giovedì 31/10/2024 • 06:00
La CGUE, con sentenza 24 ottobre 2024 n. C-441/23, si è espressa sul lavoro tramite agenzia interinale, confermando che i lavoratori somministrati hanno diritto a percepire una retribuzione almeno pari a quella che avrebbero percepito se fossero stati assunti direttamente dall’impresa utilizzatrice.
La vicenda ha origine in Spagna: una lavoratrice, dopo un tirocinio presso una nota azienda del settore informatico (di seguito, l'“Azienda Informatica”), veniva assunta con distinti contratti di lavoro da società appaltatrici della medesima Azienda Informatica. La lavoratrice, sebbene dipendente ogni volta di un'altra società, svolgeva quotidianamente le sue mansioni sotto il controllo dell'Azienda Informatica, che le forniva attrezzature di lavoro, le assegnava incarichi specifici e monitorava il suo lavoro.
L'Azienda Informatica, tuttavia, come detto non aveva stipulato alcun contratto diretto con la lavoratrice, essendo invece la committente del suo formale datore di lavoro.
Dopo essere stata licenziata, la lavoratrice promuoveva giudizio avanti al Tribunale del Lavoro di Madrid, chiedendo che l'Azienda Informatica fosse dichiarata responsabile solidale per la sua reintegrazione nel posto di lavoro e per il risarcimento del danno subito. Il Tribunale, pur dichiarando la nullità del licenziamento, escludeva qualsivoglia responsabilità dell'Azienda Informatica.
La lavoratrice proponeva così appello avanti la Corte superiore di giustizia di Madrid, sul presupposto che la sua situazione di dipendente della società appaltatrice doveva essere considerata in realtà come una vera e propria «messa a disposizione», concordata con l'Azienda Informatica e che la rendeva dunque equiparabile ad un lavoratore interinale.
In questo contesto, il Giudice nazionale decideva di rinviare alla CGUE per l'interpretazione di alcune norme contenute all'interno della direttiva 2008/104 (la quale tutela i lavoratori tramite agenzia interinale - di seguito, solo la “Direttiva”).
La decisione della CGUE
Nell'affrontare il caso, con la sentenza C441/23 la CGUE si è pronunciata su diverse questioni pregiudiziali, chiarendo l'applicazione della Direttiva e delle sue norme sulla parità di trattamento e di retribuzione dei lavoratori interinali. Di seguito, si esamineranno le statuizioni della pronuncia ritenute più rilevanti.
La CGUE ha innanzitutto stabilito che la Direttiva deve considerarsi applicabile anche alle imprese che mettono a disposizione di altre imprese propri lavoratori, anche se prive di autorizzazione amministrativa per operare come agenzie interinali, sulla scorta dalla normativa nazionale. La CGUE ha infatti osservato che l'assenza di una siffatta autorizzazione non può escludere l'operatività degli obblighi sanciti dalla direttiva, poiché il fine della normativa europea è assicurare comunque una protezione uniforme dei lavoratori interinali (anche a prescindere dalle loro formali condizioni contrattuali) in tutti gli Stati membri.
Il lavoro tramite agenzia interinale
La CGUE ha quindi esaminato il concetto di “lavoro tramite agenzia interinale” e ha chiarito che, affinché un'impresa possa essere considerata come agenzia interinale, essa deve avere come attività, principale o meno, quella di concludere contratti di lavoro o instaurare rapporti di lavoro con l'obiettivo di mettere i lavoratori temporaneamente a disposizione di altre imprese sotto la loro direzione e controllo. Nella fattispecie, la CGUE ha osservato che la lavoratrice prestava servizio sotto il controllo operativo dell'Azienda Informatica, che definiva le sue mansioni, supervisionava la sua attività e le forniva gli strumenti di lavoro; motivo per cui l'Azienda Informatica a ben vedere poteva considerarsi “impresa utilizzatrice”. Al tempo stesso, il suo datore di lavoro, pur non essendo formalmente un'agenzia interinale riconosciuta in Spagna, rientrava in effetti in quel novero, coerentemente con la relativa definizione contenuta nella direttiva 2008/104 (la direttiva dispone che per “agenzia interinale” si intende “qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarli in missione presso imprese utilizzatrici affinché prestino temporaneamente la loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse”).
La parità di trattamento retributivo
Infine, rispetto al principio di parità di trattamento, anche sotto il profilo economico, riconosciuto dall'art. 5 della Direttiva in favore dei lavoratori interinali, rispetto agli altri dipendenti della società utilizzatrice, la CGUE ha stabilito che i lavoratori dell'agenzia interinale hanno diritto a percepire una retribuzione almeno pari a quella che avrebbero percepito se fossero stati assunti direttamente dall'impresa utilizzatrice, non essendo invece consentite discrepanze in proposito. Pertanto, nel caso specifico, la lavoratrice avrebbe dovuto beneficiare delle stesse condizioni salariali previste per i dipendenti diretti dell'Azienda Informatica, a parità di mansioni.
Il trattamento dell'appalto illecito in Italia
A fronte del tenore della sentenza della CGUE in esame, si osserva che in Italia è per il vero già consolidato in giurisprudenza il principio per cui, in caso di cd. appalto illecito, il lavoratore assunto dall'appaltatore possa richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato in capo all'appaltante, con conseguente applicazione dell'integrale trattamento retributivo spettante ai dipendenti di quest'ultimo.
Si ricorda inoltre per completezza che l'articolo 35, comma 1, del D. Lgs. 81/2015, in materia di lavoro somministrato, prevede che “Per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore”. Questa norma evidentemente può rilevare anche nei casi di somministrazione di lavoro irregolare.
Col che, ad una prima lettura e ferme ulteriori riflessioni nel prosieguo, sembrerebbe che i principi oggi sanciti dalla CGUE non siano destinati ad impattare profondamente sullo “stato dell'arte” italiano, già piuttosto allineato con i principi medesimi.
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Federico Manfredi
- Avvocato - Head of practice Diritto del Lavoro – Carnelutti Law FirmRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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