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sabato 16/07/2022 • 06:00

Fisco Dalla Cassazione a SS.UU.

Confermata la giurisdizione ordinaria in caso di mancata transazione fiscale

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato che appartengono al giudice ordinario la giurisdizione sulla controversia che si può instaurare se l'Agenzia delle Entrate non accetta la. proposta di ristrutturazione avanzata dal debitore contribuente e non consente il raggiungimento della maggioranza richiesta per l'omologazione dell'accordo o del concordato preventivo.

di Valerio Ficari - Professore Università Tor Vergata

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  • Tempo di lettura 5 min.
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Basi della tesi della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ritorna con la sentenza Cass. SU 11 luglio 2022 n. 21835 a decidere sulla giurisdizione in caso di mancata accettazione della proposta di transazione fiscale da parte dell'Agenzia delle Entrate, presentata dal contribuente ai sensi dell'art. 182 bis LF e art. 182 ter LF prima della modifica apportata dall'art. 3 DL 125/2020 convertito nella L. 159/2020.

Nell'esporre le proprie ragioni nel regolamento preventivo di giurisdizione, l'Amministrazione evidenziava la natura privatistica negoziale dell'accordo non si era aderito quale il quale una valenza interpretativa a seguito delle modifiche normative apportate e la cui prevalenza, tra gli interessi rilevanti, di quello concorsuale su quello fiscale all'effettività della riscossione.

La Cassazione, aderendo ad un precedente conforme orientamento (Cass. SU 25 marzo 2021 n. 8504 e Cass. SU 3 agosto 2021 n. 22139) ritiene fondata la giurisdizione ordinaria in quanto:

  • lo strumento della transazione fiscale si inserisce in un subprocedimento paraconcorsuale di natura privatistico/negoziale interno a quello più generale relativo ai crediti privatistici e ciò renderebbe necessario concentrarsi davanti al giudice ordinario fallimentare la tutela di tutte “le (eterogenee) posizioni concorrenti” rilevanti ai fini dell'omologazione;
  • il sindacato sulla “valutazione di convenienza della proposta” non atterrebbe al genere delle “controversie aventi propriamente ad oggetto l'un ed il quantistico della pretesa impositiva” che caratterizzerebbero in via esclusiva la giurisdizione tributaria;
  • il diniego di transazione fiscale non sarebbe equiparabile, tra gli atti impugnabili ex art. 19 D.Lgs. 546/92, ad un diniego di agevolazione o di condono, trattando la giurisdizione tributaria nel suo complesso (solo) “del fondamento o della quantificazione della pretesa impositiva “ o “della legittimità di un atto della riscossione” e non anche dei motivi della mancata accettazione, motivi che potrebbero consistere (nonostante l'asseverazione che qui si osserva) in una serie di circostanze ("esito di precedenti transazioni tra le parti, asserita mancanza di adeguate garanzie, affermata l' insussistenza in concreto di affidabili indizi di fattibilità e di realistiche prospettive di maggior soddisfacimento rispetto alla liquidazione concorsuale tout court”);
  • la giurisdizione tributaria non potrebbe comprendere le ipotesi in cui “l'obbligazione tributaria” ed “il rapporto giuridico tributario” dedotti non quali “oggetto siano” diretto di accertamento giudiziale” ma “quali elementi integrativi di una diversa fattispecie non connotata da autoritatività” né alle ipotesi in cui al giudice tributario siano attribuibili poteri sostitutivi rispetto all'operato dell'Agenzia.

Osservazioni controcorrente nonostante l'art. 48 c. 5 Codice Crisi d'impresa

Le argomentazioni addotte dalla Suprema Corte si prestano ad alcune osservazioni divergenti pur nella suprema che, de iure condito, la scelta sia ad oggi quella della giurisdizione ordinaria.

In primo luogo, ritenere che la ristrutturazione del debito tributario sia riferibile ad un tipo procedurale secondario appare errato, ove si riconosca la giusta rilevanza anche in termini quantitativi agli interessi pubblici/privati ​​sottesi all'indebitamento tributario la cui natura (ed entità) ne giustifica una regolamentazione speciale e il cui contenuto dovrebbe essere raccomandato in termini di rapporto tra norma speciale e norma generale con le successive autonomie e non, invece, che come mera articolazione di una specie accomunabile a quelle già regolate dalla normativa generale per loro natura di stampo privatistico e non anche pubblicistico.

Altrimenti detto: la natura pubblica debito del certo non può essere obliterata conoscendo già da oltre 25 anni lo strumento pattizio dell'accertamento con adesione la cui natura privatistica è stata esclusa a favore di ricostruzioni che ne hanno considerato il carattere bilaterale di genere pubblico.

In secondo luogo, la giurisprudenza tributaria aveva già consolidato un orientamento nel quale l'elencazione di cui all'art. 19 D.Lgs. 546/92 era stata giudicata sufficiente ad ospitare, attraverso una interpretazione funzionale, racconto specie di diniego sul solco di esperienze simili di impugnabilità, di dinieghi senza accertamento diretto della pretesa.

In terzo luogo, la posizione della Corte trascura di considerare che le valutazioni sottese all'accettazione o meno della proposta di transazione fiscale si ricondotti all'art. 97 Cost. inteso come fondamento di un interesse all'effettività della riscossione come delineato nella nota sentenza della C.Giust. UE 7 aprile 2006 C‑546/14 (caso Degano trasporti).

Infine, si deve evidenziare come uno spazio cognitivo di un giudice (ordinario o tributario che sia) non dovrebbe, in realtà, comprendere tutte quelle circostanze che la SC ha indicatore poiché, se così fosse, si trascurerebbe di considerare la rilevanza penale che una falsa attestazione assumere ove non se ne accettare il contenuto in termini di valori, sostenibilità e convenienza alla liquidazione.

Fonte: Cass. SU 11 luglio 2022 n. 21835

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