martedì 04/02/2025 • 16:44
La Corte Costituzionale, con sentenza 4 febbraio 2025 n. 7, ha dichiarato parzialmente incostituzionale l'art. 2641 c.c. che prevede l'obbligo di disporre la confisca di tutti i beni utilizzati per commettere un reato societario in quanto viola il principio di proporzionalità.
redazione Memento
Con la sentenza n. 7 del 4 febbraio 2025, la Corte Costituzionale ha stabilito che l'obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, può condurre a sanzioni sproporzionate, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione. Con la sentenza è stato, quindi, dichiarato parzialmente incostituzionale l'art. 2641 c. 1 e 2 c.c. che prevede questo obbligo.
La questione è stata sottoposta dalla Corte di Cassazione nell'ambito di un processo relativo alla crisi di una banca. In primo grado, il Tribunale di Vicenza aveva disposto, a carico di quattro imputati, la confisca di 963 milioni di euro, importo ritenuto corrispondente alle somme utilizzate per la commissione dei reati di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza della Banca d'Italia e della Banca Centrale Europea, dei quali gli imputati erano stati ritenuti responsabili. In particolare, il Tribunale aveva calcolato l'importo da confiscare sommando tutti i finanziamenti concessi a terzi dalla Banca popolare affinché acquistassero azioni della stessa Banca, senza poi dichiarare tali finanziamenti secondo le modalità previste dalla legge.
In secondo grado, la Corte d'appello di Venezia aveva confermato in parte la responsabilità penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, giudicandola in contrasto con il principio di proporzionalità delle pene.
Il Procuratore generale aveva quindi proposto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d'appello avesse erroneamente disapplicato l'art. 2641 c.c., che impone al giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere, tra gli altri, i reati di aggiotaggio e di ostacolo alle funzioni di vigilanza, o comunque beni o somme di valore equivalente. La Cassazione, condividendo i dubbi della Corte d'appello circa la possibile sproporzione di una confisca di quasi un miliardo di euro a carico di quattro persone fisiche, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sull'art. 2641 c.c.
La Corte costituzionale, con la sentenza in commento, ha, in primo luogo, osservato che la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato è una pena di carattere patrimoniale, che deve, quindi, rispettare il principio di proporzionalità. Questo principio vieta che le pene patrimoniali risultino sproporzionate rispetto alle condizioni economiche dell'interessato, e alla sua capacità di far fronte al pagamento richiesto. L'art. 2641 c.c. impone in ogni caso di confiscare agli autori del reato l'intero importo corrispondente ai beni utilizzati per commettere un reato, anche quando i beni appartenevano a una società, e può portare a sanzioni sproporzionate, perché non consente al giudice di adeguare l'importo alle reali capacità economiche e patrimoniali delle persone. La norma è stata così, quindi, dichiarata parzialmente incostituzionale: spetterà al legislatore valutare se introdurre una nuova disciplina della confisca dei beni strumentali.
Resta, invece, in vigore l'obbligo di confiscare integralmente i profitti ricavati dal reato, in forma diretta e per equivalente, a carico di qualunque persona risulti effettivamente avere conseguito le utilità derivanti dal reato. Resta ferma, inoltre, la facoltà per il giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere il reato prevista in via generale dell'art. 240 c.p. nel rispetto del principio di proporzionalità.
Fonte: C.Cost. 4 febbraio 2025 n. 7
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