mercoledì 04/12/2024 • 06:00
La geolocalizzazione dei dipendenti rischia sempre di sbilanciare il fragile equilibrio che deve esistere tra i diritti individuali dei lavoratori e le esigenze operative dell’imprenditore il cui ambito di azione è soggetto a certi limiti.
È innegabile che le tecnologie che consentono la c.d. “geolocalizzazione”, sono state adottate da mondo imprenditoriale per evidenti e ragionevoli esigenze produttive ed organizzative che riguardano la necessità per un imprenditore di poter controllare e tutelare l'andamento della propria attività laddove questa si espleti “lontano” dall'imprenditore stesso che deve, però, rimanere nelle condizioni di poter esercitare un fattivo controllo dell'attività per le ovvie ragioni produttive ed organizzative.
L'installazione di questi sistemi di rilevamento automatico della posizione e degli spostamenti è dunque andata diffondendosi maggiormente in quelle imprese che si avvalgono in modo massivo di mezzi di trasporto come, ad esempio, nel settore dei trasporti e della logistica. Tuttavia, sin da subito è emerso un effetto collaterale, che sin dagli inizi è apparso di notevole portata, e cioè la concreta possibilità che l'utilizzo di queste tecnologie che consentono la geolocalizzazione, potesse impattare incisivamente sotto il profilo della violazione dei diritti dei lavoratori rispetto al controllo della prestazione nonché rispetto al loro diritto alla privacy.
Le fonti normative che regolano questi aspetti sono di diversa natura spaziando tra norme propriamente giuslavoristiche e norme relative alla tutela della privacy. L'analisi combinata di tali fonti, come le relative interpretazioni fornite dalla giurisprudenza nazionale e della CEDU (si veda la recente Cass. sez. lav., 03/06/2024, n.15391 sul caso del telepass e la sentenza CEDU n. 26968/16) e dai provvedimenti dell'Autorità Garante della privacy (si veda tra i vari il Provvedimento n. 234 del 10/6/2021 e il recentissimo provvedimento n. 675 del 22(11/ 2024), ha consentito, non senza fatica, di tracciare alcuni primi confini tra liceità e illiceità dell'utilizzo degli strumenti in commento che, seppure non siano di per sé contrari alla legge, possono diventarlo con azioni e condotte che possono esser considerate abusi.
La privacy e la geolocalizzazione
In astratto, l'installazione e l'utilizzo dei sistemi di geolocalizzazione nella realtà aziendale possono violare la riservatezza del lavoratore in quanto persona fisica e ciò, quindi, a prescindere dalla relazione lavorativa che intercorre con il datore di lavoro.
Nello specifico, il datore di lavoro può trattare i dati personali dei lavoratori ove ciò sia necessario, per la gestione del rapporto di lavoro e per adempiere ad alcuni specifici obblighi o per soddisfare determinate esigenze. In buona sostanza il datore di lavoro, oltre ad essere obbligato all'osservanza dei principi applicabili al trattamento dei dati ai sensi dell'art. 5 GDPR, nonché a fornire ai propri dipendenti le dovute informative, deve porre in essere il trattamento dei dati sulla base di precise delle condizioni di liceità previste dal successivo art. 6 dunque per finalità determinate e limitate a quanto strettamente necessario per il conseguimento delle stesse. Si registra dunque un perimetro ben preciso in cui datore di lavoro può utilizzare ciò che emerge dai sistemi di geolocalizzazione.
Non solo. Il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 88, par. 2, GDPR, deve agire sempre nell'ottica di salvaguardare la dignità umana, gli interessi legittimi e i diritti fondamentali degli interessati adottando delle specifiche misure al riguardo; ciò vale anche per quanto concerna la necessaria trasparenza del trattamento in relazione ai sistemi di monitoraggio sul posto di lavoro fermo sempre il c.d. diritto di accesso dell'interessato previsto dall'art. 15 del GDPR, presidio fondamentale previsto dalla normativa il cui esercizio non è, infatti, soggetto a limiti temporali e non è nemmeno condizionato all'effettiva esistenza di una violazione.
Il controllo a distanza nell'ambito dello Statuto dei Lavoratori
La prima versione dell'art. 4 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) escludeva categoricamente l'utilizzo di strumenti tecnologici, statuendo appunto che “è vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori”. Le cose, come noto, sono però radicalmente cambiate con la riforma del Job Act del 2015
Con il D.Lgs. n. 23/2015, il legislatore ha abrogato il predetto divieto generale, sostituendolo con la previsione della possibilità di per determinate finalità consistenti in esigenze organizzative e produttive, di sicurezza sul lavoro e di tutela del patrimonio aziendale. Al contempo, però, occorre che il datore di lavoro segua una specifica procedura che prevede la stipulazione di un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, l'ottenimento di una apposita autorizzazione all'installazione da parte dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL).
Tuttavia, ai sensi del comma 2 dell'art. 4, le disposizioni del comma 1 non si applicano “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Su quest'ultimo punto, la circolare dell'INL n. 2 del 7 novembre 2016, ha precisato che sono strumenti di lavoro “gli apparecchi, dispositivi, apparati e congegni che costituiscono il mezzo indispensabile al lavoratore per adempiere la prestazione lavorativa dedotta in contratto, e che per tale finalità siano stati posti in uso e messi a sua disposizione”. Secondo tale impostazione ormai consolidata sia in seno all'INL che al Ministero, i sistemi di geolocalizzazione sono un “elemento aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati quindi in via primaria ed essenziale per l'esecuzione dell'attività lavorativa, bensì per rispondere ad esigenze “ulteriori” ed “accessorie”.
Ne consegue che i sistemi di geolocalizzazione devono sottostare al campo di applicazione dell'art. 4 dello Statuto, e il datore deve rispettare la relativa procedura ai fini dell'installazione.
Cenni pratici sulla procedura
Posto che, alla luce delle considerazioni svolte, l'installazione del sistema di geolocalizzazione del dispositivo comporta un controllo a distanza del lavoratore e, come tale, è innanzitutto ammessa in presenza di almeno una delle seguenti finalità previste dall'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Le ricordiamo brevemente:
- esigenze organizzative e produttive nel caso in cui, ad esempio, si renda utile per monitorare le coordinate geografiche in cui ha luogo lo svolgimento dell'attività;
- esigenze connesse alla sicurezza del lavoro, in caso di lavorazioni o attività caratterizzate da rischi elevati per la salute o la sicurezza del personale;
- esigenze connesse alla tutela del patrimonio aziendale, e ciò per prevenire e contenere il rischio di furto o danneggiamento.
Oltre alla sussistenza di una delle predette finalità, è necessaria altresì la conclusione di una apposito “accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali […]” o, in alternativa nel caso di mancanza di accordo – tanto nell'eventualità in cui risultino assenti RSU o RSA, quanto perché, pur data la loro presenza, l'accordo non venga raggiunto – l'ottenimento dell'“autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro”.
Dunque, gli adempimenti da porre in essere riguardano innanzi tutto l'individuazione di almeno una tra le motivazioni previste dallo Statuto dei Lavoratori per l'installazione del sistema, nonché l'ottenimento di una preventiva autorizzazione, sia essa di carattere negoziale (l'accordo sindacale) o, in difetto, amministrativo (l'autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro). In tale seconda ipotesi e dunque in assenza di una “controparte sindacale” il modulo di istanza da utilizzare è messo a disposizione dallo stesso Ispettorato nazionale del lavoro sul sito istituzionale e viene denominato “INL 1.2 – Istanza Videosorveglianza Installazione GPS”.
L'istanza può essere presentata sia tramite consegna a mano presso l'ufficio della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro ma è più verosimile che nel contesto attuale si ricorra alla presentazione dell'istanza con modalità telematica le cui relativa istruzioni sono presenti sul sito istituzionale.
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Marco Tuscano
- Consulente del lavoroRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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