martedì 25/03/2025 • 06:00
La Corte di Cassazione, con ordinanza 9 marzo 2025 n. 6282, ha affermato che durante le ferie il dipendente ha il diritto di percepire una retribuzione che sia equivalente a quella ordinaria ricevuta durante i periodi di lavoro effettivo, comprese le voci variabili.
Nel caso in esame un lavoratore, con mansioni di macchinista, aveva chiesto all'autorità giudiziaria che, durante il periodo di ferie, il suo trattamento economico fosse commisurato a quello percepito per il lavoro ordinariamente svolto e, quindi, includesse l'indennità di utilizzazione giornaliera professionale (IUP), sia nella parte fissa che nella parte variabile, e l'indennità di assenza dalla residenza.
Si tratta di indennità previste dai CCNL e dai Contratti aziendali applicati al rapporto, da calcolarsi, secondo il lavoratore, sulla media dei compensi percepiti nei 12 mesi precedenti.
Il Tribunale aveva accolto le sue domande che, invece, venivano respinte in appello.
Il lavoratore ricorreva in cassazione, affidandosi a tre motivi a cui resisteva la società. Entrambe le parti depositavano memorie.
Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, investita della causa, ribadisce che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di fruizione delle ferie deve essere determinata alla luce dell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia Europea. Interpretazione secondo la quale l'espressione “ferie annuali retribuite” contenuta nell'art. 7, n. 1, della Direttiva n. 88/2003 implica che, durante le ferie annuali, deve essere garantita al lavoratore la retribuzione che percepisce in via ordinaria. Una diminuzione della stessa potrebbe dissuaderlo dall'esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione Europea.
In questo senso è stato chiarito che qualsiasi incentivo o sollecitazione finalizzati a indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo, il cui scopo è quello di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un'efficace tutela della loro salute e sicurezza.
Ne deriva che, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte durante il periodo di ferie, è necessario accertare se esse siano intrinsecamente collegate alle mansioni assegnate al lavoratore interessato e correlate al suo status personale e professionale.
Nella fattispecie in esame vengono in discussione l'indennità di utilizzazione professionale (IUP) e l'indennità per assenza dalla residenza.
Con riferimento a quest'ultima indennità, la sua corresponsione, in forma continuativa, è “immediatamente” collegata alle mansioni tipiche dei macchinisti. Ciò in quanto è destinata a compensarli del disagio derivante dall'assenza di una sede fissa di lavoro e dall'essere continuamente in movimento, lontano dalla sede formale di lavoro.
In base alla medesima ratio (collegamento funzionale con le mansioni tipiche) sono fondate le domande collegate alla parte variabile dell'indennità di utilizzazione professionale, che rappresenta una voce ordinariamente corrisposta durante i periodi di lavoro. La sua erogazione in misura ridotta durante il periodo di ferie, in base a una verifica ex ante, potrebbe dissuadere il lavoratore dal fruirne, tenuto conto della continuità dell'erogazione nel corso dell'anno e dell'incidenza sul trattamento economico mensile.
Nell'interpretazione delle norme collettive che regolano i predetti istituti è necessario, infatti, considerare le finalità della direttiva recepita dal nostro ordinamento. Essa, si ricorda, mira a garantire al lavoratore un compenso che non costituisca un deterrente all'esercizio del suo diritto di godere effettivamente del riposo annuale.
L'effetto dissuasivo potrebbe realizzarsi qualora le voci che compongono la retribuzione nei giorni di ferie vengano limitate, escludendo alcune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che, comunque, sono strettamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente svolte.
La giurisprudenza dell'Unione Europea ha chiarito che il lavoratore, durante la fruizione delle ferie, deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro. Ciò in quanto il diritto alle ferie annuali retribuite è considerato un principio fondamentale del diritto sociale dell'Unione Europea, che non può essere derogato. La sua attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa Direttiva.
Pertanto, la retribuzione durante le ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore.
Peraltro, non può ritenersi che l'incidenza dell'effetto dissuasivo possa essere apprezzata raffrontando la differenza retributiva mensile con quella annuale. Per il dipendente, la possibile “induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie deriva dall'incidenza sulla retribuzione che, ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé o alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita”.
La Corte di Cassazione conclude così per l'accoglimento del ricorso del lavoratore, cassando la sentenza con rinvio alla Corte distrettuale in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Fonte: Cass. ordinanza 9 marzo 2025 n. 6282
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Debhorah Di Rosa
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