venerdì 06/12/2024 • 06:00
Il credito IVA emergente in capo al soggetto passivo che ha cessato l’attività può essere chiesto a rimborso, ma non riportato a nuovo neppure quando l’attività sia stata ripresa. Lo ha chiarito la Corte di Giustizia UE con sentenza 5 dicembre 2024 C-680/23.
La Corte di giustizia UE, con la sentenza 5 dicembre 2024, causa C-680/23, è intervenuta sull'interpretazione dell'art. 183 c. 1 Direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale gli Stati UE possono prevedere che l'eccedenza detraibile risultante da un periodo d'imposta sia riportata al periodo successivo o chiesta a rimborso.
Descrizione del caso
Una società portoghese ha cessato l'attività economica con effetto dal 28 febbraio 2015 e, nella dichiarazione IVA relativa al primo trimestre del 2015, ha esposto un credito IVA.
Il 10 maggio 2016, la società ha ripreso l'attività e, nella prima dichiarazione presentata, ha scomputato l'eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione del primo trimestre del 2015.
L'Amministrazione tributaria ha negato la detrazione, ritenendo che la società avrebbe dovuto chiederne il rimborso entro 12 mesi dalla cessazione dell'attività e che, in considerazione della mancata richiesta di rimborso, il credito IVA era perduto.
In base alla normativa interna, infatti, l'impresa che ha cessato la propria attività non può riportare l'eccedenza di IVA dopo la ripresa dell'attività, ma può chiederne il rimborso entro il termine di 12 mesi dalla data di cessazione dell'attività.
Il giudice nazionale si è interrogato sull'interpretazione della nozione di “periodo successivo”, di cui all'art. 183 c. 1 Direttiva n. 2006/112/CE.
Secondo l'Amministrazione tributaria, tale espressione deve essere intesa come riferita al periodo immediatamente successivo a quello per il quale il credito IVA è stato dichiarato. Secondo la società, invece, può esistere un intervallo temporale, dovuto alla ripresa dell'attività precedentemente cessata, tra il periodo rispetto al quale l'eccedenza IVA è stata dichiarata e il periodo nel corso del quale l'eccedenza è detratta.
Pertanto, alla Corte europea è stato chiesto se l'espressione “periodo successivo”, di cui all'art. 183 Direttiva n. 2006/112/CE, si riferisca letteralmente al periodo immediatamente successivo dell'anno e, in caso di risposta negativa, se un'impresa che cessi l'attività e la riprenda dopo 15 mesi, possa detrarre, nella prima dichiarazione presentata, l'importo dell'eccedenza riportato al momento della cessazione dell'attività.
Divieto di riporto dell'eccedenza detraibile
Ad avviso della Commissione europea, la nozione di “periodo successivo”, in quanto espressa al singolare, implica che la stessa debba essere riferita al periodo immediatamente successivo a quello in cui il credito IVA è stato generato. Inoltre, in conformità all'art. 252 Direttiva n. 2006/112/CE, la durata di un periodo d'imposta è fissata da ciascuno Stato membro entro i limiti determinati dal par. 2 dello stesso articolo, senza che tale durata, o la successione dei periodi d'imposta, dipenda dallo svolgimento di un'attività economica in tutto o una parte di un determinato periodo d'imposta.
Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il riporto dell'eccedenza detraibile a vari periodi d'imposta successivi a quello in cui l'eccedenza è sorta non è incompatibile con l'art. 183 Direttiva n. 2006/112/CE.
Tuttavia, è l'esistenza dell'attività economica che giustifica la qualifica di soggetto passivo, al quale è riconosciuto il diritto alla detrazione.
Di conseguenza, un operatore che cessi l'attività perde automaticamente la qualifica di soggetto passivo IVA, venendo pertanto meno la continuità dei periodi d'imposta prevista dall'art. 183 c. 1 Direttiva n. 2006/112/CE, dal momento che non esiste, per tale operatore, né un periodo successivo, né, supponendo che detto operatore riprenda l'esercizio dell'attività, periodi precedenti.
Ne discende che, sebbene tale disposizione consenta il riporto dell'eccedenza detraibile a vari periodi d'imposta successivi, la cessazione dell'attività esclude l'esistenza di un periodo successivo al quale riportare l'eccedenza.
Come, peraltro, rilevato dalla Commissione, consentire ad un operatore economico la possibilità di riportare, dopo la ripresa dell'attività, un'eccedenza di IVA dichiarata al momento della cessazione, potrebbe incoraggiare gli abusi e la realizzazione di costruzioni artificiose. Infatti, un operatore di questo tipo, che per qualsiasi motivo non abbia rispettato il termine previsto dalla normativa nazionale per chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile dopo avere cessato l'attività economica, potrebbe riprendere l'attività allo scopo principale o esclusivo di riportare a nuovo l'eccedenza.
Per la Corte, quindi, l'art. 183 c. 1 Direttiva n. 2006/112/CE non osta ad una normativa nazionale che, in caso di cessazione dell'attività, precluda al soggetto passivo di riportare ad un periodo successivo l'eccedenza detraibile dichiarata al momento della cessazione.
Diritto di rimborso dell'eccedenza detraibile
Come anticipato, l'art. 183 c. 1 Direttiva n. 2006/112/CE dispone che gli Stati membri possano prevedere il rimborso del credito IVA relativo ad un periodo d'imposta secondo le modalità da essi stabilite.
In proposito, la normativa portoghese stabilisce che il rimborso possa essere chiesto entro il termine di 12 mesi dalla data di cessazione dell'attività.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, un termine di decadenza la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente che abbia omesso di chiedere il rimborso dell'IVA, privandolo del diritto di rimborso, non può essere considerato incompatibile con la Direttiva n. 2006/112/CE, purché, per un verso, tale termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto dell'Unione (principio di equivalenza) e, per altro verso, non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto di rimborso (principio di effettività).
Per la Corte, un termine di decadenza di 12 mesi a decorrere dal periodo in cui è sorta l'eccedenza di IVA non sembra idoneo a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile, per un soggetto passivo o un ex soggetto passivo, l'esercizio del diritto al rimborso dell'eccedenza detraibile.
Nel caso di specie, non emerge in alcun modo che la società abbia cercato di esercitare il diritto di rimborso dell'eccedenza di IVA, dichiarata al momento della cessazione dell'attività, prima del termine di 12 mesi, e abbia incontrato difficoltà al riguardo.
In conclusione, la Corte ha dichiarato che l'art. 183 c. 1 Direttiva n. 2006/112/CE non osta ad una normativa nazionale che, in caso di cessazione dell'attività, possa chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile entro il termine di 12 mesi dalla cessazione, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività.
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- Dottore commercialistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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