lunedì 07/10/2024 • 06:00
Nell'ambito di attuazione della Riforma fiscale, il D.Lgs. 139/2024 ha apportato alcune novità anche in materia di trust. Pur essendo uno strumento tipico dei Paesi anglosassoni, il trust è sempre più diffuso anche il Italia e grazie alla sua versatilità può rispondere all'esigenza di programmare in modo graduale il passaggio dell'impresa di famiglia tra le diverse generazioni.
Il trust è un istituto di origine anglosassone risalente ai tempi delle crociate, quando i cavalieri affidavano il proprio patrimonio a persone di fiducia affinché lo gestissero e lo preservassero dal depauperamento, in attesa del loro auspicato ritorno in patria.
Tale istituto si caratterizza principalmente per la separazione fra la proprietà formale e la proprietà sostanziale dei beni. Gli scopi perseguibili con il trust sono molteplici, ma il filo conduttore che li accomuna risiede nel disciplinare le regole di gestione di un patrimonio nell'interesse di alcuni soggetti (beneficiari) o per uno specifico scopo; tale effetto si ottiene facendo sì che l'originario proprietario del patrimonio (disponente) ne trasferisca la proprietà ad un altro soggetto (trustee) incaricato di gestirlo secondo regole predeterminate e/o a propria discrezione, ma comunque nell'interesse dei beneficiari. L'istituto prevede poi altre figure non obbligatorie, tra le quali la principale è quella del guardiano, che ha generalmente poteri di veto su determinati atti del trustee e svolge un'attività di vigilanza sull'operato di quest'ultimo.
Dal punto di vista civilistico, il trust non è disciplinato dalla legge italiana, ma è un istituto riconosciuto in Italia a seguito dell'adesione alla Convenzione dell'Aja del 1985. Pertanto un trust che abbia elementi di connessione con l'Italia (ad esempio perché il disponente e/o i beneficiari e/o il trustee sono italiani) può essere regolato da qualunque legge di uno stato estero che contempli una specifica normativa sui trust.
Una delle caratteristiche principali dell'istituto consiste nello spossessamento da parte del disponente dei beni attribuiti al trust, i quali, pur essendo trasferiti al trustee ed intestati a suo nome, costituiscono una massa distinta e segregata rispetto al patrimonio personale del trustee stesso.
Il trust: cenni sulla normativa fiscale
Pur essendo il trust un istituto riconosciuto in Italia fin dal 1989 (anno di ratifica della Convenzione dell'Aja), solo nel 2006 sono state introdotte nel nostro ordinamento le prime disposizioni di carattere tributario volte a regolamentare il trattamento fiscale dei trust sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette.
Con la legge finanziaria del 2007, sono state introdotte nella normativa tributaria italiana sulle imposte dirette delle disposizioni riferite al trust, riconoscendo a tale istituto un'autonoma soggettività tributaria rilevante ai fini IRES, nelle diverse ipotesi di ente commerciale, di ente non commerciale o di soggetto non residente in Italia.
Con riferimento alle imposte sui redditi, i trust possono essere suddivisi in trust “opachi” e trust “trasparenti”.
I primi (nell'ipotesi più diffusa di trust opaco non commerciale fiscalmente residente in Italia) sono trust direttamente assoggettati ad Ires sui redditi ovunque prodotti in quanto privi di beneficiari “individuati”, per tali intendendosi beneficiari che, sulla base delle disposizioni che regolano il trust, hanno il diritto di pretendere dal trustee la distribuzione in loro favore di una quota predeterminata dei redditi realizzati dal trust stesso. In tale fattispecie, come confermato da ultimo dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate 34/2022, la successiva distribuzione dei redditi ai beneficiari non sconta ulteriore tassazione in capo a questi ultimi. I secondi (trust trasparenti) sono invece trust che hanno beneficiari “individuati”; il trust trasparente quindi, con un meccanismo simile a quello previsto per le società di persone, determina il reddito imponibile e lo imputa ai beneficiari, i quali lo assoggettano a tassazione (Irpef) come reddito di capitale, indipendentemente dall'incasso del reddito stesso.
Con riferimento ai trust non commerciali non residenti in Italia, come regola generale questi ultimi sono assoggettati a tassazione in Italia sui redditi ivi prodotti. Ferma restando anche in questo caso la distinzione tra trust opachi e trasparenti, il DL 124/2019 ha introdotto specifiche disposizioni relative al trattamento fiscale di distribuzioni effettuate da trust opachi, stabiliti in Paesi a fiscalità privilegiata, in favore di beneficiari fiscalmente residenti in Italia. In sintesi, qualora un trust opaco estero sia stabilito in uno Stato che, con riferimento ai redditi ivi prodotti, applica un livello di tassazione nominale inferiore alla metà di quello applicabile in Italia, le distribuzioni di reddito effettuate da tale trust in favore di beneficiari residenti in Italia sono assoggettate a tassazione (Irpef) in capo al beneficiario stesso al momento dell'incasso. Infine, come precisato dalla Circolare 34/2022, qualora siano oggetto di attribuzione ai beneficiari redditi di fonte italiana percepiti dal trust estero e già tassati in Italia in capo a quest'ultimo, gli stessi non sono oggetto di ulteriore tassazione nei confronti del beneficiario residente al quale sono attribuiti.
In merito alle imposte indirette, dopo anni di poca chiarezza sull'applicabilità dell'imposta di donazione al momento dell'ingresso dei beni in trust (trasferimento dal disponente al trust) o dell'uscita dei beni dal trust (trasferimento dal trust ai beneficiari), è ormai pacifico (come confermato dalla Circolare 34/2022 e come stabilito dalle disposizioni introdotte dal D. Lgs. 139/2024 pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2024) che l'imposta di donazione trovi applicazione al momento del trasferimento dei beni dal trust ai beneficiari (ferma restando la facoltà per il disponente, introdotta dal D. Lgs. 139/2024, di optare per la tassazione in ingresso). Le aliquote (dal 4% all'8%) e le franchigie devono essere stabilite sulla base del rapporto di parentela tra il disponente e il beneficiario.
Vedi anche : Successioni, donazioni e registro: in Gazzetta Ufficiale le modifiche della Riforma fiscale del 3 ottobre 2024
Il trust come strumento utile per il passaggio generazionale
Capita spesso nelle imprese di famiglia che l'imprenditore sia combattuto tra il desiderio di pianificare il passaggio dell'impresa alle generazioni successive e la preoccupazione che gli eredi non siano ancora pronti (per età o per percorso professionale) ad intestarsi direttamente (in tutto o in parte) le quote dell'impresa, con le responsabilità che ne derivano.
L'utilizzo del trust può rivelarsi molto utile in queste situazioni, poiché grazie all'estrema flessibilità consente di pianificare un passaggio generazionale graduale. Infatti, in una prima fase, la proprietà formale dell'impresa può essere trasferita al trustee, al quale il disponente può fornire (tramite le cd. letter of wishes) le proprie indicazioni non vincolanti sulle modalità e le tempistiche con cui desidererebbe avvenga il passaggio generazionale, andando ad esempio ad individuare chi tra gli eredi possa avere le caratteristiche per prendere in futuro le redini dell'impresa. Fermo restando che le indicazioni fornite nelle letter of wishes possono essere riviste in qualunque momento, alla luce di elementi nuovi che dovessero emergere nella pianificazione successoria. Inoltre in questa prima fase, pur essendo la proprietà formale intestata al trust, è possibile stabilire un programma di distribuzione di dividendi dall'impresa al trust stesso, con successiva assegnazione (in tutto o in parte) di tali somme ai beneficiari.
Solo in una seconda fase, ad una data prestabilita oppure - ad esempio - nel momento in cui i beneficiari dovessero aver completato un certo percorso formativo/professionale, il trustee potrebbe assegnare le quote dell'impresa agli eredi, così completando il passaggio generazionale.
Occorre infine ricordare come una delle problematiche principali che si riscontrano nelle imprese famigliari italiane derivi dalla frammentazione delle quote di partecipazione che inevitabilmente si crea nei vari passaggi generazionali, soprattutto per effetto delle previsioni di carattere successorio sulla quota di legittima. Anche in quest'ambito, il trust può rivelarsi uno strumento molto utile per mantenere l'unitarietà della partecipazione e della governance in capo al trust stesso, senza che questo impedisca agli eredi di ricevere le distribuzioni dei benefici da parte del trustee.
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Carlo Bertoncello
- Dottore Commercialista e Partner Bertoncello BPARimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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