Il tema del federalismo fiscale era stato di grande attualità nel 2002, in un contesto governativo analogo a quello attuale. Questa definizione andrebbe riservata alla fiscalità di uno Stato federale o, meglio, di una federazione di Stati, che deve comunque prevedere lo stanziamento di fondi perequativi per evitare eccessive discriminazioni territoriali. Da noi è più esatto parlare di autonomia impositiva locale, attribuendo alle strutture locali il potere di autodeterminare il livello di tassazione, nell'ambito della legge quadro nazionale, cui spetta individuare i possibili tributi e le aliquote tra un minimo ed un massimo. Al federalismo fiscale è dedicato l'articolo 13 della legge delega.
Per approfondire la struttura della fiscalità regionale, si può fare riferimento ad un recente documento prodotto dal servizio studi della Camera il 20 luglio 2023, dal titolo “La finanza regionale”.
L'elemento più significativo, come si può constatare anche guardando un bilancio regionale, è che la parte prevalente delle spese di questi enti riguarda la sanità, e che per finanziare questa funzione si provvede con tre elementi (li riportiamo nell'ordine di importanza):
- compartecipazione al gettito dell'IVA;
- IRAP;
- addizionale all'IRPEF.
Per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto possiamo favorevolmente constatare come questo tributo stia crescendo in modo significativo, sia per la riduzione dell'evasione e della frode, merito anche della fatturazione elettronica, sia per l'incremento dei prezzi al consumo, dovuto all'inflazione. L'IVA è ormai il secondo tributo nel nostro ordinamento, a poca distanza dall'IRPEF.
Alla sorte dell'IRAP è dedicata un'apposita disposizione della delega, l'articolo 8, che parla di “graduale superamento” di questo tributo. L'obiettivo ultimo è quello di sostituirla con una addizionale all'IRES, mantenendo invariato il carico fiscale, per assicurare alle regioni un gettito in misura equivalente a quello attuale, da ripartire tra le stesse sulla base dei criteri vigenti in materia di IRAP.
Passando alla norma specifica della delega, l'articolo 13, si fa riferimento al D.Lgs. 68/2011 – che intitola con riferimento all'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province e non, come si vuole indicare, al federalismo fiscale. Per le regioni e le province a statuto speciale occorre invece provvedere in base ad accordi bilaterali tra lo Stato e ciascuna autonomia, in assenza dei quali non è possibile modificare quanto stabilito dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione.
Questa prima parte della norma non fa che richiamare i principi del decreto del 2011. Più interessante, anche se generica come buona parte delle norme di delega, la seconda parte, relativa alla razionalizzazione dei tributi regionali, dei quali il più rilevante è la tassa automobilistica.
Si prevede al riguardo di modificare, abrogare o trasformare alcuni tributi propri derivati in tributi propri regionali, ovvero in tributi regionali dotati di maggiore autonomia.
Poi si interviene sul processo di accertamento e definizione dei tributi, richiamando come eventuale facoltà delle regioni, i successivi principi della delega, con particolare riferimento all'estensione dell'accertamento esecutivo e alla definizione agevolata.
Dal punto di vista del contribuente, costretto a cimentarsi con una pluralità di procedure, si dovrebbe invece puntare – ma sembra prematuro – ad una unicità di regole dall'accertamento alle sanzioni. Specie nelle zone di confine tra le regioni, province o comuni, ma in realtà in ogni studio professionale, con clienti che risiedono o sono proprietari in località diverse, l'individuazione dell'esatta procedura per i tributi locali comporta una rilevante perdita di tempo, che ben si potrebbe evitare.