sabato 21/12/2024 • 06:00
Il lavoratore che presta la propria attività nella giornata di domenica ha diritto, anche nell'ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, ad essere compensato per la sua particolare penosità, ove non previsto dalla contrattazione collettiva. A stabilirlo è la Cassazione con sentenza 10 dicembre 2024 n. 31711.
Un lavoratore, assunto a tempo indeterminato e a tempo pieno, con le mansioni di operaio pulitore in relazione alle quali era stato inquadrato nel III livello del CCNL Servizi di Pulizia e Servizi Integrati Multiservizi (il “CCNL”), nel 2019 veniva assegnato all'aeroporto di Milano-Linate. Qui era tenuto ad effettuare turni notturni (dalle ore 21:00 alle ore 06:00 e dalle ore 22:00 alle ore 07:00, con un'ora di pausa pranzo), per cinque giorni a settimana, con scorrimento del giorno di riposo.
Il lavoratore aveva deciso di rivolgersi all'autorità giudiziaria affinché venisse accertato il suo diritto ad un quid pluris (non necessariamente di natura economica) per il lavoro svolto di domenica (considerato giorno feriale, con riposo in altro giorno della settimana). Ciò per indennizzarlo dei sacrifici incidenti sulla serie di interessi umani e familiari compromessi dal lavoro domenicale (ovvero “durante la giornata (…) tradizionalmente e diffusamente destinata alla realizzazione di interessi personali, quali quelli familiari, spirituali e sociali”).
La Corte d'appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato in via equitativa la società datrice di lavoro a corrispondere al lavoratore una maggiorazione del 30% della retribuzione oraria globale come risultante in busta paga per ogni ora lavorata nelle giornate di domenica a decorrere dalla data di assunzione e fino alla cessazione del rapporto di lavoro.
La Corte aveva, altresì, accertato il diritto del lavoratore a percepire le:
- incidenze dell'indennità da lavoro notturno su ferie, festività, malattia, tredicesima e quattordicesima mensilità e TFR per il periodo da novembre 2013 a gennaio 2015, con conseguentemente condanna del datore di lavoro all'importo complessivo di € 7.689,39 a tale titolo;
- differenze retributive dovute a titolo di incidenze sulle mensilità supplementari e sul TFR delle somme erogate a titolo di lavoro reso di domenica come sopra liquidate, lavoro festivo, indennità per lavoro notturno, ex festività e festività cadenti di domenica come risultanti dalle buste paga con conseguente condanna del datore di lavoro al pagamento delle relative differenze retributive.
Avverso la sentenza d'appello la società datrice di lavoro proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a quattro motivi, a cui resisteva con controricorso il lavoratore.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ricorda che il lavoro prestato nella giornata di domenica, anche nell'ipotesi di differimento del riposo settimanale in un giorno diverso, deve essere in ogni caso compensato con un quid pluris. Quid pluris che, ove non previsto dalla contrattazione collettiva, può:
1. essere determinato dal giudice;
2. consistere anche in benefici non necessariamente economici. Resta salva l'applicabilità della disciplina contrattuale collettiva se più favorevole (cfr. Cass. n. 21626/2013; Cass. n. 24682/2013; Cass. n. 12318/2011 e Cass. n. 2610/2008).
Inoltre, non è ravvisabile una violazione del principio di riparto dell'onere probatorio in ordine alla sussistenza del disagio del lavoro notturno dominicale. Dagli atti offerti in comunicazione semplicemente non risulta un'intensità del disagio tale da giustificare il riconoscimento dell'indennità in una misura maggiore rispetto alla misura liquidata. Tant'è che la sentenza impugnata non ha affermato che si tratta di un danno in re ipsa, ma “ha ritenuto provato il danno sulla base della presunzione della maggiore penosità del lavoro domenicale, per massima d'esperienza sociale”.
Peraltro, l'accertamento in fatto che le maggiorazioni per lavoro notturno, domenicale, festivo, ex festività, festività cadenti la domenica venivano corrisposte in modo ricorrente e reiterato nel corso del rapporto ha determinato la loro computabilità sia ai fini del TFR che delle mensilità supplementari. Per quanto riguarda il primo aspetto la norma di riferimento è l'art. 55 del CCNL e per le mensilità supplementari gli artt. 18, 20 e 21 del medesimo CCNL.
La Corte di Cassazione conclude, pertanto, per il rigetto del ricorso presentato dalla società, con la sua condanna alle spese di lite.
Fonte: Cass. 10 dicembre 2024 n. 31711
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