Il processo di predisposizione della rendicontazione di sostenibilità in conformità alle disposizioni del D.Lgs. 125/2024 (Decreto) che recepisce nell'ordinamento italiano la c.d. Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), di cui alla direttiva (UE) 2022/2464, richiede inevitabilmente un nuovo design delle procedure e dei compiti interni. Si rende, in particolare, necessario settare una governance adeguata e appositi comitati interni di lavoro che consentano agli amministratori, responsabili dell’affidabilità delle informazioni fornite nella rendicontazione e dell’iter di approvazione, di poter superare i controlli da parte del Collegio Sindacale e ottenere il placet del revisore di sostenibilità.
Anche in dipendenza del fatto che la rendicontazione di sostenibilità deve collocarsi per legge in una sezione della relazione sulla gestione, l’iter si compone delle seguenti fasi:
- l’organo amministrativo redige ed approvazione la rendicontazione di sostenibilità;
- l’organo di controllo interno (ossia il Collegio Sindacale in caso di sistema di amministrazione e controllo tradizionale) esercita, evidentemente, le funzioni di controllo sul processo di formazione della rendicontazione;
- l’assemblea dei soci recepisce la rendicontazione (pur non approvandola formalmente essendo parte della relazione sulla gestione esclusa, per legge, da delibere approvative da parte dei soci);
- deposito presso la sede sociale e pubblicazione online.
La responsabilità degli amministratori
Alla luce dell’iter sopra evidenziato, l'art. 10, comma 1, del Decreto pone direttamente in capo agli amministratori dell'impresa obbligata alla rendicontazione la responsabilità di garantire che la rendicontazione di sostenibilità sia redatta in conformità con le prescrizioni del Decreto. Questo significa, in altre parole, che gli amministratori devono assicurarsi che il processo di redazione della Reportistica rispetti tutte le normative previste, con l'obiettivo di fornire un quadro trasparente e accurato delle performance ambientali, sociali e di governance dell'azienda.
Assonime, sul punto, sottolinea come la norma in parola abbia la struttura di una norma di responsabilità ma con il contenuto anche di una norma di condotta, tale per cui gli in capo agli amministratori dovranno adoperarsi affinché possano concretamente vedersi rispettate le previsioni normative contenute nel Decreto, inclusa la corretta adozione degli standard ESRS (ossia gli standard ESG da utilizzare per legge ai fini della rendicontazione).
Pur con la possibilità di avvalersi di comitato interni e di sistemi di controllo implementati all’uopo, gli amministratori saranno, infatti, chiamati a dare seguito a precise regole connesse sia al procedimento (secondo determinate tempistiche e con il coinvolgimento di specifici organi) sia alla forma della rendicontazione (che, come detto, è parte della relazione sulla gestione da predisporre in formato elettronico e con apposizione di marcatura elettronica sulle informazioni ESG).
Dopotutto, l’approvazione della rendicontazione – viene ribadito più volte – rimane una competenza esclusiva dell’organo amministrativo non delegabile.
Gli assetti interni e i sistemi di controllo
Visti gli obblighi di professionalità e diligenza fissati dalla norma in capo agli amministratori, Assonime, alla luce della normativa europea di riferimento e dell’intreccio con quella domestica, ribadisce la valenza delle norme civilistiche che sottendono i doveri dell’organo amministrativo nell’istituzione e gestione degli assetti adeguati e nella preparazione della relazione sulla gestione. Se quindi gli organi delegati curano l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile anche con riferimento agli obblighi in ambito ESG, il Consiglio di Amministrazione entra nel merito e ne valuta l’adeguatezza.
Data, tuttavia, la complessità e atipicità delle informazioni da raccogliere ai fini ESG, ai fini, prima di tutto, dell’analisi di doppia materialità, sarà inevitabile, nell’ambito della strutturazione della “squadra” di lavoro, ricorrere a comitati consiliari con compiti ad hoc o ai comitati già esistenti a presidio dei rischi aziendali.
Un adeguato assetto interno non è elemento trascurabile. Sono gli stessi ESRS, infatti, che richiedono l’obbligo di divulgare le caratteristiche principali dei propri sistemi di controllo interno e gestione del rischio, in relazione al processo di rendicontazione di sostenibilità. Peraltro, è la stessa CONSOB a tenerne conto ai fini della determinazione del tipo e dell’ammontare della sanzione pecuniaria eventualmente irrogabile in caso di violazioni da parte delle società quotate.
I compiti dell’organo di controllo
Come noto, la legge assegna all'organo di controllo il compito di vigilare sull'osservanza delle disposizioni del Decreto. Questo ruolo prevede un'attività di supervisione costante, per garantire che le norme siano rispettate durante la redazione della rendicontazione. Inoltre, l'organo di controllo deve riferire i risultati di questa supervisione all'assemblea degli azionisti, attraverso una relazione annuale che evidenzi eventuali irregolarità o conformità. In questo contesto, Assonime fa il punto sui compiti che ci si attende dovrà ricoprire con riguardo al controllo in ambito sostenibilità:
- vigilanza sull’adeguatezza di tutte le procedure, i processi e le strutture che presiedono alla produzione della rendicontazione di sostenibilità;
- la verifica del rispetto delle norme (es. modalità e tempistica di pubblicazione della rendicontazione; le regole in merito all’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della disciplina).
Da non dimenticare, poi, come sulle società quotate sia prevista la vigilanza anche da parte della CONSOB per le informazioni comunicate al pubblico.
Il ruolo del revisore di sostenibilità
L’attestazione di conformità della rendicontazione dovrà essere rilasciata, come noto, da un soggetto esterno, ossia il revisore della sostenibilità, figura introdotta dal Decreto direttamente nel D.Lgs. 37/2010, decreto che disciplina la revisione legale dei conti annuali e consolidati.
L’attestazione può essere rilasciata anche una società di revisione legale (a patto che la relazione venga firmata da un revisore di sostenibilità) e non necessariamente la medesima incaricata della revisione legale del bilancio.
Assonime fa presente come, ad oggi, il legislatore abbia attribuito all’incarico di revisione natura “limitata”: le relative conclusioni vengono in coerenza formulate nella forma negativa “di non aver rilevato elementi per poter concludere che sono presenti inesattezze rilevanti nell’oggetto della verifica”. Solo quando verranno adottati appositi atti delegati da parte della Commissione europea, l’incarico del revisore si allargherà ad acquisire un livello di sicurezza ragionevole.
A tal riguardo, Assonime sottolinea come, attenendosi a quanto previsto dal legislatore primario (ovvero quello nazionale), il controllo debba limitarsi a una mera verifica di conformità e non tradursi in forme di controllo più approfondite, nonostante i dubbi emersi in seguito alle FAQ pubblicate dalla Commissione europea, nelle quali, alla domanda numero 70, si precisa che le procedure da seguire da parte dell’attestatore dovrebbero consentire di concludere che non siano emersi elementi tali da indurre a ritenere che le informazioni fornite non siano presentate in modo corretto.