sabato 21/12/2024 • 06:00
Con una diversa interpretazione, i giudici ritengono la sussistenza di un profitto ingiusto con correlativo danno per lo Stato tramite creazione del credito fittizio derivante dal Superbonus anche laddove non si verifichi la compensazione (Cass. 13 dicembre 2024 n. 45868).
Con i crediti fittizi derivanti dal Superbonus viene integrato il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.).
Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche
Il Legislatore, con l'art. 640-bis c.p., per far fronte al fenomeno dell'abusiva captazione di finanziamenti ed erogazioni pubbliche, ha precisato che la pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'art. 640 riguarda contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee. Come sottolineato in dottrina, trattasi di circostanza aggravante della fattispecie di truffa e non una autonoma figura di reato. Ciò in base alla considerazione che la descrizione della fattispecie non muta gli elementi essenziali del reato base, ma introduce solamente un oggetto materiale specifico, prevedendo il Legislatore che la condotta truffaldina riguardi contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero erogazioni dello stesso tipo. Ebbene, in materia di compensazione di bonus edilizi, secondo altro orientamento della Cassazione, la configurazione del reato è basata sulla costituzione del credito fiscale fittizio e la sua cessione a terzi, senza considerare l'effettivo utilizzo in compensazione. Difatti, a parere dei giudici, il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche è configurabile solo quando i crediti ceduti sono stati effettivamente riscossi o utilizzati in compensazione. Quindi, solo a questo punto si può parlare di danno concreto per lo Stato, in quanto si verifica una perdita di denaro reale. Gli Ermellini hanno poi precisato che prima che si realizzi il danno allo Stato, può esistere solo il tentativo di truffa o eventualmente una truffa ai danni dei cessionari dei crediti fittizi (in tal senso Cass. 7 marzo 2024 n. 23402).
Indebita compensazione di debiti fiscali con crediti fiscali inesistenti
Nella vicenda in esame era stata disposta nei confronti di Tizio la misura cautelare degli arresti domiciliari per essere esso gravemente indiziato dei reati contestati e della partecipazione a un'associazione per delinquere finalizzata all'indebita compensazione di debiti fiscali con crediti fiscali inesistenti. In particolare, risultava l'indebita acquisizione dei crediti d'imposta da parte di Tizio e, segnatamente, la presentazione di domande per accedere a tali crediti a fronte di opere edilizie mai effettuate e a esborsi mai sostenuti; l'utilizzazione degli stessi crediti, così illecitamente ottenuti, in parte compensandoli, in parte cedendoli e in parte cercando infruttuosamente di cederli a agli istituti di credito. Sulla base delle indicate circostanze, i giudici avevano concluso nel senso dell'integrazione delle fattispecie di cui agli artt. 640-bis e 648-ter 1. c.p., escludendo, invece, la sussistenza del reato di cui all'art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 (in quanto la compensazione operata era inferiore alla prevista soglia di punibilità). Avverso il provvedimento, il ricorrente proponeva ricorso in Cassazione e, tra i vari motivi, sosteneva che la mera esistenza di crediti d'imposta nel proprio cassetto fiscale non poteva integrare la propria responsabilità per gli stessi reati né, tanto meno, per quello associativo, tenuto altresì conto che, nel reato di truffa, il danno deve avere un contenuto necessariamente patrimoniale ed economico e consistere "in una lesione concreta e non soltanto potenziale.
Operazioni fraudolente
Secondo la Corte Cassazione penale (sentenza del 13 dicembre 2024 n. 45868), i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche erano stati realizzati mediante la cessione di crediti d'imposta fittizi in luogo delle detrazioni fiscali del Superbonus 110% (art. 121 DL 34/2020), in quanto la menzionata agevolazione fiscale era stata richiesta in totale assenza dei relativi presupposti costitutivi (in particolare, dell'effettivo compimento delle opere incentivate). Nel caso in esame, le condotte delittuose contestate all'indagato consistevano nel generare, mediante le operazioni fraudolente, dei crediti d'imposta inesistenti, in quanto fondati su dei diritti alla detrazione dei quali mancavano del tutto i presupposti costitutivi (in particolare, quello dell'effettivo compimento delle opere incentivate), e nell'optare per la cessione degli stessi crediti, i quali venivano quindi ceduti, in un caso ad una banca e, negli altri casi ad altro istituto di credito che peraltro, li rifiutava. Con la conseguenza che i tre crediti d'imposta erano rimasti nel cassetto fiscale dell'indagato.
La creazione dell'ingiusto profitto tramite i crediti fittizi
Il ricorrente sosteneva che, in tal contesto, non si sarebbe prodotto alcun reato per la ragione che i crediti fittizi in contestazione non erano stati utilizzati in compensazione. Secondo i giudici, invece, nella fattispecie di cui all'art. 640-bis c.p., il danno che può assumere rilievo appare essere quello che va a incidere sull'ente erogatore (cioè, nella specie, sullo Stato); sicché, le truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche commesse generando un credito d'imposta inesistente in quanto fondato su un diritto alla detrazione del quale manchino del tutto i presupposti costitutivi si consumino con la creazione dello stesso credito mediante l'esercizio dell'opzione, di cui alla lett. b) del comma 1 dell'art. 121 DL 34/2020, per la cessione a terzi di un credito d'imposta di ammontare pari a quello della suddetta detrazione, senza che, per la stessa consumazione, contrariamente a quanto mostra di ritenere la ricorrente, sia necessario che il credito fittizio così creato venga utilizzato in compensazione dall'apparente beneficiario della detrazione (o sia da lui riscosso) o da un cessionario dello stesso credito. Dunque, secondo i giudici di legittimità, in tal contesto, l'agente crea un credito nei confronti dello Stato (e, quindi, un debito di esso) del tutto inesistente - in quanto generato in assenza di qualsiasi fonte giustificativa dell'obbligazione nell'effettiva realtà dei fatti - e che, come si è visto, è naturalmente destinato a essere prontamente utilizzato dai terzi cessionari in compensazione, gli effetti della quale sono di assai incerta neutralizzabilità, in particolare, nel caso in cui tale utilizzo sia fatto da cessionari in buona fede. Alla luce di tali peculiarità dei crediti da Superbonus, si deve ritenere che già con la creazione del credito fittizio mediante l'esercizio dell'opzione di cui alla lett. b) del comma 1 dell'art. 121 DL 34/2020, l'agente consegua il profitto ingiusto con correlativo danno per lo Stato.
Sviamento dei fondi pubblici rispetto alla loro corretta destinazione
Secondo la Corte di Cassazione, la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis c.p. costituisce una circostanza aggravante del delitto di truffa di cui all'art. 640 c.p. dello stesso codice e non una figura autonoma di reato, sicché l'evento danno di tale fattispecie aggravata di truffa si atteggia non come danno da oggettiva riduzione del patrimonio pubblico ma come danno, più specificamente, da sviamento dei fondi pubblici rispetto alla loro corretta destinazione, come appare comprovato anche dal riferimento, che è stato operato dal Legislatore nella formulazione dell'art. 640-bis c.p., non solo all'erogazione dei contributi, finanziamenti, mutui agevolati ma anche, alternativamente, alla concessione di essi ("concessi o erogati"), con la quale il suddetto sviamento si può parimenti realizzare. Per queste ragioni, con il presente provvedimento, la S.C. ritiene di non condividere l'orientamento espresso dal precedente provvedimento (7 marzo 2024 n. 23402) secondo cui "solo quando i crediti ceduti sono stati materialmente riscossi o compensati può dirsi realizzato il danno per lo Stato, per essersi verificata la concreta perdita del denaro, siccome erogato a rimborso di un credito fittizio ovvero non incassato per effetto di compensazione con un credito fittizio".
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Domenico Frustagli
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