martedì 24/10/2023 • 06:00
A seguito della legge delega fiscale n. 111/2023, il 23 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto contenente le modifiche da apportare allo Statuto dei diritti del contribuente. Quali sono le novità previste?
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La bozza di decreto legislativo avvia il processo di revisione dello Statuto dei diritti del contribuente, in attuazione della legge delega n. 111/2023 per la riforma fiscale.
Modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente
Partendo dai principi generali, la bozza riscrive l’art. 1, c. 1 dello Statuto prevedendo che le disposizioni dello stesso “si conformano alle norme della Costituzione rilevanti in materia tributaria, ai principi dell’ordinamento dell’Unione Europea e alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo”.
La nuova formulazione è giuridicamente meno precisa rispetto all’attuale. Si passa dalla previsione di disposizioni attuative di specifiche norme costituzionali, alla dichiarazione autoreferenziale secondo cui le disposizioni dello statuto si conformano alle norme della Costituzione rilevanti in materia tributaria, ai principi dell’ordinamento dell’Unione Europea e alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.
L’espressione “si conformano” è un’autodichiarazione di compatibilità delle norme dello Statuto ai principi superiori di fonte costituzionale ed europea rilevanti in materia tributaria. Specificazione quest’ultima che sembrerebbe ignorare i principi che invece rilevano in tema di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, nel cui alveo si inserisce anche quella degli uffici tributari.
La formulazione proposta dell’art. 1 dello Statuto peggiora peraltro i presidi in tema di certezza del diritto. La derogabilità delle disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente continua ad essere consentita, per di più anche da leggi speciali, essendo stato eliminato il divieto attualmente previsto.
Passando invece alle modifiche che verrebbero apportate all’art. 2 dello Statuto, rubricato “Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie”, qui la bozza sembra introdurre una novità assoluta nel panorama giuridico. Viene infatti inserito un nuovo comma, il 4bis secondo cui le norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi si applicano esclusivamente ai casi e ai tempi in esse considerati. In altre parole, viene proposto l’inserimento di un divieto di analogia e di interpretazione estensiva. Questa previsione, laddove confermata in sede di decreto legislativo, avrebbe un impatto importante dal momento che la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi è una disciplina positiva, generale e astratta. Tale divieto è previsto dall’art. 14 delle preleggi solo per le norme penali ed eccezionali. Il diritto tributario non punitivo è un diritto fatto di norme le cui portata generale e astratta e non necessariamente casistica implica l’applicazione della stessa a casi anche non espressamente previsti ma che possiedono caratteristiche tali da consentire l’assorbimento nell’ambito della previsione generale e astratta.
Un esempio concreto: in materia di IVA, la rinuncia traslativa non è un atto espressamente previsto nell’ambito degli artt. 2 e 3, e tuttavia è un atto che implica un effetto traslativo di beni. Con la nuova disposizione contenuta dall’art. 2, comma 4 bis la rinuncia traslativa non potrebbe essere assimilata a una cessione di beni e dunque si avrebbe una lacuna incolmabile in base alle norme generali.
Questo significa che il sistema tributario rischia di produrre un numero indefinito di bug, cioè di lacune che potranno essere colmate solo con un intervento legislativo. Con il risultato di appesantire di molto il meccanismo di funzionamento del sistema e di alimentare l’iniquità e l’ingiustificata discriminazione nel trattamento fiscale di casi del tutto simili ma
Per quanto riguarda l’art. 3 dello Statuto, sull’efficacia temporale delle norme tributarie, qui la bozza introduce un nuovo periodo al comma 1 secondo cui “Le presunzioni legali non si applicano retroattivamente”. Al di là di questo, nulla di nuovo sul fronte della certezza del diritto, dal momento che, come visto, permane la possibilità per il legislatore ordinario di derogare le disposizioni dello statuto e quindi anche questa.
Passando invece alle disposizioni introdotte ex novo, nella bozza di decreto legislativo troviamo la tanto attesa previsione in via generalizzata del principio del contraddittorio. Qui, la formulazione tradisce però le indicazioni contenute nella legge delega. Si parla infatti di un “contraddittorio informato ed effettivo” senza tuttavia alcuna indicazione circa le modalità che lo renderebbero effettivo. In realtà, la legge delega ha indicato un preciso criterio di effettività, e cioè la previsione dell’obbligo di espressa motivazione sulle osservazioni formulate dal contribuente. Ma inspiegabilmente questa modalità non compare nella bozza di decreto.
Annullabilità, nullità degli atti e processo tributario
Vengono poi introdotte le categorie dell’annullabilità e della nullità degli atti dell’Amministrazione finanziaria, rispettivamente agli art. 7bis e 7ter della bozza di decreto.
L’annullabilità può essere dedotta a pena di decadenza con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e non rilevabile d’ufficio, mentre la nullità può sempre essere eccepita ed è rilevabile d’ufficio. Viene data una definizione di annullabilità (per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti), ma non una di nullità, prevista per i casi “qualificati espressamente come tali da norme di legge successive alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
Altra disposizione ex novo, è l’art. 9 bis rubricato “Divieto di ne bis in idem nel procedimento tributario”, secondo cui, salvo che specifiche disposizioni prevedano diversamente e ferma l’emendabilità di vizi formali e procedurali, il contribuente ha diritto a che l’Amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d’imposta. Qui la formulazione della disposizione sembrerebbe introdurre un divieto di ne bis in idem procedurale, non anche sostanziale, secondo cui non si potrebbe più fare un secondo accertamento relativo allo stesso tributo e allo stesso anno. Divieto, questo, che andrebbe quindi coordinato con la disciplina prevista in materia di accertamenti parziali e integrativi.
Divulgazione dei dati, interpelli e Garante nazionale del contribuente
Viene introdotto poi il divieto di divulgazione dei dati del contribuente e il principio di proporzionalità nel procedimento tributario. Ma, dal tenore letterale della formulazione, anche queste due disposizioni – artt. 9 ter e 10 ter - della bozza, non aggiungono niente alle garanzie del contribuente in quanto non viene previsto alcun regime sanzionatorio in caso di violazioni.
Si attua la revisione dell’istituto dell’interpello, con la previsione del versamento di un contributo e viene introdotta una serie di disposizioni inerenti all’attività interpretativa delle norme tributarie da parte dell’amministrazione finanziaria, con documenti di prassi, circolari, consulenza giuridica e consultazione semplificata. La formulazione attuale non consente tuttavia di coglierne ed apprezzarne gli aspetti concreti.
Infine, come previsto dalla legge delega, la bozza introduce la figura del Garante nazionale del contribuente come "organo monocratico con sede a Roma che opera in piena autonomia e che è scelto e nominato dal ministro dell'Economia e delle Finanze per la durata di quattro anni, rinnovabile una sola volta tenuto conto della professionalità, produttività ed attività svolta". A parere di chi scrive, questa nuova figura non sarebbe molto diversa da quella prevista dall’art. 13 dello Statuto. Anche la figura del Garante nazionale rimarrebbe infatti priva di poteri regolatori e/o sanzionatori, lasciando quindi più di un dubbio sulla concreta utilità della stessa.
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