sabato 18/03/2023 • 06:00
Revisione del sistema dell’imposizione personale sui redditi, riordino deduzioni e detrazioni IRPEF, equiparazione della no tax area per lavoratori dipendenti e pensionati, introduzione della flat tax incrementale anche per i lavoratori dipendenti: sono alcune delle tematiche contenute nell'art. 5 del DDL Delega per la riforma fiscale.
Riduzione dell'IRPEF
La modifica dell'IRPEF deve avvenire nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva del passaggio verso l'applicazione di una aliquota impositiva unica. Ciò potrà essere attuato solo attraverso il riordino delle deduzioni della base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta, delle detrazioni e dei crediti di imposta.
Attualmente le aliquote IRPEF sono quattro, per effetto dell'art. 1 c. 2 lettera a) L. 234/2021, ossia:
a) fino a 15.000 euro, 23%;
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25%;
c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35%;
d) oltre 50.000 euro, 43%.
Al momento sembrano sussistere due ipotesi di cambiamento che prevedono comunque di unire le due aliquote “centrali” sopra evidenziate: la prima, contempla tre aliquote, una al 23%, una al 27% e l'ultima al 43%, per un costo allo Stato stimato in circa 10 miliardi di euro; la seconda, prevede sempre tre aliquote, una al 23%, una al 33% (in luogo del 27%) e l'ultima al 43%, per un costo pari a 6 miliardi di euro.
In merito al risparmio di imposta che deriva dall'applicazione delle nuove regole, a titolo esemplificativo, accorpando gli scaglioni di reddito, di cui alle lettere b) e c), avremmo la seguente tassazione:
Ipotesi nuovo scaglione |
Ipotesi aliquota |
Reddito |
IRPEF con il precedente regime |
IRPEF nuovo regime |
Risparmio di imposta |
---|---|---|---|---|---|
da oltre 15.000 euro a 50.000 euro |
27% |
52.000 euro |
15.260 euro |
13.760 euro |
1.500 euro |
In ogni caso si può notare che, per attuare la riduzione delle aliquote si sostengono dei costi, che possono essere affrontati, come già anticipato, solo con la revisione della “tax expenditure”, vale a dire riordino di tutte le esenzioni fiscali e crediti d'imposta oggi vigenti, pari a 626 in tutti i settori, che costano circa 165 miliardi di euro.
Comunque, non si può fare a meno di evidenziare che la revisione e il riordino delle deduzioni, delle detrazioni e dei crediti d'imposta, deve tenere conto delle finalità cui sono destinati, con particolare riguardo alla composizione del nucleo familiare, alla tutela del bene casa e di quello della salute delle persone, dell'istruzione, della previdenza complementare, nonché degli obiettivi di miglioramento dell'efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente.
No tax area
Il termine fa riferimento alla soglia di reddito entro la quale l'imposta dovuta è pari a zero e varia a seconda delle diverse categorie di contribuenti. Al di sotto di questa soglia, i redditi non sono sottoposti a pagamento dell'IRPEF.
Sul punto, la riforma fiscale dell'IRPEF, dovrebbe semplificare la norma sui fringe benefit per i lavoratori dipendenti e dovrebbero essere equiparate la no tax area per i pensionati (oggi fissata a 8.500 euro) e quella per i dipendenti (8.174 euro).
In pratica, si allinea la no tax area di dipendenti e pensionati a 8.500 euro senza distinzioni.
Flat tax incrementale
Nel DDL delega al Governo per la riforma fiscale, compare la possibilità di applicare al reddito di lavoro dipendente, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, una imposta sostitutiva IRPEF e relative addizionali.
Il meccanismo dovrebbe essere simile a quello previsto dall'art. 1 c. 55-57 L. 197/2022, applicabile alle persone fisiche titolari di reddito d'impresa e/o di lavoro autonomo che non aderiscono al regime forfetario per il solo anno 2023.
Con la riforma in esame si porta a “regime” il sistema di tassazione “flat tax incrementale”, che viene applicato in misura agevolata su una base imponibile pari alla differenza tra il reddito del periodo d'imposta e il reddito di periodo più elevato tra quelli relativi ai tre periodi d'imposta precedenti, con possibilità di prevedere limiti al reddito agevolabile e un regime peculiare per i titolari di reddito di lavoro dipendente che agevoli l'incremento reddituale del periodo d'imposta rispetto a quello precedente.
Deduzione contributi obbligatori
Di estremo interesse è la previsione indicata al punto 2.3 dell'art. 5 del DDL Delega per la riforma fiscale, laddove è disposta la possibilità per il contribuente di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria e l'eccedenza dal reddito complessivo.
Da ricordare che i versamenti aventi funzione previdenziale - versati obbligatoriamente o facoltativamente, in Italia o all'estero, sempreché le somme e i valori cui i contributi si riferiscono siano assoggettate a tassazione in Italia (Risp. AE 19 luglio 2019 n. 284) - alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, sono interamente deducibili dal reddito complessivo del soggetto che li ha effettivamente sostenuti nell'interesse proprio.
Secondo la Cassazione, i contributi sono dei costi (deducibili) che partecipano alla formazione del reddito di lavoro autonomo (o di impresa) prodotto dai professionisti (o imprenditori) (Cass. 4 settembre 2020 n. 18395, Cass. 10 gennaio 2018 n. 321, Cass. 27 gennaio 2009 n. 1939 e Cass. 26 febbraio 2001 n. 2781).
Al contrario, l'AE ritiene che i contributi obbligatori siano deducibili dal reddito complessivo (Ris. AE 8 marzo 2002 n. 79/E), tranne che per i notai, che li possono dedurre dal reddito professionale in virtù del criterio particolare di liquidazione (Ris. AE 12 ottobre 2020 n. 66/E).
Per i soggetti in regime forfetario, gli unici costi rivelanti sono proprio i contributi previdenziali dovuti per legge (compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell'impresa familiare fiscalmente a carico, o, se non fiscalmente a carico, se il titolare non ha esercitato la rivalsa sui collaboratori stessi), che sono deducibili dal reddito d'impresa o di lavoro autonomo; l'eventuale eccedenza è deducibile dal reddito complessivo.
La riforma sembra adeguarsi sia all'orientamento della Suprema Corte sia alle regole previste per il regime forfetario, per cui, in futuro, i contributi previdenziali obbligatori, versati nell'interesse proprio, saranno configurati come costi d'esercizio deducibili, quindi, dal reddito d'impresa o dal reddito di lavoro autonomo. L'eventuale eccedenza non dedotta come costo sarà deducibile dal reddito complessivo.
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