giovedì 21/07/2022 • 06:00
Il Fisco ha chiarito la corretta operatività da seguire ai fini IVA in una serie di situazioni quali la risoluzione unilaterale del contratto, i tentativi di recupero giudiziale, il fallimento del committente e la risoluzione a seguito di accordo transattivo (Risp. AE 20 luglio 2022 n. 386).
redazione Memento
L'Agenzia delle Entrate è intervenuta in materia di note di variazione fornendo il proprio parere in risposta all'interpello presentato da una società che fornisce merci nei confronti dei propri soci che, tramite la loro attività individuale o mediante società (di capitali o di persone), gestiscono uno o più punti vendita associati, emettendo - a fronte di ogni vendita - regolare fattura. Le forniture possono avvenire in forza di contratto scritto che normalmente contiene anche una clausola risolutiva espressa oppure in forza di ordini periodici di merce e successive forniture.
I quesiti posti dall'istante alle Entrate riguardano i criteri di emissione delle note di variazioni in casi particolari, e precisamente:
Risoluzione unilaterale del contratto con prestazioni continuative e periodiche
Con riguardo alla prima casistica, inquadrabile nel contratto di somministrazione periodica di cose (art. 1559 c.c.), il Fisco chiarisce che l'avverarsi della condizione contemplata dalla clausola risolutiva espressa apposta al contratto, quale il mancato pagamento o la scadenza del termine intimato per iscritto alla parte inadempiente, determina la risoluzione del contratto con effetti ex tunc, cioè a decorrere dalla prima fattura rimasta insoluta. Una volta verificatosi il presupposto per operare la variazione, l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta resta subordinato alle condizioni imposte dall'art. 19 DPR 633/72 e, in particolare, all'emissione della nota entro il termine di presentazione ordinario della dichiarazione annuale IVA relativa all'anno in cui si sono verificati i presupposti per operare la variazione in diminuzione.
Ciò nondimeno, la possibilità di invocare la risoluzione per inadempimento (giudiziale o di diritto), ai fini di operare la variazione in diminuzione riconosciuta dai commi 2 e 9 dell'art. 26 DPR 633/72, rappresenta una facoltà riconosciuta al creditore. Egli, infatti, può rinunciare a detto beneficio, scegliendo, invece, nell'ipotesi di avvio di una procedura concorsuale o esecutiva, di operare la variazione in diminuzione alle condizioni stabilite dal nuovo comma 3-bis introdotto dal Decreto Sostegni-bis (art. 18, c.1, lett. b) DL 73/2021).
Come precisato dal Fisco, la risoluzione per inadempimento (giudiziale o di diritto) o l'avvio della procedura esecutiva sono due percorsi tra loro alternativi ai fini di operare la variazione in diminuzione, essendo il primo una facoltà riconosciuta al creditore che non intenda procedere in via esecutiva per recuperare il proprio credito, ritenendo l'iniziativa poco proficua. Dunque, il creditore che decide di avviare l'azione esecutiva, rinuncia al suo diritto di invocare la risoluzione contrattuale quale presupposto per emettere la nota di credito e deve, quindi, a tal fine attendere l'esito infruttuoso della procedura.
Recupero giudiziale delle somme e fallimento della società di capitali e pagamento parziale del garante
Conseguentemente, con riguardo alle ulteriori ipotesi avanzate dall'istante elencate alle lettere b) e c), egli, qualora non si sia avvalso della possibilità di operare la variazione in diminuzione alle condizioni stabilite dai menzionati commi 2 e 9 dell'art. 26 DPR 633/72 (ed in ogni caso prima dell'avvio dell'eventuale procedura esecutiva), potrà comunque effettuare la variazione:
- dalla data della dichiarazione di fallimento del debitore;
- dal momento del definitivo accertamento dell'infruttuosità dell'azione per l'insussistenza di beni da assoggettare all'esecuzione, documentato dagli organi della procedura (cd. verbale di pignoramento negativo, predisposto dall'Ufficiale giudiziario anche all'esito delle indagini eseguite con modalità telematiche).
Qualora poi, successivamente alle variazioni in parola - a fronte dell'avvio di azioni esecutive a carico dei soci illimitatamente responsabili di società di persone, ovvero del garante del debito di società di capitali - l'istante riesca ad incassare somme (benché ratealmente e a mezzo di pignoramento dello stipendio o della pensione) indistintamente imputabili a spese legali per le azioni intraprese, interessi, accessori e per il residuo a capitale, detti importi, riconducibili comunque per natura al corrispettivo non percepito, saranno oggetto di fatture autonome e distinte da emettere nei confronti dell'originario debitore al momento dell'incasso, ripartiti proporzionalmente tra imponibile ed imposta.
Risoluzione e riconoscimento dell'inadempimento a seguito di accordo transattivo
L'ultima casistica analizzata, riguardante la risoluzione e riconoscimento dell'inadempimento a seguito di accordo transattivo, rientra, invece, tra le ipotesi di variazione in diminuzione contemplate al comma 3 dell'art. 26 DPR 633/72, consentita entro un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile qualora la «risoluzione» contemplata al comma 2 della medesima norma si verifichi «in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti». In detta ipotesi, l'importo recato dalla nota di credito sarà pari alla somma oggetto di rinuncia all'incasso per effetto dell'accordo transattivo, sempre ripartita proporzionalmente tra imponibile ed imposta.
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