sabato 02/11/2024 • 06:00
Non ha diritto al regime fiscale agevolato riservato agli impatriati il contribuente che, al momento del trasferimento, non era un lavoratore, ma solo impegnato a frequentare un master post-universitario. Così si è pronunciata la CGT II grado della Lombardia, con sentenza 28 ottobre 2024 n. 2807.
Il caso
Un contribuente, per l'anno d'imposta 2020, impugnava il diniego opposto dall'Agenzia delle Entrate al rimborso dell'imposta versata in eccedenza rispetto a quanto dovuto tenendo conto del regime fiscale “impatriati” previsto dall'art. 16 D.Lgs. 147/2015. Egli riteneva di possedere tutti i requisiti previsti dalla disciplina applicabile ratione temporis secondo la quale i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stat concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare qualora:
I giudici di primo grado riconoscevano il diritto al rimborso stante il possesso dei già menzionati requisiti da parte del ricorrente. L'Ufficio proponeva appello mettendo in evidenza la circostanza che il contribuente, traferitosi in Italia nel 2019, aveva trovato impiego quale lavoratore dipendente solo a partire da novembre 2020 ovvero successivamente al completamento di un master presso l'università italiana di Milano, in tal modo non soddisfacendo le condizioni richieste dalla norma agevolativa.
Di indirizzo la stessa relazione illustrativa
I giudici d'appello, nel riformare la sentenza, hanno richiamato la stessa relazione illustrativa alla disciplina agevolativa, resa in sede parlamentare, secondo la quale “l'articolo 16 introduce una disposizione fiscale di favore, a carattere temporaneo, per i lavoratori che rivestono una qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione o che rivestano ruoli direttivi e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato e si impegnano a rimanervi. Per tali soggetti il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al settanta per cento del suo ammontare”.
Nel caso di specie, il contribuente si era trasferito in Italia proprio per acquisire la qualifica che avrebbe già dovuto “rivestire” al momento del trasferimento e l'agevolazione non poteva, pertanto, essergli riconosciuta. Tantomeno, ha concluso la Corte, poteva darsi luogo a tale riconoscimento sulla base del successivo comma 2 – secondo cui il criterio di determinazione del reddito di cui al comma 1 si applica anche ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all'Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream – dal momento che il contribuente risultava aver conseguito il proprio titolo di studio in India nel 2008 e non aveva provato di avere svolto un'attività di studio o di lavoro nei ventiquattro mesi precedenti al trasferimento.
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Valentino Tamburro
- Of Counsel Tax – BDO Italia – Dottore Commercialista e Revisore LegaleRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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