giovedì 24/04/2025 • 06:00
Il titolare di un marchio nazionale può chiedere che sia inibito ad un terzo di “stoccare” in un altro Stato membro prodotti lesivi del suo marchio, allo scopo di offrirli o immetterli nel paese in cui il marchio è protetto. Così si è espresso l'avvocato generale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella causa C-76/24.
La domanda di pronuncia giurisprudenziale di cui è stata investita la CGUE nella causa C-76/24 verte sull'interpretazione dell'art. 10 par. 3 lettera b) della Dir. UE 2436/2015. In particolare, l'art. 10 conferisce diritti esclusivi al titolare di un marchio d'impresa registrato; il successivo par. 3, alla lettera b, vieta, inoltre, “di offrire o immettere in commercio o stoccare a tali fini i prodotti, ovvero offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno”.
La causa
Il titolare di due marchi tedeschi figurativi, contenenti elementi denominativi registrati, proponeva ricorso dinanzi alla Landgericht Nurnberg-Furth, per ottenere che fosse ingiunto ad una società spagnola di cessare l'uso in commercio dei marchi di sua proprietà in Germania. A seguito di condanna, la società spagnola proponeva ricorso per Cassazione contestando, in particolare, la condanna per stoccaggio di accessori per immersione che violerebbero i marchi della società tedesca.
Secondo il giudice del rinvio, l'atto consiste in uno stoccaggio illecito di cui all'art. 14 par. 2-3, punto 2, della legge tedesca sulla protezione dei marchi e degli altri segni distintivi, la quale richiede che ricorrano un elemento materiale, ossia lo stoccaggio dei prodotti lesivi del diritto sul marchio, e un elemento soggettivo, ossia la volontà di stoccare il prodotto al fine di immetterlo in commercio mediante qualsiasi atto giuridico, compresa l'offerta.
Il giudice del rinvio si chiede se la nozione di “stoccare” richieda l'effettiva possibilità di accesso ai prodotti lesivi del marchio o, se sia sufficiente la possibilità di influire su chi abbia effettivamente accesso a tali prodotti. Sebbene nel diritto tedesco la società ricorrente possa essere qualificata come “possessore indiretto”, il giudice tedesco dubita che l'art. 10 par. 3 lettera b) della Dir. UE 2436/2015 si applichi al possesso di terzi.
Il parere dell'avvocato generale
In merito a tale prima questione pregiudiziale, l'avvocato generale della CGUE ha dichiarato che l'efficacia delle norme relative alla protezione dei diritti di marchio sarebbe compromessa qualora l'uso di un segno identico o simile a un marchio registrato nell'Unione fosse sottratto all'applicazione delle norme per il solo fatto che il terzo, promotore di offerte di vendita o pubblicità internet di prodotti recanti un segno identico o simile a un marchio protetto, sia stabilito in uno Stato terzo, che il server del sito internet da lui utilizzato si trovi in tale Stato o ancora, che il prodotto oggetto di detta offerta si trovi in uno Stato terzo. Pertanto, il titolare del marchio può opporsi alla vendita, all'offerta in vendita o alla pubblicità in forza dell'art. 5 della prima Dir. CE 104/89, o dell'art. 9 del Reg. CE 40/94.
L'avvocato generale sostiene, inoltre, che la mera accessibilità di un sito internet nel territorio per il quale il marchio è stato registrato non sia sufficiente per concludere che le offerte di vendita che compaiono in esso sono destinate a consumatori di quel territorio. Tale valutazione sarebbe infatti compito dei giudici nazionali, i quali dovrebbero valutare caso per caso se l'offerta in vendita sia destinata a consumatori che si trovano in tale territorio, prendendo in considerazione, ad esempio, il fatto che l'offerta sia accompagnata da precisazioni riguardo alle aree geografiche verso le quali il venditore è disposto a spedire il prodotto.
Con riguardo, invece, alla seconda questione vertente sulla nozione di “stoccaggio”, l'avvocato generale sostiene che l'art. 10 par. 3 lettera b) della Dir. UE 2436/2015 debba essere interpretato nel senso per cui lo stoccaggio includa la possibilità di influire in modo decisivo su chi abbia effettivamente accesso ai prodotti, al fine di decidere, anche indirettamente, sulla destinazione degli stessi.
Conclusioni
Con le conclusioni presentate nella causa C-76/2024 l'avvocato generale propone alla CGUE di uniformarsi alla giurisprudenza consolidata, la quale ha più volte sottolineato che il diritto esclusivo del titolare di un marchio è stato concesso al fine di consentire a quest'ultimo di proteggere i propri interessi. Pertanto, l'esercizio del diritto suddetto deve essere riservato ai casi in cui l'uso del segno da parte di un terzo pregiudichi (o possa pregiudicare) le funzioni del marchio, tra cui quella, essenziale, di garantire all'utente finale l'identità del prodotto e di distinguerlo, senza possibilità di confusione, da quelli aventi una diversa provenienza. In base a tale orientamento, l'art. 10 par. 3 lettera b) della Dir. UE 2436/2015, andrebbe interpretato nel senso per cui garantisce la protezione di un marchio nazionale dallo stoccaggio di un prodotto lesivo dei diritti correlati a tale marchio al di fuori del suo territorio di protezione, qualora tale stoccaggio avvenga allo scopo di offrire il prodotto o di immetterlo in commercio nel paese in cui detto marchio è protetto.
Fonte: Conclusioni dell'avvocato generale Dean Spielmann del 27 marzo 2025 in CGUE C-76/24
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