giovedì 09/06/2022 • 17:30
L’utilizzo del reverse charge nella fatturazione con IVA è da sempre un elemento di tutela dell’erario, quando il fornitore non è affidabile e non può essere controllato in tempo reale. La nuova Dir. 2022/890/UE proroga al 31 dicembre 2026 alcune ipotesi di reverse charge in scadenza.
Reverse charge significa “inversione dell’obbligo”, spostando dal cedente o prestatore al cessionario o committente l’obbligo di rendersi debitore dell’imposta. Entrambi le parti del rapporto contrattuale devono essere soggetti di imposta stabiliti o per lo meno identificati, cioè titolari di partita IVA nel nostro Paese.
Il reverse charge tutela l’erario quando ritiene che il venditore non sia affidabile, e risale ai primordi dell’IVA quello sui rottami e materiali di recupero (l’attuale art. 74 c. 7 e 8 della nostra legge IVA). Peraltro, questa modalità di fatturazione sposta sull’acquirente il rischio di innescare una frode carosello o del “venditore scomparso” (missing trader). Questo soggetto non paga l’IVA al proprio fornitore, in quanto il reverse charge, laddove l’imposta sia detraibile senza limitazione, è una mera scrittura contabile, nella quale al debito per l’IVA sull’operazione consegue contestualmente il diritto di detrazione.
Quando rivende il bene acquistato in reverse charge, deve liquidare l’imposta sull’intero corrispettivo, e se non lo fa, scomparendo quando ci sarà un controllo, si appropria dell’intera imposta e, in genere, mette nei guai il suo acquirente, in quanto secondo i verificatori “non poteva non sapere” che stava comprando da un soggetto non affidabile.
Si spiega così la prevalenza delle successive introduzioni di questo meccanismo nelle prestazioni di servizi, che di regola concorrono alle spese generali e non vengono rivendute. Nel nostro attuale ordinamento, oltre ai rottami e materiali di recupero – ai quali sono stati aggiunti i pallet dopo la prima fase di commercializzazione, anche se idonei all’uso – abbiamo gli immobili rivenduti in regime di imponibilità per opzione, ma i controlli sono più idonei ed efficaci data la natura di queste operazioni peraltro poco numerose. Un altro bene, anche qui controllabile, in reverse charge è l’oro da investimento o il materiale d’oro, compresi i semilavorati di purezza non inferiore a 325 millesimi (art. 17 c. 5).
Le altre ipotesi
Le altre ipotesi di reverse charge sono nel sesto comma dell’art. 17 e si distinguono, in base alla Dir. 2006/112/CE, tra quelle in cui lo Stato che eserciti la relativa opzione debba solo notificarla alla Commissione europea o debba essere destinatario di una specifica autorizzazione.
Al riguardo la nostra norma contiene due voci che sarebbe il caso di togliere, avendo ottenuto non l’autorizzazione, ma il rifiuto dalle autorità europee (le lettere sono quelle della norma da ultimo citata):
La nuova direttiva interviene sulle disposizioni dell’art. 17 c. 6 legge IVA, che - in base all’art. 199-bis Dir. 2006/112/CE - prevedono la scadenza al 30 giugno 2022 delle voci:
b) cessioni di terminali telefonici online (cd. telefonini);
c) cessioni di tablet PC, laptop, console da gioco, microprocessori ceduti prima della loro installazione;
d-bis) trasferimenti di quote di gas a effetto serra;
d-ter) trasferimenti di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
d-quater) cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo rivenditore.
Il reverse charge per le voci b) e c) riguarda solo la fase distributiva che precede il commercio al dettaglio.
Il Quick Reaction Mechanism
Molto più teoriche sono le disposizioni dell’art. 199-ter della direttiva, di cui si occupano gli ultimi tre commi dell’art. 17 legge IVA, e che estendono il reverse charge a qualunque ipotesi, individuando un meccanismo qualificato esplicitamente come QRM (Meccanismo di Reazione Rapida – Quick Reaction Mechanism) in situazioni estreme e di fatto mai applicate nemmeno in altri Stati UE. Lo scopo sarebbe quello di combattere la frode improvvisa e massiccia, che potrebbe condurre a perdite finanziarie gravi e irreparabili, e la durata dell’autorizzazione sarebbe non superiore a nove mesi. Questa misura deve essere notificata a tutti gli Stati dell’Unione e in caso di imperativa urgenza la procedura è completata entro sei mesi.
Già queste modalità e termini evidenziano che l’estensione del reverse charge per frenare le frodi non funzionerà mai.
Molto più sicuri sono i sistemi di fatturazione elettronica, come il nostro, che consentono di verificare in tempo pressoché reale che chi emette un documento si renda debitore della relativa imposta e ne esegua il versamento.
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In deroga alla regola generale, in base alla quale il cedente/prestatore è il debitore dell'imposta, la normativa IVA prevede che, per specifiche operazioni effettuate nei confronti del cessionario/committente, soggetto..
Marco Peirolo
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