La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sembrerebbe non potersi più affidare in via principale allo smart working, stante la scelta di terminare il ricorso a tale modalità di resa della prestazione lavorativa da parte di talune aziende o l'impossibilità di farvi ricorso per talaltre.
Per garantire un'offerta di conciliazione di vita e di lavoro, occorre, quindi, riprendere in considerazione forme di flessibilità – spesso trascurate - che non riguardano più il luogo di lavoro, ma i tempi della prestazione lavorativa.
Tra queste soluzioni non può non annoverarsi l'adozione di un orario di lavoro multiperiodale, che reca con sé il duplice vantaggio di flessibilizzare la prestazione lavorativa e, nel contempo, di ridurre il costo del lavoro straordinario.
L'orario normale di lavoro L'art. 3 del D.Lgs. 66 del 2003 prevede, al comma 1, che “l'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.”.
I contratti collettivi possono, però, prevedere condizioni di miglior favore, attraverso ad esempio, una durata dell'orario settimanale inferiore alle 40 ore.
Generalmente il lavoro si distribuisce su 6 giorni di lavoro, ma non mancano previsioni dei contratti collettivi che prevedono una distribuzione su cinque giorni settimanali.
L'orario multiperiodale
Tuttavia, per conferire una maggiore flessibilità nella gestione dell'orario di lavoro e per far fronte ad un fabbisogno in termini quantitativi diverso nel corso nell'anno, con picchi in alcuni periodi e cali di attività in altri, oltre che per conciliare le esigenze di vita e di lavoro, la legge consente ai contratti collettivi di lavoro la possibilità di “stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.”
Si parla in tal caso di orario multiperiodale.
In altri termini, è possibile prevedere orari settimanali superiori e inferiori a quello normale, a condizione che la media delle ore di lavoro prestate corrisponda alle 40 ore settimanali (o alla minore durata stabilita dai CCNL), riferibile ad un periodo non superiore all'anno.
Nelle settimane in cui vi è il superamento dell'orario normale l'incremento non rientra nella nozione di lavoro straordinario e le ore prestate in più (entro il limite previsto dal regime di flessibilità) vengono recuperate tramite periodi di riduzione di orario.
Generalmente i contratti collettivi prevedendo la corresponsione della normale retribuzione sia nei periodi di superamento dell'orario che in quelli di recupero. In talune ipotesi sono previste, però, delle specifiche maggiorazioni.
Inoltre, di norma, iI contratto collettivo prevede dei tetti massimi di orario annuo entro cui può realizzarsi la flessibilità.
Sotto il profilo procedurale, la legge non fornisce alcuna indicazione, rinviando in toto alla contrattazione collettiva. Si evidenzia come il dettato normativo non faccia riferimento al contratto collettivo nazionale, ma ai “contratti collettivi”. Di conseguenza anche i contratti territoriali e aziendali, oltre quelli nazionali, possono stabilire una durata minore ovvero prevedere orari multiperiodali. Il Ministero del lavoro nella circolare n. 8 del 3 marzo 2005 ha ritenuto che debba trattarsi di contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e che, nel quadro di flessibilizzazione, i contratti dovranno comunque rispettare il limite massimo settimanale dell'orario (48 ore: art. 4 D.Lgs. 66/2003).
Costituisce straordinario ogni ora di lavoro effettuata oltre l'orario programmato settimanale.
ESEMPIO
in una settimana è svolto un orario programmato di 50 ore. La cinquantunesima ora di lavoro è imputata a lavoro straordinario.
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Se il lavoratore risulta assente in uno dei giorni in cui, a seguito della programmazione multiperiodale, era stato previsto un orario superiore o inferiore a quello normale, le parti del rapporto sono tenute a concordare lo spostamento in altra data di un eguale incremento o riduzione della prestazione.
Le eventuali ore di incremento prestate e non recuperate assumono la natura di lavoro straordinario e devono essere compensate secondo le modalità previste dai contratti.
Il dicastero ha inoltre precisato che il riferimento all'anno non deve intendersi come anno civile (1° gennaio - 31 dicembre), ma come un periodo mobile compreso tra un giorno qualsiasi dell'anno ed il corrispondente giorno dell'anno successivo, tenendo conto delle disposizioni della contrattazione collettiva.
L'esempio del CCNL Commercio Confcommercio
A mero titolo esemplificativo si riportano le previsioni del CCNL Commercio Confcommercio, che rinvia alla contrattazione aziendale la disciplina della flessibilità dell'orario settimanale entro determinati limiti:
- innanzitutto, il limite dell'orario settimanale di 44 ore, per un massimo di 16 settimane e una pari entità di ore di riduzione;
- per anno il CCNL intende il periodo di 12 mesi seguente la data di avvio del programma annuale di flessibilità;
- quanto alla retribuzione, non son previste maggiorazioni, ma i lavoratori interessali percepiranno la retribuzione relativa all'orario settimanale contrattuale, sia nei periodi di superamento che in quelli di corrispondente riduzione dell'orario contrattuale. Per quanto riguarda il lavoro straordinario, nel caso di ricorso a regimi di orario plurisettimanale, esso decorre dalla prima ora successiva all'orario definito.
L'azienda provvede a comunicare per iscritto ai lavoratori interessati il programma di flessibilità; le eventuali variazioni vanno comunicate per iscritto con un preavviso di almeno 15 giorni.
Al termine del programma di flessibilità, le ore di lavoro prestate e non recuperate sono liquidate con la maggiorazione prevista per le ore di straordinario.