martedì 30/07/2024 • 06:00
In sede di accertamento del requisito di fallibilità, il debito nei confronti della società di leasing deve essere considerato al netto del valore di realizzo in applicazione dell’art. 1526 c.c., se la risoluzione del contratto è intervenuta prima dell’entrata in vigore della L. 124/2017. Lo stabilisce la Cassazione con pronuncia 26 luglio 2024 n. 20671.
Il Tribunale di Cremona dichiarava il fallimento della Società Alfa, la quale, pur avendo un attivo patrimoniale e ricavi lordi inferiori ai limiti di soglia di fallibilità, presentava un'esposizione debitoria superiore alla soglia di legge (€ 500.000).
Ai debiti nei confronti delle società che avevano presentato istanza di fallimento (pari a circa € 110.000), infatti, era stato sommato quello nei confronti della società di leasing dei macchinari agricoli, pari a circa € 440.000 e ciò nonostante si trattasse di debito ancora sub iudice, perché pendente il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo alla data di dichiarazione di fallimento.
In sede di reclamo, la società Alfa aveva contestato la circostanza sul presupposto che il Tribunale non aveva tenuto conto dell'intervenuta vendita del bene concesso in leasing e del conseguente realizzo nella quantificazione del debito nei confronti della società concedente e, dunque, dell'ammontare complessivo dei debiti ai fini della determinazione del requisito di fallibilità.
La sentenza di rigetto della Corte di Appello di Brescia aveva ritenuto incontestato l'ammontare complessivo dei debiti, così come accertai dal Tribunale. In particolare, aveva ritenuto: da un lato, che dal verbale di udienza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, promosso dalla società Alfa contro la società di leasing che aveva intimato il pagamento dei canoni scaduti e non pagati e della penale, risultava che i macchinari fossero stati venduti ad un corrispettivo inferiore rispetto al debito (€ 328.000); dall'altro lato, come non potesse considerarsi con certezza l'intervenuta estinzione del debito anteriormente alla dichiarazione di fallimento e ciò anche in considerazione di quanto previsto dall'art. 1526 c.c. e dall'art. 1 l. 124/2017.
La società Alfa proponeva ricorso per Cassazione, per quanto qui di interesse, invocando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, lett. c), l.fall., 1526, 1453 e 1458 c.c. per non avere la Corte di Appello considerato l'intervenuta risoluzione del contratto di leasing e la vendita dei beni concessi in locazione anteriormente alla sentenza dichiarativa di fallimento e, per l'effetto, il venir meno del diritto della società di leasing di ottenere l'intero ammontare dei canoni insoluti e della penale, senza che venisse detratto il valore di realizzo ottenuto dalla vendita degli stessi.
La Corte di Cassazione accoglieva il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri e, per l'effetto, cassava la sentenza con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione.
L'ordinanza della Corte di Cassazione
L'ordinanza in commento tratta il tema della valutazione dei debiti oggetto di contestazione e sub iudice alla data del fallimento in ordine all'accertamento del requisito di fallibilità di cui all'art. 1, 2° comma, lett. c), l.fall.. La Corte, preliminarmente, conferma il principio in forza del quale è rimesso al giudice chiamato a decidere sull'istanza di fallimento l'accertamento in via incidentale del credito contestato per stabilire se esso debba, o meno, essere considerato nella determinazione dell'ammontare complessivo dell'indebitamento e in che misura. Ciò senza pregiudizio all'esito del giudizio di merito.
Con riguardo al leasing finanziario, in particolare, la pronuncia in esame dà, poi, seguito all'orientamento espresso dalla Cass. SU 2061/2021, secondo il quale, laddove i presupposti della risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell'utilizzatore si siano verificati prima dell'entrata in vigore della l. 124/2017 (e, dunque, il fallimento dell'utilizzatore sia intervenuto dopo la risoluzione del contratto), al leasing traslativo debba applicarsi il disposto dell'art. 1526 c.c. in luogo del rinvio alla disciplina di cui all'art. 72 quater l.fall.
A detta della Corte di Cassazione, dunque, la Corte distrettuale avrebbe dovuto tenere conto dell'esito della vendita nella quantificazione del debito residuo della società fallenda, in ragione del fatto che l'utilizzatrice del bene concesso in leasing, in ossequio al disposto dell'art. 1526 c.c., avrebbe avuto diritto alla riduzione della penale contrattualmente prevista mediante detrazione dalla stessa del valore di realizzo del bene.
Nel caso di specie, difatti, le parti avevano pattuito la c.d. clausola di confisca, vale a dire: il diritto per il concedente, in ipotesi di inadempimento dell'utilizzatore, di trattenere le rate corrisposte a titolo di corrispettivo per il godimento del bene nonostante il mantenimento della proprietà. Circostanza, questa, che consente al giudice di ridurre la penale secondo equità, così da contemperare gli interessi di entrambe le parti consentendo la detrazione del valore di realizzo del bene dalle somme dovute dall'utilizzatore al concedente.
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Domenico Frustagli
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