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lunedì 11/07/2022 • 13:01

Lavoro Prossima scadenza

Smart working: tra la fine dell’emergenza e i protocolli sulla sicurezza

Con il venir meno dell'emergenza pandemica, lo smart working si trova ad un bivio tra la scadenza delle modalità semplificate di accesso e il suo riconoscimento quale strumento utile per contrastare la diffusione del contagio da COVID-19. Tuttavia, il lavoro agile resta una sfida anche nel futuro.

di Ciro Cafiero - Avvocato - Studio Cafiero Pezzali & Associati

di Silvia Passeri - Giurista

+ -
  • Ascolta la news 5:03

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Lo smart working, con la pandemia, è diventato un mantra. Sulla bocca del legislatore, dei sociologi, degli economisti, dei lavoratori.

Complice di questo successo è stata, durante l'emergenza sanitaria, una straordinaria produzione normativa. Lo smart working è passato infatti dai sette timidi e sparuti articoli della Legge 81/2017 a fare capolino in una copiosa serie di provvedimenti.

Tra i tanti, i DPCM del 1° marzo 2020, del 4 marzo 2020 e del'8 marzo 2020, i Protocolli sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro tra Governo e Parti Sociali del 14 marzo 2020, del 24 aprile 2020 e del 6 aprile 2021, il DL 34/2020, il Protocollo di disciplina del lavoro agile nel settore privato sottoscritto dal Ministro del Lavoro il 7 dicembre 2021 ed infine, il DL 24/2022.

Si è trattato, tuttavia, di uno smart working di tipo emergenziale, con peculiarità inedite rispetto a quello ante COVID. Una modalità di lavoro agile che, con il venir meno dell'emergenza pandemica, si trova ora ad un bivio.

Le prossime scadenze

Da un lato, vi sono infatti due imminenti scadenze. Per i lavoratori fragili – ossia quei soggetti con patologie tali da poter subire gravi conseguenze in caso di infezione da COVID – si avvicina la data del 31 luglio 2022. In questo giorno, salvo proroghe, scadrà il loro diritto, compatibilmente alla tipologia di attività di lavoro prestata, ad usufruire dello smart working.

Sempre al 31 luglio è inoltre fissato il termine per il diritto per i lavoratori del settore privato con figli minori di 14 anni ad accedere allo smart working. Tale diritto è sempre subordinato alla compatibilità dell'attività prestata e alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia un genitore non lavoratore.

Il 31 agosto 2022 rappresenta invece la data in cui cesserà la possibilità di fare ricorso al c.d. smart working “semplificato”, attuabile mediante una procedura semplificata di comunicazione, senza, quindi, la necessità di stipulare accordi individuali scritti tra le Parti.

Il Protocollo sulla Sicurezza

Dall'altro lato, vi è invece il nuovo Protocollo sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro sottoscritto il 30 giugno tra Governo e Parti Sociali, il quale conferma lo smart working come modalità di svolgimento della prestazione lavorativa volta a fronteggiare la diffusione del COVID.

Dichiara infatti il Protocollo, all'art. 11, che “pur nel mutato contesto e preso atto del venir meno dell'emergenza pandemica, si ritiene che il lavoro agile rappresenti, anche nella situazione attuale, uno strumento utile per contrastare la diffusione del contagio da COVID-19, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili, maggiormente esposti ai rischi derivanti dalla malattia. In questo senso, le Parti sociali, in coerenza con l'attuale quadro del rischio di contagio, manifestano l'auspicio che venga prorogata ulteriormente la possibilità di ricorrere allo strumento del lavoro agile emergenziale”.

Il Protocollo, inoltre, all'art. 12, riferendosi ai lavoratori fragili, afferma che: “il datore di lavoro stabilisce, sentito il medico competente, specifiche misure prevenzionali e organizzative per i lavoratori fragili – auspicando le Parti sociali che – vi sia una proroga al 31 dicembre 2022 della disciplina a protezione dei lavoratori fragili”.

Dunque, a fronte dell'incertezza della normativa, che risente ancora degli strascichi emergenziali, del Protocollo sulla Sicurezza, e della necessità, ai fini del D.Lgs. 81/2008, di porre in essere ogni azione necessaria alla garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori, è ragionevole suggerire ai datori di lavoro atteggiamenti improntati alla collaborazione con la forza lavoro rispetto al tema dello smart working.

Sicuramente è opportuno privilegiare i soggetti con fragilità, i caregivers, tra cui in primis i genitori e le persone con particolari necessità in considerazione di esigenze personali.

In alternativa, si suggerisce la creazione di ambienti di lavoro concilianti, e quindi cuciti a misura delle esigenze della persona, che bilancino e facciano da contrappeso alla rinuncia dell'utilizzo della modalità di lavoro agile.

Ad esempio, alcune aziende hanno optato per l'innalzamento della qualità del cibo nelle mense, altre ancora per servizi di fitness e supporto psicologico in favore dei lavoratori, altre per la creazione di momenti di scambio relazionale.

Per gli essential workers, ed in particolare per i blue collars, questa rappresenta una soluzione in grado di alleviare il peso delle rinunce che hanno scontato durante la pandemia. Questi lavoratori infatti non hanno mai smesso di lavorare in presenza.

La riforma dello smart working

Infine, alcune ultime considerazioni sulla proposta di legge, incardinata al Parlamento, di modifica della Legge 81/2017, volta a ridurre l'autonomia del legislatore in materia di smart working, sbilanciandosi sulla contrattazione collettiva. Le aziende, hanno ricavato importanti margini di autonomia nell'applicare tale strumento. È dunque importante preservare questi margini, senza impatti significativi sulla struttura della Legge 81/2017.

Lo smart working infatti presuppone un processo di trasformazione culturale che richiede ai manager di riporre fiducia nei confronti dei dipendenti, e ai lavoratori di agire nel segno, come già accaduto in fase pandemica, degli obiettivi di produttività.

Ciò che resta incompiuto e fondamentale, è invece la necessità di un miglior riparto degli oneri della sicurezza tra smart workers e azienda, la quale infatti non può rispondere di rischi che non conosce, legati a spazi, tempi e organizzazioni individuati in autonomia dal lavoratore.

Ciò che preoccupa è infatti l'insorgere di gravi patologie di isolamento, che negli Stati Uniti hanno ribattezzato “effetto cocoon” o home nesting. Le aziende potrebbero, attraverso la tecnologia pusher o per mezzo di app appositamente realizzate, stimolare il lavoratore a una vita relazionale, alla cura del proprio benessere fisico e psichico, rieducandolo in definitiva ad una vita socialmente attiva.

In definitiva, lo smart working resta una sfida anche nel futuro. Che deve guardare alla persona in un'ottica olistica, per valorizzarne le peculiarità. È la sfida dell'inclusion. È la sfida dell'human working.

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redazione Memento

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