lunedì 04/11/2024 • 06:00
Seppur l’obbligo di assumere una persona disabile permetta un corretto inserimento nel mondo del lavoro, la realtà aziendale sembra ammettere l’assunzione solo quando il lavoratore può rientrare in quel posto di lavoro vacante. L’accomodamento ragionevole, previsto dal Decreto Disabilità, chiede un cambio di paradigma.
Non c'è società inclusiva se non vi è pieno accesso alle opportunità lavorative per tutti. Lavoratori fragili compresi.
Volendo essere spietatamente (ed erroneamente) pragmatici, il collocamento obbligatorio ex Legge 68/1999 potrebbe essere percepito come una “problematica” a livello aziendale. Nulla di più sbagliato, sia chiaro, ma un'impresa scorge nel solo termine “obbligatorio” l'imposizione (come tale non voluta) ed adempimenti connessi. E sente di non averne bisogno.
Proprio per questo, è stato introdotto il termine “accomodamenti ragionevoli”, ultimamente più noto per le problematiche nell'ambito dei licenziamenti (per effetto dell'equiparazione tra inidoneità sopravvenuta e disabilità) ma che è necessario conoscere esaustivamente al fine di comprenderne la sostanza e la portata.
Linee guida per accomodamenti ragionevoli
Trattandosi di tematica di assoluta e trasversale rilevanza a livello Europeo, l'UE è intervenuta, per l'esattezza il 27 novembre del 2000, con Direttiva del Consiglio Europeo 2000/78/CE introducendo l'obbligo per i datori di lavoro di fornire accomodamenti ragionevoli ai dipendenti con disabilità e istituendo un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro.
Nel dettaglio, la direttiva del 2000 citava le “Soluzioni ragionevoli per i disabili” (art 5 della stessa), esplicitando il compito datoriale di prendere i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato.
Adesso, immagino la (legittima) domanda che vi stiate ponendo: cosa saranno mai questi ragionevoli accomodamenti?
Proprio al fine di fornire una risposta pratica e concreta, il 31 maggio 2024, la Commissione europea ha pubblicato le Guidelines and good practices on reasonable accommodation at work (ovvero le “Linee guida e buone pratiche per accomodamenti ragionevoli sul lavoro”, di seguito anche Linee Guida o Guidelines).
Dal punto di vista normativo le Linee Guida richiamano le:
Inoltre è importante evidenziare che le Guidelines fornite dall'UE sono state redatte con la collaborazione dei membri della Piattaforma per la disabilità (Disability Platform) e delle parti sociali. L'aspetto interessante di questo documento sta nel suo taglio pratico in quanto contiene suggerimenti ma anche esempi di buone pratiche. I lettori di riferimento delle linee guida sono infatti in primis i datori di lavoro.
Peraltro, nel diritto interno, non dobbiamo dimenticare l'introduzione dell'art. 5 bis Legge 104/1992 a cura del Decreto Disabilità in tema proprio di “accomodamento ragionevole”.
I ragionevoli accomodamenti nell'assunzione obbligatoria
All'interno delle linee guida troviamo la seguente definizione: “qualsiasi modifica al ruolo o all'ambiente di lavoro necessaria per consentire a un dipendente disabile di svolgere il proprio lavoro”.
L'ottica è quella di consentire a queste persone di accedere al modo del lavoro, esserne parte attiva con la possibilità di crescere e raggiungere gli stessi risultati lavorativi dei colleghi. In questo senso gli accomodamenti in trattazione interessano tutti gli step: a partire dalla fase di candidatura fino alla cessazione del rapporto di lavoro.
In termini più pratici le linee guida forniscono un elenco di azioni che possono aiutare a garantire il rispetto degli obblighi previsti dalla Direttiva del 2000, quali (ne citiamo alcuni):
Ma come si possono concretamente sviluppare le azioni riportate sopra?
Ecco che le line guida sviluppano e offrono a questo fine anche cinque metodi complementari.
Flessibilità nell'orario di lavoro
Come intuibile in questo caso il suggerimento è semplicemente quello di modificare l'orario di lavoro andando incontro alle esigenze dei lavoratori con disabilità, i quali:
Flessibilità nella gestione delle attività lavorative
Con riferimento a questo metodo le linee guida richiamano il concetto di job carving. Si tratta di un processo che generalmente muove da un periodo iniziale di occupazione, con valutazioni personalizzate che in prospettiva permettono di scambiare ruoli o elementi specialistici del lavoro al fine di sfruttare al meglio le capacità individuali di una persona con disabilità. Il tutto ai fine di permettere a ciascun soggetto di sfruttare al meglio i suoi talenti.
Fornire tecnologie assistive
È possibile supportare i dipendenti che incontrano barriere sul lavoro, fornendo loro delle tecnologie assistive, come ad esempio un programma per computer che permette di ingrandire il testo, abbinato a un monitor di grandi dimensioni, oppure dispositivi di ascolto assistito per le telefonate.
Assistenza personale
I servizi di assistenza personale possono aiutare le persone con disabilità a comprendere, organizzare e svolgere le proprie attività lavorative. Questi servizi possono includere, per esempio: accompagnamento sul posto di lavoro, valutazione personalizzata per adattare il processo di selezione, la formazione o le mansioni.
Adattamento dell'ambiente di lavoro (incluso il telelavoro)
Questo metodo fa riferimento allo spazio dedicato al lavoro, inteso come riorganizzazione degli spazi aziendali e alle modalità di svolgimento dell'attività da remoto. Sono richiamate infatti una serie di misure, che vanno dall'adattamento di mobili, attrezzature e servizi negli uffici o più in generale nei locali, alla realizzazione di modifiche architettoniche che facilitino l'inclusione e l'accessibilità, fino alla fornitura di uno spazio tranquillo, di un'area di lavoro individuale o del telelavoro.
Risvolti pratici
Dal punto di vista del diritto del lavoro, suscita interesse l'individuazione di eventuali limiti normativi all'applicazione di questi metodi. Per esempio: è davvero così semplice applicare il metodo del job carving in Italia? Adibire disabili a telelavoro o smart working deve preoccupare l'immagine datoriale in ottica di atteggiamenti discriminatori?
Pensiamo banalmente al mutamento della mansione (job carving). Con le previsioni dell'art 2103 c.c. e dei CCNL quanto semplice sarà nel bel paese?
Non solo. Molto spesso, al fine di ottemperare all'obbligo assuntivo, le aziende sottoscrivono delle convenzioni di inserimento lavorativo al fine di, realmente, “guadagnare tempo” per reperire i lavoratori disabili (e gestire nel contempo le scoperture). Guardate la diversità che risiede nel:
Le convenzioni di inserimento lavorativo non sono perpetue e eventuali richieste di proroga incontreranno censure, proprie perché non si è pensato agli accomodamenti.
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Francesco Geria
- Consulente del lavoro in Vicenza - Studio LabortreRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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