mercoledì 27/09/2023 • 06:00
La Cassazione, con ordinanza n. 26993 del 21 settembre 2023, si è pronunciata sul licenziamento per superamento del comporto, stabilendo che il lavoratore ha diritto a recuperare le ore non godute e che il datore di lavoro deve motivare il licenziamento. La sentenza bilancia esigenze di tutela della salute del lavoratore con interessi organizzativi dell’azienda.
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Le ore di comporto rappresentano un elemento fondamentale nel mondo del lavoro, fungendo da salvagente per il lavoratore che si trova ad affrontare un periodo di malattia o in seguito a un infortunio. Queste ore rappresentano, in sostanza, il totale delle ore di assenza che un dipendente può accumulare senza rischiare il licenziamento.
La tutela offerta dalle ore di comporto, tuttavia, non è illimitata. Il numero di ore consentite è infatti definito in modo specifico all'interno di ogni Contratto Collettivo di Lavoro, e varia a seconda di fattori come l'anzianità del lavoratore e le mansioni svolte. Una volta che un dipendente raggiunge questo limite, noto come soglia di comporto, il datore di lavoro ha la facoltà di procedere con il licenziamento.
Esiste però una significativa eccezione a questa regola. Nel caso in cui la malattia del dipendente sia stata causata da condizioni igienico-sanitarie inadeguate all'interno dell'azienda, o da un grave incidente sul posto di lavoro, la responsabilità ricade sul datore di lavoro. In queste circostanze, il datore di lavoro non può attribuire la colpa al dipendente per la propria negligenza o incuria.
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Francesca Zucconi
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