Una lavoratrice ha adìto il Tribunale di Reggio Emilia contestando la nullità e/o l'illegittimità di una serie di contratti di somministrazione intercorsi con una ditta utilizzatrice nell'arco temporale compreso tra l'8 aprile 2019 e il 18 settembre 2023. Sino all'aprile del 2022, tra le parti si erano succeduti diversi contratti di somministrazione a termine, tutti intervallati da periodi non lavorati che erano durati anche alcuni mesi; dal 1° aprile 2022, la lavoratrice era stata assunta a tempo indeterminato dall'agenzia, che a sua volta l'aveva inviata in missione a tempo indeterminato in staff leasing sempre presso la stessa impresa utilizzatrice. Il rapporto era poi cessato il 18 settembre 2023.
Secondo la lavoratrice, la successione dei contratti appena ripercorsa avrebbe dato luogo ad una elusione del principio di temporaneità del ricorso alla somministrazione, a suo dire applicabile anche allo staff leasing; chiedeva pertanto la declaratoria di nullità dei contratti, con suo conseguente diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell'utilizzatore ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. 81/2015.
La decisione del Tribunale: le diverse possibili letture della Direttiva 2008/104/CE
Va premesso che la decisione del Tribunale di Reggio Emilia si inserisce nel solco di alcuni precedenti di legittimità e di merito che, seppur con argomentazioni diverse, hanno via via imposto limiti sempre più stringenti alla somministrazione, facendo leva in particolare sull'applicazione del principio di temporaneità.
Il leading case in materia è rappresentato dall'ordinanza n. 23445/2023 della Corte di Cassazione, ove è stato affermato un duplice principio:
- la reiterazione dei contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato presso il medesimo utilizzatore è possibile solo ove ciò riguardi un lasso di tempo che possa essere ragionevolmente qualificato come «temporaneo»;
- spetta al giudice – secondo una valutazione da farsi caso per caso - il compito di stabilire quando debba intendersi superato il limite della temporaneità e quando dunque il rapporto debba essere convertito in un rapporto a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore.
Ovviamente questa sentenza ha aperto le porte ad un vasto contenzioso.
Ad esempio il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso formulato da un lavoratore che intendeva far accertare la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato alle dipendenze della società utilizzatrice, presso la quale era stato inviato in missione per poco più di 3 anni, per violazione del principio di temporaneità fissato a livello comunitario, ritenendo del tutto irrilevante il fatto che il lavoratore fosse stato assunto a tempo indeterminato dall'agenzia (Trib. Milano 16 gennaio 2024).
Ancor più radicale è stata la presa di posizione del Tribunale di Trieste, che ha addirittura stigmatizzato la stessa decisione delle aziende di ricorrere allo staff leasing, parificandolo ad una vera e propria forma di precarizzazione del lavoro; secondo il Tribunale di Trieste, infatti, ammettere uno staff leasing senza limiti di tempo e «prescindente da un'esigenza di natura temporanea» significherebbe «…liberalizzare il ricorso a tale tipologia contrattuale senza alcuna limitazione, consentendo di eludere sin troppo facilmente le tutele a salvaguardia della tendenziale stabilità del rapporto…» (Trib. Trieste, 14 novembre 2023). Dunque, la temporaneità non dovrebbe caratterizzare solo l'invio in missione del lavoratore assunto a termine dall'agenzia presso la ditta utilizzatrice, ma anche la stessa decisione di ricorrere alla somministrazione di manodopera, che dovrebbe richiedere sempre e comunque una ragione temporanea posta alla sua base.
Il Tribunale di Reggio Emilia torna sulla questiona analizzata dal Tribunale di Trieste ma si pone dei dubbi circa la corretta interpretazione del diritto comunitario. Il giudice remittente, infatti, sembra essere consapevole del fatto che la Direttiva 2008/104/CE (relativa al lavoro tramite agenzia interinale) non dovrebbe trovare applicazione allo staff leasing, come desumibile del resto dal suo art. 1, che ne limita l'applicazione a quei lavoratori «che sono assegnati a imprese utilizzatrici per lavorare temporaneamente e sotto il controllo e la direzione delle stesse”.
Tuttavia, il giudice argomenta che escludere lo staff leasing dal campo di applicazione della direttiva vorrebbe dire frustrare la ratio della direttiva comunitaria che sarebbe quello di scongiurare la precarizzazione del mercato del lavoro: «Se è vero infatti che con la somministrazione a tempo indeterminato (o staff leasing) il lavoratore percepisce nei periodi di mancato invio in missione l' indennità di disponibilità, egli tuttavia non gode di meccanismi di tutela sotto il profilo della durata della missione stessa, considerato che nelle clausole contrattuali è sempre prevista la possibilità di variare l'assegnazione del lavoratore ad altra missione prima della scadenza del termine o di anticipare il termine della missione, fatta salva l' erogazione dell'indennità di disponibilità (…) Ne consegue che nei confronti del lavoratore neppure lo staff leasing esclude la precarizzazione, che viene impedita solo da una garanzia di continuità di attività lavorativa in termini economici e di professionalizzazione».
A parere di chi scrive, l'obiettivo che il giudice remittente si pone non è tanto quello di far verificare la compatibilità con il diritto comunitario del diritto interno in materia di staff leasing quanto, piuttosto, quello di sollecitare una diversa lettura delle disposizioni della direttiva che, ad oggi, non sembrano imporre limiti di sorta allo staff leasing, tanto meno in termini di temporaneità.
Anzi, a dire il vero è proprio la direttiva sul lavoro interinale a mettere in luce la peculiare stabilità che caratterizza il rapporto di lavoro del dipendente assunto in staff leasing. Ad esempio, al considerando n. 15 della direttiva viene precisato che «Nel caso dei lavoratori legati all'agenzia interinale da un contratto a tempo indeterminato, tenendo conto della particolare tutela garantita da tale contratto, occorrerebbe prevedere la possibilità di derogare alle norme applicabili nell'impresa utilizzatrice», mentre l'art. 5, comma 2 prevede una possibilità di deroga al principio della parità di trattamento tra lavoratori diretti e somministrati «nel caso in cui i lavoratori tramite agenzia interinale che sono legati da un contratto a tempo indeterminato a un'agenzia interinale continuino a essere retribuiti nel periodo che intercorre tra una missione e l'altra» (proprio come avviene in Italia).
La «particolare tutela» garantita dallo staff leasing emerge in modo netto anche dalla lettura delle norme di diritto interno.
In primis vale la pena richiamare l'art. 31 comma 1 del D.Lgs. 81/2015, che ammette la possibilità di somministrare a tempo indeterminato solo dipendenti assunti a tempo indeterminato dall'agenzia.
Oltre all'art. 31 si potrebbero richiamare anche diverse clausole del CCNL delle agenzie di somministrazione, che prevedono un vasto catalogo di tutele in favore del lavoratore assunto in staff leasing (ad esempio, prima di procedere con il licenziamento del lavoratore per mancanza di occasioni di lavoro, l'agenzia è tenuta a seguire una precisa procedura volta a favorire la riqualificazione e ricollocazione del lavoratore, e solo una volta che questo percorso non ha prodotto un esito positivo è possibile procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente).
Ad ogni modo, sebbene le preoccupazioni del Tribunale di Reggio Emilia possano sembrare eccessive, un intervento della Corte di Giustizia appare senz'altro auspicabile, a patto ovviamente che da ciò scaturisca un intervento interpretativo chiaro e che possa essere applicato in modo uniforme da tutti gli operatori.
Fonte: Trib. Reggio Emilia ord. 7 novembre 2024