venerdì 11/10/2024 • 06:00
In caso di malattia contratta all'estero, il dipendente può inviare, se previsto e autorizzato dal regolamento aziendale, il certificato medico mediante fax al numero di fax aziendale. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con ordinanza 25 settembre 2024 n. 25661.
Nel caso in esame una società aveva avviato un procedimento disciplinare nei confronti di un proprio dipendente poiché era risultato assente ingiustificato per oltre 4 giorni (dal 20 al 29 giugno 2016), all'esito del quale gli era stato intimato il licenziamento per giusta causa.
Avverso il provvedimento espulsivo, il lavoratore aveva agito giudizialmente chiedendo il suo annullamento per insussistenza del fatto contestato eccependo che si era recato in Romania in ferie, di essersi qui ammalato e di aver inviato il certificato medico mediante fax al numero di fax aziendale.
All'esito della fase c.d. sommaria, il Tribunale aveva annullato il licenziamento disponendo la sua reintegrazione nel posto di lavoro. E l'opposizione della società era stata rigettata con sentenza conclusiva della fase a cognizione piena, con la quale era stata disposta la sua condanna al pagamento in favore del lavoratore dell'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal dì del licenziamento a quello dell'effettiva reintegra, detratta la somma di Euro 536,00 a titolo di aliunde perceptum.
Contro detta sentenza, la Corte d'appello aveva accolto solo in parte il gravame proposto dalla società, confermando la declaratoria di illegittimità del licenziamento nonché la tutela reintegratoria e rideterminando solo l'indennità risarcitoria, liquidata in misura pari a 12 mensilità.
La Corte distrettuale era pervenuta alla sua decisione, innanzitutto, richiamando il CCNL di settore ai sensi del quale (i) l'assenza ingiustificata pari o superiore a 4 giorni era prevista come causa di licenziamento per giusta causa e (ii) nella nozione di assenza ingiustificata rientrava anche la tardiva comunicazione ed il tardivo invio del certificato medico oltre i termini ivi previsti.
Ciò posto, ad avviso della Corte, occorreva valutare se potesse essere considerata tardiva la comunicazione effettuata dal lavoratore a mezzo fax, modalità prevista e autorizzata dal regolamento aziendale. Regolamento che disponeva, altresì, l'obbligo di avvertire telefonicamente il datore di lavoro il giorno stesso dell'evento.
Orbene, la Corte osservava che il comportamento del lavoratore non era stato certo improntato alle “basilari regole di sollecita diligenza richieste dal rapporto di lavoro, specie in una situazione in cui il datore di lavoro non è posto in condizione di avere puntuale cognizione della situazione in cui versa il lavoratore”.
In sostanza, il datore di lavoro si era trovato in una condizione in cui era oggettivamente più problematico accertarsi della reale situazione in cui versava il dipendente, la quale avrebbe imposto al medesimo una più puntuale attenzione all'osservanza dei propri obblighi contrattuali. Infatti, solo il 30 giugno, ovvero successivamente alle assenze contestata, il lavoratore aveva inviato un sms.
Il lavoratore si era limitato ad ottemperare agli obblighi contrattuali in “forma minimale”, “integrata dalla verifica positiva del rapporto di trasmissione via fax (…)”.
Ciononostante, secondo la Corte, non vi era stata alcuna prova di falsificazione o alterazione del messaggio di ricezione del fax, né la mancata effettiva trasmissione poteva essere desunta dalla mancanza, sui server aziendali, di traccia del messaggio. Nessun divieto di trasmissione in forma diversa dalla raccomandata si poteva evincere dal regolamento aziendale né dalla fonte legale invocata dalla società.
Pertanto, la Corte riteneva che non potesse essere messa in discussione la presunzione di corretto invio e, quindi, di conoscibilità da parte del destinatario. L'obbligo del lavoratore si era esaurito nella verifica del buon esito della trasmissione del fax ed il rapporto positivo di ricezione era a tal riguardo esaustivo.
In conclusione, la condotta del lavoratore doveva essere considerata esente da addebiti; l'unico aspetto, ma solo marginale, era stato il mancato preavviso telefonico, ma la stessa società non vi aveva dato tanto valore, se non sul piano meramente argomentativo circa la mancata trasmissione.
Avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso in cassazione la società, affidandosi a 5 motivi a cui resisteva il lavoratore con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale. La società resisteva al ricorso incidentale con controricorso ed entrambe le parti depositavano memoria.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nel confermare la decisione di secondo grado, osserva che secondo la Corte distrettuale la modalità del fax è sufficiente, in quanto prevista dal regolamento aziendale, così come è sufficiente la prova della sua ricezione nel rapporto di trasmissione prodotto in giudizio dal lavoratore. Ciò, oltretutto, “corroborato dal fatto che analogo fax era risultato spedito all'INPS e regolarmente pervenuto all'istituto previdenziale, come da informazioni assunte dal Tribunale”.
Resta in dubbio che vi sono state alcune ambiguità nel contegno del lavoratore, il quale avrebbe anche omesso di avvisare telefonicamente i responsabili aziendali, circostanza quest'ultima comunque non oggetto di contestazione disciplinare e, quindi, irrilevante ai fini della sussistenza della giusta causa e della relativa valutazione.
Tornano alla modalità di comunicazione, il fax, come evidenziato dalla Corte territoriale, “è una modalità espressamente prevista dal regolamento aziendale e la legge non esclude modalità equivalenti secondo forme d'uso, che ben possono essere previste appunto da un regolamento aziendale”.
La Corte d'appello - rimarca la Corte di Cassazione - ha ritenuto sufficiente la trasmissione perché così prevedeva il regolamento aziendale, sicché la conoscenza del destinatario è irrilevante ai fini del fatto oggetto della contestazione. È stata, oltretutto, ritenuta superflua la circostanza, richiamata dalla società, dell'avvenuto controllo dei server aziendali relativamente al periodo dal 1° giugno 2016 al successivo 1° luglio, senza che di quella trasmissione del fax ve ne fosse traccia.
Sul punto la Corte di Cassazione richiama un suo precedente secondo il quale “la comunicazione di malattia al datore di lavoro prescritta dall'art. 2 del d.l. n. 563/1979 (conv. in legge n. 33/1980), rileva sulla possibilità di prosecuzione del rapporto nella misura in cui la sua omissione impedisca al datore di lavoro di controllare lo stato di malattia e la giustificatezza dell'assenza, ed allo stesso lavoratore di provarla a distanza di tempo, ove si tratti di malattie a carattere transeunte, che non lasciano traccia apprezzabile”. Per converso, “il lavoratore può provare la giustificatezza dell'assenza, ai sensi dell'art. 2119 c.c., anche successivamente alla malattia, ove sia stato nell'impossibilità incolpevole di effettuare la prescritta comunicazione, (…)”. E tali regole trovano applicazione, secondo le circostanze del caso, in base al principio di correttezza e buona fede, anche nella ipotesi di malattia contratta all'estero (cfr. Cass. n. 13622/2005).
In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale e, per l'effetto, condanna la società a rimborsare al lavoratore le spese dei due gradi del giudizio.
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Francesco Geria
- Consulente del lavoro in Vicenza - Studio LabortreRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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