martedì 04/03/2025 • 06:00
Per i procedimenti disciplinari avviati prima dell’entrata in vigore della L. 92/2012, non può trovare applicazione il principio dell’efficacia retroattiva del licenziamento. Ne consegue che il datore di lavoro, in assenza di una espressa previsione di legge, non ha diritto alla restituzione delle retribuzioni erogate al dipendente durante il periodo di sospensione.
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Una dipendente di istituto bancario, dopo esser stata sottoposta a procedimento penale per fatti commessi nell'esercizio delle sue funzioni, era stata sospesa cautelativamente dal servizio ai sensi dell'art. 37, comma 3 del CCNL del Credito del 2007, con obbligo per la stessa di informare la Banca in merito ad ogni eventuale sviluppo del procedimento penale avviato a suo carico. Successivamente, all'esito di ulteriori accertamenti, la lavoratrice veniva anche sottoposta a procedimento disciplinare.
Dopo ben 6 anni, preso atto della sentenza penale di condanna della dipendente, la Banca ha disposto il licenziamento per giusta causa della lavoratrice ai sensi del combinato disposto degli artt. 44, lett. e) e 77, lett. D) del CCNL del 31 marzo 2015, con effetti decorrenti dalla data di avvio del procedimento disciplinare.
La Banca ha agito pertanto in giudizio al fine di ottenere la restituzione di tutte le retribuzioni percepite dalla dipendente nell'arco temporale compreso tra la data di avvio del procedimento disciplinare (risalente al 10 maggio 2012) e la data del licenziamento (5 dicembre 2018).
La Corte d'Appello di Roma ha accolto le domande della Banca sulla base di un dupli...
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