forza di legge anche a fornire l'assistenza e la consulenza alle parti contrattuali.
L' art. 75 D.Lgs. 276/2003 prevede, proprio con la finalità di ridurre il contenzioso, l'istituto volontario della certificazione dei contratti ove sia direttamente o indirettamente dedotta una prestazione di lavoro.
I certificatori
Ma quali sono gli organi abilitati alla certificazione dei contratti?
L'art. 76 D.Lgs. 276/2003 indica questi organi, che di seguito elenchiamo:
a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo quanto stabilito da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate nell'albo di cui al comma 2, esclusivamente nell'ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;
c-bis) il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle risorse umane e strumentali già operanti presso la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro;
c-ter) i consigli provinciali dei consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (e comunque unicamente nell'ambito di intese definite tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, con l'attribuzione a quest'ultimo delle funzioni di coordinamento e vigilanza per gli aspetti organizzativi).
Il processo di certificazione
La legge 183/2010 (collegato lavoro) ha introdotto importanti specifiche per rafforzare il valore certificativo in relazione al suo valore anche nei confronti del giudice.
Ricordiamo che il procedimento di certificazione può essere effettuato anche su contratti in essere e quindi avere un effetto retroattivo, sempre in relazione alla sua funzione di strumento deflattivo del contenzioso.
La commissione di certificazione è un ente terzo di controllo che deve attenersi alla valutazione di quelle che sono le dichiarazioni delle parti ed alla documentazione ricevuta senza in alcun modo sovrapporre la propria visione estensiva.
Al termine del processo di certificazione, il provvedimento conferisce forza legale al contratto certificato verso tutti i soggetti terzi nella cui sfera giuridica esso è destinato ad avere riflessi.
Questa forza avrà efficacia fino alla eventuale sentenza di merito del giudice ordinario o alla decisione in primo grado del giudice amministrativo, dove si potrà determinare la disapplicazione o l'annullamento del provvedimento di certificazione.
L'utilità dello strumento
Da questa evidenza sintetica del processo di certificazione è naturale domandarsi se oggi, trascorsi 20 anni dalla sua introduzione, sia ancora utile, valido e percorribile.
La risposta è assolutamente positiva. La certificazione rimane uno strumento volontario, di deflazione del contenzioso e di estrema utilità nell'affermare la corretta gestione del rapporto di lavoro.
Ad oggi può essere assimilato allo strumento della patente a crediti in edilizia, con cui le aziende spontaneamente e volontariamente si mettono “a nudo” nei confronti della Pubblica amministrazione, dimostrando o dichiarando di rispettare pienamente la normativa attuale.
Molto spesso nella fase di consulenza con le aziende, la certificazione può rappresentare un elemento importante apprezzato dall'imprenditore che nell'incertezza del nostro diritto trova un barlume di speranza.
Contratti di appalto, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ma anche clausole accessorie come il patto di stabilità o il patto di non concorrenza, sono elementi che possono essere certificati e, quindi, blindati sia in fase costitutiva che in una seconda fase, determinando sicurezza e stabilità negli accordi.
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Dario Ceccato
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