Il legislatore della legge di delega fiscale n. 111/2023 vede tra i suoi pilastri quello della certezza del diritto.
Se si guarda lo stato dell'arte dell'attuazione della delega, che per il momento prevede più norme di riordino che di ripensamento funditus del nostro sistema e che ancora non ha previsto interventi massicci sulla struttura ed il peso dei tributi, quello della certezza del diritto e anche della costruzione di un nuovo rapporto fisco-contribuente appare senz'altro il pilastro più interessante.
E' peraltro imminente la presentazione dei Testi Unici e la delega parla di codificazione. Questo è un bene, l'ordine, anche formale (i Testi Unici non prevederanno nuove norme ma solo una loro migliore collocazione sistematica delle esistenti), aiuta la certezza del diritto.
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Adempimento collaborativo e concordato preventivo biennale
Gli istituti, già oggetto di due decreti attuativi, su cui più si concentrerà lo sforzo di rendere il nostro sistema più stabile nei rapporti, sono l'adempimento collaborativo e il concordato preventivo biennale. Del resto, per stimolare l'adempimento spontaneo e rendere il contenzioso una vera extrema ratio, occorre creare ambienti normativi e burocratici dove affrontare la vera sfida per cambiare il fisco, che è quella, culturale più che giuridica, di distendere i rapporti tra contribuenti e fisco e giungere ad un rapporto trasparente (occorrerebbe meglio tracciare dove finiscono le nostre imposte, e comunicarlo) e di fiducia.
Il decreto sull'adempimento collaborativo (n. 221/2023) ha potenziato l'istituto, ampliandone platea (è concessa anche alle PMI la facoltà di far certificare ai professionisti il proprio sistema di controllo dei rischi fiscali) e benefici, anche se è mancato un po' di coraggio sulla esclusione definitiva della rilevanza penale della dichiarazione infedele (ancora oggi rimessa alla valutazione del giudice), sulle sanzioni amministrative e sul miglioramento dei meccanismi di funzionamento dell'istituto, soprattutto quando ci sono divergenze di vedute tra amministrazione e contribuenti. Gli emanandi provvedimenti attuativi dovranno affinare e chiarire molti aspetti.
Il concordato preventivo biennale (decreto approvato dal Consiglio dei ministri del 25 gennaio 2024) è un istituto non nuovo nel nostro ordinamento. Non è sicuramente agevole far funzionare questa sua rinnovata versione come mai accaduto prima.
L' idea è buona per le piccole e medie attività, dove non arrivano i grandi sostituti di imposta e la compliance è meno presente: ci si siede in via preventiva con il fisco, si stabilisce l'imponibile e ci si dimentica della variabile fiscale, da un lato, e di inseguire condotte evasive, dall'altro.
Il problema, però, è passare dalla teoria all'attuazione concreta, anche perché buona parte del c.d. tax gap si annida verosimilmente proprio sui soggetti, che possono entrare nel concordato, con indici di affidabilità non in regola (lo certificano anche gli ultimi dati del MEF, che rilevano che la media di imponibile dichiarato da questi ultimi si aggira sui 13mila euro), rispetto ai quali determinare il “giusto” imponibile fiscale è esercizio non agevole. Dall'altro lato, invece, occorre comprendere quanto il contribuente possa fare affidamento sulla stabilità di questo “patto” con il fisco.
Nel solco della cooperative compliance per le imprese, è una ottima intuizione anche la prevista introduzione (cfr. art. 17, lettera g), punto 3, legge n. 111/2023) di un regime di adempimento collaborativo per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia nonché per quelle che la mantengono all'estero ma possiedono, anche per interposta persona o tramite trust, nel territorio dello Stato un reddito complessivo, comprensivo di quelli assoggettati a imposte sostitutive o ritenute alla fonte a titolo d'imposta, mediamente pari o superiore a un milione di euro. Si spera che le intenzioni del legislatore della delega trovino presto spazio in un decreto attuativo.
Come rileviamo nel Volume "Riforma Fiscale", l'occasione che la delega ha concesso può realmente servire a migliorare il nostro Fisco. Ma per raggiungere i traguardi che riteniamo decisivi politica e istituzioni devono ancora spingersi oltre, e anche correggere il tiro in alcuni ambiti (su tutti il processo tributario).