Va bene un regime transitorio di uno-due anni, ma è sconcertante che una norma sostanziale di grande rilievo sia ancora in sospeso per la sua piena operatività da più di sette anni. Stiamo parlando del Codice del Terzo Settore, disciplinato in modo sistematico dal D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 117.
Un problema "marginale"
Il problema che lo sta trascinando è la concessione di un'autorizzazione dell'Unione europea per le misure qualificabili come aiuti di Stato, ma che rivestono un interesse a dir poco marginale:
- articolo 77 – emissione di “titoli di solidarietà”, analoghi alle obbligazioni, per le quali la norma prevede la concessione dello stesso regime fiscale dei titoli pubblici, cioè la ritenuta al 12,50% anziché al 26%;
- articolo 79, co. 2-bis – irrilevanza, ai fini della qualificazione del provento come “non commerciale” che i ricavi non superino i costi sino al 6% per ciascun periodo di imposta e per tre esercizi consecutivi (siamo sicuri che necessiti di autorizzazione europea?);
- articoli 80 e 86 - concessione del regime forfetario (che per l'IVA vuol dire di franchigia, IVA non dovuta e non detraibile) alle associazioni di promozione sociale (APS) e a quelle di volontariato (ODV) sino a 130.000 di proventi commerciali. Nel frattempo possono avvalersene sino a 65.000 euro (che sicuramente bastano per il 99% di questi soggetti), in quanto le disposizioni della direttiva, non avendo un aggancio con le imposte dirette come nel nostro Paese, non limitano il regime alle sole persone fisiche (art. 5, co. 15-quinquies D.L. 146/2021 “in attesa della piena operatività del titolo X del codice del terzo settore”). Oltre a tutto in questo momento il limite del regime forfetario è già salito a 85.000 euro, con uscita immediata da 100.000 euro.
Questa anomala decorrenza trascina, per effetto dell'articolo 104 c. 2 del CTS, all'anno successivo dall'autorizzazione europea le disposizioni fiscali (titolo X, articoli da 79 a 89), ad eccezione di alcune, come quelle a favore dei donatori (articoli 82 e 83).
La disposizione di specifico interesse per l'IVA, tra quelle sospese, è l'articolo 89, co. 7, che sostituisce il termine “ONLUS” con “Enti del terzo settore di natura non commerciale” nell'articolo 10, co. 1, numeri 15 (trasporto mediante ambulanze), 19 (ospedali e cliniche); 20 (educazione e istruzione); 27-ter (prestazioni socio-sanitarie a persone svantaggiate).
L'inserimento della norma, fatto ovviamente dalla legge istitutiva delle ONLUS (articolo 14, D.Lgs. 460/1997) era già insensato, perché – vediamo il primo caso, ma vale anche per gli altri - cosa significa scrivere che sono esenti le prestazioni di trasporto di malati o feriti con veicoli all'uopo equipaggiati, effettuate da imprese autorizzate e da ONLUS? Scritto così sembrerebbe che l'esenzione spetta alle ONLUS anche se non autorizzate (o non convenzionate, riconosciute, ecc. per le altre esenzioni).
Se guardiamo oggi la banca dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze troviamo già scritto che sono esenti queste prestazioni rese da enti del terzo settore (ETS) di natura non commerciale, senza nessuna nota che spieghi l'effettiva decorrenza.
Questo palese errore è stato riconosciuto dall'Agenzia delle entrate, senza che venisse corretta la decorrenza nella banca dati.
L'Agenzia delle entrate, basandosi su questa norma solo apparentemente vigente, nega l'esenzione ad una fondazione che, in base al suo statuto, persegue in via esclusiva finalità di solidarietà sociale, prestando attenzione esclusiva ai soggetti svantaggiati in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali, famigliari o di qualsiasi altro genere. Questo soggetto vuole costituirsi come «impresa sociale» (risposta ad interpello 15 luglio 2021, n. 475, con tanto di commento nella rivista dell'Agenzia, FiscoOggi), in quanto questa categoria del registro, le cui norme di attuazione sono nel D.Lgs. 112/2017, è destinata ad accogliere fondazioni e anche ONLUS che necessitano di un rilevante apporto di personale, date le limitazioni insite nel volontariato e nella promozione sociale.
Riusciremo ad avere una norma definitiva dal 1° gennaio 2025, sganciando – se del caso – la disciplina transitoria dalla decorrenza europea, che non ha nulla a che fare con la maggioranza delle norme sospese?
Una soluzione è possibile?
La soluzione è molto semplice: non occorre eliminare la disposizione secondo cui l'ETS sia indicato nell'articolo 10 legge con la condizione della natura non commerciale. Occorre rimuovere qualunque riferimento a questi soggetti che se, autorizzati, convenzionati o riconosciuti beneficiano dell'esenzione da IVA. Queste sono le uniche condizioni oggettive.
Anzi, in base all'articolo 133 della direttiva 2006/112/CE, le esenzioni possono essere condizionate alla natura non profit del soggetto erogatore. Come abbiamo scritto e interpretato la nostra norma, stiamo negando l'esenzione ad un ente nel terzo settore, concedendola a soggetti lucrativi privati.
Questa conseguenza evidenzia un paradosso, che non può essere accettato, in quanto contrasta con la coerenza dell'ordinamento tributario, oltre che con il buon senso.